martedì 18 gennaio 2011

Su Il fiume di Alessio Brandolini

LietoColle 2010


recensione di Caterina Camporesi 

«Non è vero che la poesia sia fatta di nulla: la poesia è fatta di storia, di storia che è vita morale, ed è sempre contemporanea» (Stephen Spender)
Alessio Brandolini ha confermato negli anni una dedizione sacerdotale alla scrittura in generale e alla poesia in particolare. Nel tempo poi all'attività di scrittore e poeta ha affiancato quella di traduttore, in particolare per quel che riguarda la letteratura contemporanea dell'America Latina. È anche l'ideatore e coordinatore di Fili d'aquilone, rivista web di “immagini, idee e Poesia” nonché l'organizzatore di letture e incontri letterari, soprattutto con I Libri In Testa.
Il fiume nel mare è la sua sesta raccolta poetica nella quale con empatica pietas coinvolge il lettore a partecipare al dramma di coloro che, lasciando la miseria delle loro terre, affrontano le peripezie di un lungo e pericoloso viaggio nelle acque di mari, sempre comunque insidiosi, nella speranza di approdare su sponde materne accoglienti per ri-iniziare una vita più umana.
Lo sguardo, soffermandosi sulla realtà sociale contemporanea, coglie le drammatiche vicissitudini di quella parte di umanità diseredata, sofferente e avvilita che è costretta a vivere ai margini di un benesessere, quanto meno, non ben distribuito.
Il lettore, almeno sul piano emotivo, è sollecitato a partecipare alla sua sofferenza.
Visioni reali e ideali si alimentano a vicenda e attraverso la parola poetica catturando squarci del “sentimento del tempo” che è sotto gli occhi di tutti.
È una poesia che riesce ad inquietare le coscienze, nonostante l'avanzare dell'individualismo più sfrenato ed apatico, conseguente al collasso sempre più accentuato dei legami tra gli esseri umani.
La ricerca stilistica mescola sapientemente reale e surreale e accosta frammenti di carattere intimo e autobiografico.
L'andamento è per lo più narrativo, fluido, carezzevole e musicale nella concatenazione dei versi, che lo fa sembrare un poema. Si caratterizza per il rigore nel controllo del linguaggio intrecciato in un tessuto dalla struttura variegata e coerente.
La natura nei suoi principali elementi – acqua, aria e fuoco – con i quali l'uomo, consapevolmente o meno, è costretto comunque a mettersi in relazione, occupa un posto di primo piano.
A conferma basti ricordare alcuni titoli delle raccolte poetiche del Nostro: Poesie della terra, Mappe colombiane, Tevere in fiamme, sino a Il fiume nel mare, alle quali si deve aggiungere la collaborazione all'antologia Poesia e Natura - Nuova coscienza ecologica (Le Lettere, 2007).
Il critico letterario Antonio Spadaro suggerisce, in accordo con Margherita Guidacci, una visione biologica e botanica della poesia la quale, attraverso processi di osmosi con gli elementi organici del mondo, può assorbirne succhi più o meno nutritivi e colori più o meno oscuri.
La rielaborazione che ne consegue mette in moto il processo creativo, producendo immagini, pensieri, visioni e parole.
Il poeta quindi inspira il mondo e lo espira come opera poetica. È ciò che è avvenuto in Paul Celan nella raccolta Atemwende, Svolta del respiro.
La poesia di Brandolini nasce soprattutto dalla gamma di esperienze umane, dal suo esserci e dal suo modo di abitare il mondo, vale a dire, nel suo compromettersi, nel lasciarsi attraversare dagli eventi che incontra nel suo cammino e quindi rielaborarli attraverso la parola e il suono.
Al fine di smentire un destino segnato viene messa in campo la speranza che non lascia svaporare la volontà e l'impegno affinché il possibile si realizzi tra i morti che affossano il mare, vale a dire, che ciò che è stato separato possa riunirsi, come quel braccio di marmo (...) che cerca il resto del corpo.
Il mare nella sua immensa placenta è chiamato a ricomporre le componenti sparpagliate perché diano luogo a nuove nascite.
L'intera raccolta è solcata da squarci di vita personale e famigliare, nonché da frammenti di vita amorosa sofferta, qualche volta trattenuta: sto nei baci che voglio darti. Spesso l'incapacità di dire porta il poeta a chiudersi nel silenzio: l'orgoglio prendeva al guinzaglio / e ogni volta sfigurava l'amore. / Ce lo tiravamo dietro per giorni / quel lupo senza faccia, né sguardo.
Poi nella solitudine irrisolta può anche succedere di stringersi al deserto, o al soffocante calore della menzogna.

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