mercoledì 19 luglio 2023

Mastromauro e Marchi vincono il Faraexcelsior 2023, complimenti!

La giuria del Faraexcelsior 2023Doris Bellomusto, Elisabetta Bagli, Fabrizio Azzali, Fabrizio Boscaglia, Filippo Tonti, Lorenzo Gafforini, Raffaela Fazio e Valeria Raimondi – giuria che ringrazio di cuore per l’appassionato e perspicuo lavoro di valutazione, ha convenuto sulla seguente classifica (per la sez. Narrativa v. qui):


I classificata la silloge

Separati da raggi dispersi 

di Marco Mastromauro (Novara)



Marco Mastromauro vive a Novara, ha lavorato a Vercelli. Laureato in Giurisprudenza, ha pubblicato, nei primi anni di “sforzi poetici”, alcuni testi su una rivista di Milano, «Alla Bottega» e, dal 1995 al 1999, ha collaborato al trimestrale «Contro Corrente» (sempre edita a Milano). È autore delle raccolte: Anime confinate (Milano Libri 1992), Cuba (Ibiskos Editore 1995), Memorie da un pianeta (Contro Corrente 1997), Eros, Trinidad e altre poesie (Oppure editore 2000), Fraintendimenti (Prospero editore 2017), Cronache sparse (Fara 2018). Brevi sillogi sono presenti in alcune antologie. 


Mediante una scelta lessicale raffinata e fortemente connotata in senso lirico unita ad  una struttura sintattica accurata, l’autore sa conferire respiro classico alle alterne vicende del vivere quotidiano, che sono poeticamente trasfigurate. Il lettore si immerge così in un’atmosfera pensosa e dolente in cui, in una cadenza dai tratti talvolta montaliani (ma riassunti in chiave del tutto personale), prendono vita i temi salienti di questa silloge: la problematica ambivalenza dei rapporti familiari, il paesaggio e  le immagini enigmatiche del mondo, il tempo lento che tutto muta, Il dolore del vivere, la tenace malinconia dei ricordi. (Fabrizio Azzali)


La silloge intitolata Separati da raggi dispersi presenta componimenti dai quali emergono immagini nitide, vieppiù misurate ma vivide, talvolta evocative, fotografiche ma non statiche, in genere ben incastonate fra lo scorrere delle parole. Dai versi prende forma un ritratto garbato del quotidiano e del suo passaggio-paesaggio, con le sue sensazioni e percezioni, le quali talvolta sembrano annunciare una dimensione più sottile, che lascia a tratti intuire ciò che attiene al cuore, senza tuttavia sconfinare in un eccesso immaginativo od onirico. (Fabrizio Boscaglia)


“Qui / nel regno del ricordo / del perdono”. Questi i versi che chiudono l’intera raccolta restituendone interamente il senso: ci troviamo di fronte ad un prezioso regno di memorie abitate da persone (alcune mirabili dediche a figure note ed amate), luoghi reali ed accadimenti. Un mondo che piccolo non è, anzi si espande e si dilata: talvolta un particolare è punto di partenza, occasione per indicare qualcosa di più grande o profondo, qualcosa che resta anche un po’ segreto. Il passato guardato in questo modo rende il tempo presente, quello dell’osservazione, quasi rarefatto. Forse per questo è consentito il perdono, inteso come accoglienza di ciò che alla memoria, e quindi alla vita, di volta in volta si presenta. (Valeria Raimondi)

 


II classificata la silloge


L’ariòut (La rivincita) 

di Marco Marchi (Longiano, FC)


Marco Marchi nato a Longiano il 10 giugno 1944. Ha scritto 5 romanzi: Quelli dell’Eldorado (Longo 1986), Il gelato è una cosa seria (Diabasis 2004), Quelli dell’Eldorado  (Perdisa 2007), Terra e Destino (Perdisa 2008, premio Pescara), Sulle orme di Rocky marciano (Ed. Europa 2017, premio Milano international), Gianni Di Bologna  (Persiani editore 2019). Due raccolte di poesie: Os-cia! (Ponte vecchio 2020) e A i sarèm sempra (ci saremo sempre) (Fara 2023, Primo classificato al concorso Narrapoetando).


Una malinconia sincera, grezza, dotata di slanci sintetizzate in massime fulminee. Il dialetto rivive attraverso la parola degli umili e restituisce un quadro tanto desolato quanto ironico, provvisto, però, di una sua insita sicurezza. Il componimento a volte trova una sua conclusione naturale, altre rimane sospeso come a prospettare la soluzione della poesia successiva. In questo senso, una certa omogeneità e coerenza rendono L’ariòut (La rivincita) una silloge completa e matura. Un insieme di divertissements capaci, però, di indurre alla riflessione, all’impalpabile nostalgia per il ricordo. Un onesto atto d’amore e un riavvicinamento verso la propria terra e di quello che fu, senza rinunciare tuttavia a una buona dose di innovazione. (Lorenzo Gafforini)


La raccolta in dialetto romagnolo condensa, in sagace alternanza di versi essenziali di fresca vena popolare (non di rado ordinati secondo l’efficace  struttura dell’epigramma), situazioni di tutti i giorni, ricordi, rimpianti di un tempo remoto, salaci ritratti di personaggi e situazioni, umili affetti nel contesto di una civiltà che ha la dimensione e il respiro del villaggio. Nel contempo, però, questi bozzetti si aprono ad una dimensione esistenziale universale e divengono il riflesso dell’ intera umanità alle prese con le tematiche più assillanti: il fare i conti con la memoria, la vita e il suo significato, la prospettiva della morte, l’accettazione della propria inadeguatezza. Su tutto quel piccolo mondo sovrana regna l’ironia sottile e agrodolce di chi tanto ha vissuto e ha compreso “il gioco”. (Fabrizio Azzali)


Si compone di poesie brevi in dialetto romagnolo e in italiano. Il linguaggio asciutto, che spesso privilegia il discorso diretto, arriva al lettore nella sua irresistibile freschezza e immediatezza. L’ironia, nota principale della raccolta, permette all’amarezza che non di rado trapela di mantenere la sua levità. E il dettaglio quotidiano, il ritratto di una persona, il tratteggio di una scena o il ricordo del passato si accendono come graffianti intuizioni, cariche di quel tipo di saggezza che solo l’esperienza del vissuto offre, senza fare sconti. (Raffaela Fazio)


Opere votate/segnalate


“Parol/ Parole” di Rosanna Gamabarara (Roma) 


Rosanna Gambarara è nata a Urbino.  A Urbino ha studiato, si è laureata in lettere classiche ed ha insegnato qualche anno, prima di trasferirsi a Roma, dove attualmente vive e dove ha continuato ad insegnare. Ha pubblicato  Hysteron proteron, Pagine 2016; Dedlà, Bertoni 2019. Ha vinto premi o è  stata segnalata o classificata tra i finalisti in concorsi di poesia in lingua e in dialetto (premio Rodolfo Mazzola, Premio Renzo De Scrilli, Premio nazionale Ischitella, Premio Zirè d’oro, Premio Poesia Onesta, Premio Versante Ripido, Premio Arcipelago Itaca, Premio Gozzano, Premio Giorgi, Premio Di Liegro ).

Sue poesie compaiono su cataloghi d’arte, riviste cartacee e online (Poetarum Silva, Versante  Ripido, Carte Sensibili). È presente su «Navigare» n. 9, Pagine 2016; nell’antologia  Poeti neodialettali marchigiani, Versante 2018; in Marche, omaggio in versi, Bertoni 2018; ne  Il soffio delle parole, Versante 2018; in Novanta9, IAED 2018 e 2019; L’Immaginario, poesia e arti visive, Associazione culturale “L’incontro degli artisti”, 2018, 2019, 2020.


È una variegata e vivace galleria di “vedute” del cuore, di sapienti scorci su personaggi e accadimenti del quotidiano, in cui l’autrice concilia immediatezza e riflessione, tra rapide pennellate descrittive e più intimistiche sfumature, rivelatrici di un pensiero sempre attento − ironico e malinconico al contempo. La cura formale è percepibile in particolare nei testi in dialetto urbinate, soprattutto per la fluidità del ritmo scandito da rime e allitterazioni, ma traspare anche, ben trasposta, nella versione in italiano. L’effetto complessivo è quella piacevolezza prodotta da una scrittura matura e convincente, che sa scegliere i suoi tempi, gli sfondi e i dettagli, e i suoi punti di fuga. (Raffaela Fazio)


Nutrita raccolta poetica costituita da due corpi: una versione dialettale ancorata alla rima e una fedele traduzione in lingua italiana nella quale, pur rompendosi il ritmo, viene mantenuta la libertà del canto grazie ad alcune ripetizioni e al respiro delle pause. I contenuti si mescolano: in alcuni casi riprendono i temi classici della poesia dialettale (vedi la descrizione di persone incontrate nella quotidianità) ma in altri, più modernamente, ci troviamo di fronte a una lingua propriamente letteraria che rompe gli schemi tradizionali. (Valeria Raimdondi)



L’in/cubo di Rubik di Vincenzo Lauria (Firenze) 


Vincenzo Lauria, inizia nel 2001 la condivisione del suo percorso in Stanzevolute, gruppo di 11 poeti selezionati da Domenico De Martino. Dal 2010 collabora con Liliana Ugolini ai progetti multimediali “Oltre Infinito”. Ha collaborato dal 2012 al 2019 con l’associazione Multimedia91 - Archivio Voci dei Poeti. La sua prima raccolta edita Teatr/azioni (Puntoacapo) è stata finalista al Premio I Murazzi (8^ edizione) e al Premio Lorenzo Montano (34^ edizione). Nel 2021 ha pubblicato con Liliana Ugolini la raccolta Oltre Infinito (La Vita Felice) che ha ricevuto la segnalazione speciale alla 35^ edizione del Premio Lorenzo Montano. Nel 2022 la raccolta inedita "Alberi Improbabili" è stata finalista al premio Faraexcelsior. Suoi testi sono presenti nel periodico on-line "Carte nel Vento" e sul blog Casamatta.


Si apprezza l’originalità dello stile e del contenuto, la vivacità espressiva ottenuta attraverso l’uso sapiente del verso libero e di figure retoriche di suono che rendono i testi estremamente musicali ed efficaci. La silloge è strutturata con giocoso rigore in modo da consentire a chi legge di ricostruire il senso profondo dei versi. Ogni componimento interagisce con gli altri e, come in un gioco di specchi, ogni verso riecheggia e rimbalza, diventa un sasso lanciato sull’acqua, e come cerchi nell’acqua le parole, sapientemente scelte, increspano la superficie dei testi e incantano il cuore del lettore. (Doris Bellomusto)


Uno sperimentalismo letterario contraddistinto dal sapiente uso della parola e dalla volontà di tracciare un disegno artistico compiuto. I versi si susseguono con un ritmo spasmodico, donando alla silloge un senso di alienazione tipico dei viaggi allucinanti. Un gioco apparentemente innocuo che diviene, però, violento. La partita dell’uomo viene giocata contro la logica e la ragione genera affascinanti giochi prospettici in cui l’animo si perde. Una sintesi dello smarrimento, del senso del dire e del comunicare. (Lorenzo Gafforini)


Per un linguaggio unito, compatto e originale. Le poesie promuovono una narrazione che risulta chiusa in un concetto analitico e da questa limitazione traggono un certo fascino. (Filippo Tonti)


Questi silenziosi colloqui 

di Andrea Parato (Riccione) 


Andrea Parato (Rimini 1979) lavora come funzionario al Comune di Rimini. Appassionato di comunicazione in tutte le sue sfaccettature – dai cultural media studies, alla poesia, alla semiotica, all’arte, alla musica – si è occupato di segreteria di direzione, consulenza direzionale, interventi formativi in ambito comportamentale e manageriale. Inserito in vari volumi fariani, ha pubblicato Imminenti stati di necessità (votata al Faraexcelsior 2018).

Mark Strand diceva che, in fin dei conti, abbiamo così tanto tempo a disposizione e così poco da dire. Non è specificato cosa dobbiamo comunicare, eppure - sono convinto - dipenda dalla sensibilità di ognuno. Soppesare con calma e pazienza ciò che davvero conta per noi e cosa vorremmo lasciare, tramite i frammenti - in questo caso - della nostra arte. In questa raccolta si decide di ammirare l’evolversi delle stagioni e l’essere umano dona voce alle piante. Piante che finalmente riescono a comunicare per il tramite del poeta, tanto empatico da risultare ai limiti dell’identificazione. Un ricongiungimento necessario con la natura connotato da un linguaggio delicato, informato e premuroso. Un diario di un botanico dove le impressioni e i sentimenti trovano la loro comunione in un inno alla vita, alla ricerca della felicità a partire da un germoglio. (Lorenzo Gafforini)


Tutto il resto mi sfugge 

di Camilla Ugolini Mecca (Verona)

 

Camilla Ugolini Mecca nasce a Verona nel 1971, dove si laurea in Lettere Moderne. Mamma di un ragazzo di 13 anni, svolge la professione di Consulente, Editor e Formatrice. Nel 2003 ha pubblicato con Liberty House il saggio Ambigue stanze – Un itinerario nell’opera di Antonio Possenti. Nel 2007 il racconto “Il paradiso è un cul-de-sac” vince il concorso “Pubblica con noi” indetto da Fara Editore. Nel 2021 pubblica il suo primo romanzo, Il destino dell’onda, edito da Il Falò. Nel 2022 ha vinto – ex aequo con Natascia Ancarani - il concorso Faraexcelsior 2022, con il romanzo Tu sorgerai di nuovo.


“Io so che esiste il presente, tutto il resto mi sfugge”, è il verso dal quale è stato estratto il titolo di questa intensa silloge che unisce tutto ciò che di più umano e divino ha la poesia. Lo si evince già dall’enunciato dell’autore nel quale raffronta la poesia con la divinità, che si deve ascoltare e vivere e paragona il poeta al suo oratore, a quell’oracolo che si fa interprete e dona responsi in relazione al suo sentire, al suo modo di essere e di stare in questo mondo. Esiste il presente perché è l’unica cosa che possiamo in un certo qual modo governare, ma è proprio da quel punto che poi possiamo cambiare gli eventi futuri immaginandone l’evoluzione senza calcolarne le variabili che possono inevitabilmente far cambiare la direzione del percorso. In questa silloge, il poeta ci indica come passa il tempo, come la natura e l’uomo si trasformino e, quest’ultimo, riesca addirittura a diventare altro per accondiscendere la sua amata divinità; la divinità-poesia è quel Corpo celeste che a volte diventa materiale e a volte si vede contenuto e delimitato dalle caverne umane. Ma la poesia deve viaggiare per poter vivere e l’autore, nei suoi versi, evidenzia proprio la sua capacità di viaggiare in ogni cosa, tramutandosi, attraversando i corpi degli animali, degli alberi, delle cose, dell’uomo poeta che le dà la voce: rinnovandosi. L’oracolo sogna, perché la poesia è anche la necessità di viversi nella realtà e nel sogno per diventare amanti come direbbe Lorca. Ed ecco ancora una volta che la poesia si personifica nel sogno e le immagini diventano spesso più tattili: “Ti immagino vicino a me”… “Solo sguardi e dita”, ma quegli sguardi sono tremendamente voluttuosi se vengono accompagnati dal movimento delle dita che come su una tastiera di un pianoforte suonano armonicamente uno spartito a quattro mani. I sogni costituiscono la liberazione della mente dalle cose terrene, “Quell’augurio che tutto si realizzi”. Sognare dà una spinta all’uomo per seguire per la sua strada tentando di dare il massimo di sé stesso sempre al fine della sua realizzazione. In questo percorso è accompagnato dal Divino che ci ama così tanto da far “straripare” il suo Amore e da incunearlo in ogni dove, in ogni essere vivente. A tal proposito ricordo una frase di Cesare Pavese: “La poesia non è un senso ma uno stato, non un capire ma un essere”.

La silloge “Tutto il resto mi sfugge” è raffinata, elegante, ma allo stesso tempo semplice ed originale. Un vero inno alla poesia, a chi la scrive e a chi ne fruisce come lettore. (Elisabetta Bagli)



Gli occhi dell’antica notte 

di Roberto Bettinelli (Crema, CR)


Roberto Bettinelli nasce a Roma l’1 maggio 1974. Vive e lavora a Crema, in provincia di Cremona. Insegna lettere e storia. Ha conseguito la laurea Dams all’Università di Bologna specializzandosi in Critica d’arte. Si è laureato in Scienze della Comunicazione alla Facoltà di Scienze Politiche di Milano concludendo il percorso triennale e magistrale. Ha conseguito le lauree specialistiche in Lettere Moderne, Filosofia e Storia. Giornalista professionista, opera nell’ambito della comunicazione istituzionale. Scrive saggi, racconti e poesie.


Per l’evocazione netta di immagini chiare e ferme. Per la cognizione ritmica salda e melodica. Per versi che hanno un respiro molto ampio e che pongono il lettore di fronte a un accenno poetico ottimo: ’Vorranno il giorno e la notte / Trascinare l’alba negli occhi’; ’Prigioniera nel covo di lucciole / Sorvegli la perfidia delle stelle’. (Filippo Tonti)


La silloge “Gli occhi dell’antica notte” raccoglie immagini, simboli, metafore e allegorie volte alla ricerca della sapienza sedimentata nel corso del tempo nell’animo umano. Gli occhi ricevono la luce ed esserne privi condanna l’uomo a un mondo di tenebre ma anche a dover sviluppare gli altri sensi per poter continuare a vivere. Riconoscere alla notte (non una notte qualunque, ma quella antica, quella in cui è avvenuto il fatto che ha segnato un prima e un dopo- La notte crocifissa) di possedere degli occhi è riconoscerle quella capacità di leggere introspettivamente l’animo umano, di comprendere quel che circonda l’uomo e di poter desiderare di anelare agli occhi onniscienti dell’essere divino. Lo sguardo di questi occhi definisce vari momenti, prima che il gallo canti o prima del grande freddo o anche quando arriverà l’ora della fine. Ma questo sguardo si poserà ovunque, come un manto, nel respiro che si fa lento quando la “solitudine diventa l’esilio perenne”, nella “casa di vetro”, nel mattino che “divora il fiato del salice”, “nel grido dell’inverno”. Questa è una silloge nella quale l’autore ha rivelato di saper usare il dono della parola e rendere le poesie molto fluide nella lettura, in modo che il lettore possa veramente entrare a far parte del mondo in cui i volti si confondono e l’umano e il divino diventano tutt’uno nel perdono. (Elisabetta Bagli)


Rivolta 

di Angelo Terranova (Pietravariano, CE)


Angelo Terranova è nato a Napoli nel 1974 e vive a Pietravairano (CE). Dopo la maturità scientifica ha iniziato a coltivare la propria passione per la scrittura a partire dal 1996, in seguito alle suggestioni provocate dalla lettura di Ungaretti. Negli anni a seguire i suoi interessi letterari si sono focalizzati su Montale, Quasimodo, Pavese e altri poeti contemporanei. Nel 2007 ha pubblicato il suo primo libro, Redshift (Edizioni Guerra, Perugia). Nel 2015 si è classificato 1° nella sezione poesia della IX edizione del Premio Letterario “Città di Castello” con Cinque per cento, pubblicato poi da LuoghInteriori nel 2016. Nel 2019 è uscita la sua terza raccolta, Il lato contrario, sempre per LuoghInteriori. Nel 2022 è uscito il suo quarto libro, Le cose di prima, ancora per LuoghInteriori.

 

Si apprezza la misura dei componimenti e l’attenzione alla musicalità dei versi e alle immagini che restituiscono nitidamente l’inquietudine e la vitalità di un’anima che non rinuncia al sogno, nonostante la lucida visione di una realtà fatta di argini, margini e confini. Il titolo risulta efficace e suggestivo e suggerisce un gioco di immedesimazione che commuove e smuove il cuore di chi legge. (Doris Bellomusto)



Carmi d’arte 

di Giovanni Ghisleri (Brescia)


Giovanni Ghisleri, nato nel 2005, vive a Brescia, dove frequenta il quarto anno del Liceo Classico Arnaldo. È appassionato di letteratura classica e poesia.


Dalla silloge denominata Carmi d’Arte emerge un’intensa ricerca poetica, linguistica, formale e tematica, che si àncora in modo deciso alla tradizione letteraria nostrana e classicheggiante, rifuggendo le mode del momento, nell’ambizione di confrontarsi con imponenti figure e opere dell’arte e del mito, alle quali buona parte dei versi sono dedicati. Ne risulta un florilegio di venerazione, un dignitoso omaggio alla cultura (soprattutto) classica e rinascimentale, un tentativo non meramente stucchevole di far risuonare – nei propri versi – la bellezza, il mistero e il riscatto dell’arte, una meditazione verbale e poetica sull’arte stessa, sulla morte e sulla vita. (Fabrizio Boscaglia)



Frammenti d’ombra 

di Maddalena Sterpetti (San Martino al Cimino, VT)


Maddalena Sterpetti ha conseguito nel 2015 una Laurea Magistrale in Filologia Moderna all’Università della Tuscia di Viterbo con una specializzazione in Lirica Medievale Romanza; nel 2016 il diploma del corso annuale di Archivistica presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica. Nel febbraio del 2021 ha pubblicato con Sette Città una plaquette di sette racconti brevi e diciotto poesie, La Rosa Crepante. Dal 2021 collabora con la rivista di letteratura e cultura trimestrale Xenia. Nel maggio 2023 viene pubblicata la sua silloge poetica Dal silenzio vincitrice del III premio internazionale di Letteratura, poesia e saggistica della casa editrice Kanaga.


La silloge “Frammenti d’ombra” mi ha portato subito alla mente il libro “La linea d’ombra” di Joseph Conrad, per il modo in cui sono descritti determinati passaggi di vita, per quella “navigazione” che noi tutti sperimentiamo nel nostro percorso su questa terra: la gioventù e la voglia di vivere, ignara dell’oscurità che si presenterà nell’età adulta. La silloge è permeata di buio, di oscurità, di grande introspezione che deriva dall’osservazione dell’io inserito in un mondo che deve essere ascoltato, analizzato per esaltarne la sua luce. “Nel fondo dell’anima osservo/scruto come i passi di avi/stanno e vanno/tra l’umanità” e forte è la consapevolezza che noi siamo perché altri sono stati prima di noi ed è così da sempre. C’è l’incertezza e la necessità di certezze, di conoscere quale sarà il nostro ultimo orizzonte, c’è la vita in due che può interpretarsi come la vita con la poesia, con il divino, con il proprio essere amato, con il nostro spirito… ci sono le paure lacerate, le ferite, le ore dissonanti… c’è l’uomo in tutta la sua tragica fragilità, in tutta la sua potenza, con il suo desiderio di libertà e quello di sognare, quel sogno che “la luce dilegua”, perché dopo le ombre, il buio, la notte, la luce irrompe e dissolve quell’intimità che nell’oscurità è poesia. Una poesia triste, cupa, straziante, ma che è anche pace e silenzio sospeso nel tempo. La silloge “Frammenti d’ombra” è elegante nel linguaggio e molto ben strutturata. È un flusso di parole che scorrono come scorre la vita fino all’età matura, sino al momento in cui arriva la consapevolezza e, quindi, l’accettazione dell’imminente fine terrena che apre le porte all’eternità. (Elisabetta Bagli)


Diario di una falena 

di Violante Naccarato (Lonato del Garda, BS)


Violante Naccarato, nata a Padova l’8 aprile 2004, è una studentessa all’ultimo anno delle scuole superiori a programma A levels. In ambito letterario non ha mai pubblicato, però ha vinto concorsi di poesia dall’età di 11 anni (premio di Caslino D’Erba 2016 e 17). È risultata una premiata speciale nel Concorso Ossi di Seppia anno 2022.


Per una lirica forte e diretta che si fa spazio rapidamente nei pochi versi delle sue composizioni. Versi come ’baciami rovinando i pensieri’ sono tanto originali quanto estensivi di un’estetica nuova e giovane. E ancora ’guardo il tempo spettinarti’ oppure ’È la notte dei fuochi che / allungano ombre sulla prima nebbia’, lasciano intravedere il qualcosa di più che dona poesia alla poesia. (Filippo Tonti)



Nel mare sterminato 

di Roberto Casati (Vigevano, PV)

 

Roberto Casati è nato nel 1958 a Vigevano (PV) dove attualmente vive. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Amore e disamore (Edizioni Lo Faro Roma - 1984), Roma e Alessandra (Edizioni Tracce Pescara - 1986), Coincidenze massime (Edizioni del Leone Spinea - 1988), Ipotesi di fuga (Edizioni del Leone Spinea - 1992), In navigazione per Capo-Horn (Edizioni del Leone Spinea - 1999), Carte di viaggio (Guido Miano Editore Milano - 2016), Appunti e carte ritrovate (Guido Miano Editore Milano - 2020). Hanno scritto della sua poesia, fra gli altri: A. Coppola, F. Piccinelli, G. Barberi Squarotti, M. Ferrante, A. Cappi, P. Ruffilli, P. Codazzi, N. Di Stefano Busà, R. Carifi, G. Ladolfi, G. Mazzocato, G. Miano, E. Concardi, N. Pardini, E. Dalla Libera, R. Piazza.


“Nel mare sterminato” troviamo tanti sentimenti, emozioni, vita e voglia di vivere, di fare, di ricordare, di essere ricordati esattamente come il mare ci ricorda sempre chi siamo e da dove veniamo. Navigammo nell’utero materno per poi navigare nel mondo. Tutto può ricondursi al mare, gli abbracci mancati, gli sguardi oltre l’orizzonte, la brezza marina che spettina i silenzi e le vite, le distanze che rendono fragili i cuori per la paura dell’oblio. Il mare infinito, il simbolo della nascita e della rinascita, della purificazione e dell’inconscio che si rivela. La silloge “Nel mare sterminato” è ricca di spunti di riflessione sul mondo in cui viviamo, sulla vulnerabilità umana, sulla necessità di arrivare ai confini di quel mare sterminato che conserva segreti in attesa “dell’eco come presunta risposta”. Versi intensi da leggere e da vivere. (Elisabetta Bagli)

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