martedì 5 giugno 2007

Su Mappe Colombiane di Alessio Brandolini


Edizioni LietoColle, Falloppio (Co), Marzo 2007, euro 13,00

recensione di Caterina Camporesi

Da sempre il viaggio è sinonimo di esperienza dai molti significati, che, entrando a fare parte del mondo interiore di chi lo compie, contribuisce ad arricchire il serbatoio dei ricordi e a favorire possibili trasformazioni lungo l’asse della propria crescita psicologica, conoscitiva e umana.
I luoghi visitati, come suggerisce un altro poeta viaggiatore, Alessandro Ramberti, s’inscrivono in maniera indelebile nella psiche, sino a farne una topografia interiore.
Non meraviglia quindi che la Colombia, terra visitata da Alessio Brandolini in occasione del Festival internazionale di poesia di Medellín nel 2004, si sia incisa nel suo cuore e nella sua mente, scavandosi in modo ostinato una mappa segreta dei territori conservati.
Attraverso la rielaborazione e la complicità dell’immaginazione creatrice, l’impatto visivo, sensuale e spirituale, è confluito nella scrittura di questo volume, i cui testi si distinguono per fluidità ed eleganza del verso.
Il viaggio, amalgamando sogno e realtà, è diventato così scrittura poetica e il paesaggio reale e trasfigurato, di questa splendida terra del continente latinoamericano cattura lo sguardo del lettore con «l’arazzo delle stelle / che snuda la schiena / impervia delle Ande,» le savane, le piante, i fiori, i villaggi lontani, le città, le grandi case coloniali, con il ricordo delle “vicende orrende della conquista” associate alla ricerca dell’oro.
Il lettore partecipa anche al respiro degli alberi giganti con le loro radici ben piantate nel terreno, accarezzati dal “soffio regolare dell’altipiano”, simpatizza con i volti degli indios, le mani, le bocche degli altri suoi abitanti, che, entrando per sempre nelle “tasche del cuore” del poeta, lo fanno diventare uno di loro.
Ne consegue che personaggi e paesaggi di Mappe colombiane entrano anche nei nostri cuori e i poeti Rendón, Fernando e il figlio Lucho, Czury, Rivero, Robledo, Gabriel Franco, il messicano José Emilio Pacheco, per ricordarne solo alcuni, con i loro suggestivi nomi, ghermiscono la nostra attenzione e la nostra simpatia, unendoci, nel nostro essere soli, “al respiro di tanta gente”.
Interessante la prefazione di Armando Romero al quale è dedicata una poesia che è un omaggio al suo La radice delle bestie (Sinopia, 2004), libro di racconti di tale iperrealismo verbale, da legittimare il poeta romano Alessio Brandolini a chiedere allo scrittore colombiano di tornare a Roma a riprendersi le sue bestie, perché lui desidera tenere per ricordo solo “il fulgido cavallo bianco”.


(giugno 2007)

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