Foto in copertina di Luca Pizzolitto
"Remare verso l'essenziale di ciò che sembra inesprimibile"
"Come accade in mare quando
ci si chiama da barche diverse,
di notte, con lanterne nell'acqua buia,
con volti e corpi nel buio.
ci si chiama da barche diverse,
di notte, con lanterne nell'acqua buia,
con volti e corpi nel buio.
Chi risponde deve tener conto
dell'aria e del fragore, del freddo,
del tremore dell'onda, del tremore
del fiato: per capire il richiamo,
per remare verso l'essenziale
di ciò che sembra inesprimibile."
(Antonella Anedda, dall'introduzione)
dell'aria e del fragore, del freddo,
del tremore dell'onda, del tremore
del fiato: per capire il richiamo,
per remare verso l'essenziale
di ciò che sembra inesprimibile."
(Antonella Anedda, dall'introduzione)
(da Fëdor Tjutcev, frammento)
(...)
Chi legge, da solo, ha traversato un solco
prima di noi, veloce, ha raggiunto il gelo dell'attesa.
Per questo ecco una sedia vuota, ecco il cibo sul tavolo
e il bicchiere. Non diversamente dai morti si prepara
lo spazio per gli assenti.
Siedi: il tuo corpo come il mio
radente alla finestra, corpo notturno
per il vento notturno sulla nuca, per i neri abeti
per l'intera casa e il bosco
per ogni spazio che tu percorra come me stanotte.
*
(da Osip Mandel'stam)
Non parlava con me il mio paese.
Chi legge, da solo, ha traversato un solco
prima di noi, veloce, ha raggiunto il gelo dell'attesa.
Per questo ecco una sedia vuota, ecco il cibo sul tavolo
e il bicchiere. Non diversamente dai morti si prepara
lo spazio per gli assenti.
Siedi: il tuo corpo come il mio
radente alla finestra, corpo notturno
per il vento notturno sulla nuca, per i neri abeti
per l'intera casa e il bosco
per ogni spazio che tu percorra come me stanotte.
*
(da Osip Mandel'stam)
Non parlava con me il mio paese.
Ora vuole un canto
lunghissimo, di gola - che si accordi
con fessure di terra e tremi nelle cose.
Non parlava con me il mio paese. Ora di colpo
mi ha infiammato come un fuoco, semplice di bosco,
toccando appena il fuscello della lingua, lasciando che il palato
ardesse a cupola nel corpo.
Mi ha dato tempo e notte.
La voce si è levata prodigiosa
dimessa, nel secolo che cresce sul millennio
né lupo, né scoiattolo, non una bestia in fuga
ma pelle che si somma nel buio ad altre pelli
arata-notte nel tramestio di foglie
voce che scava fino al nome
e dice: anch'io nata a dicembre,
il ventidue, sulla punta dell'anno che si spegne
*
(da Marina Cvetaeva, frammento)
*
(da Marina Cvetaeva, frammento)
(...)
Per andare via da ciò che è folto, dai molti oggetti
Per andare via da ciò che è folto, dai molti oggetti
delle cose che incombono sul petto, basta tracciare un solco
più profondo della vita di sempre. Dire: saremo coraggiosi.
Se l'amore davvero è un arco teso stringere più forte
le dita intorno al legno, chinare la testa contro il vuoto.
(...)
(...)
Ci si abbandona in fretta, per colpi replicati
per secchi colpi distratti, ogni volta per sempre
stando così vicini.
Per questo provo a trattare la vita con lentezza:
una salita
la corda il vento che soffia sulla nuca
camminare alla cieca, e a un tratto sulla cima
riconoscersi da come si guarda nella valle
amarsi con sapienza in quello che si dice
sia l'amore più sterile
il più stanco
quello che a malapena ci consente
di abbracciare il buio con cautela.
(...)
(...)
Il pellegrino non viaggia per scoprire,
ma per esistere, viaggia per vedere
il proprio viaggio riflesso nel corpo
e nel pensiero.
Così è accaduto per queste poesie.
Per caso la luce, il suono di un verso
e da lì l'inizio di un cammino,
la memoria di quel verso come la conchiglia
che il pellegrino medioevale teneva cucita
al mantello per dire: vado a Santiago,
e nella curva della madreperla
c'è il perdersi e l'arrivare,
il profilo delle guglie,
il vapore che le inghiotte.
Dal verso-conchiglia, accostando l'orecchio
ho sentito il mare, l'ampiezza dell'acqua,
nel verso-conchiglia, oltre la perla,
poteva forse vivere, crescere ancora qualcosa.
(A. Anedda, dall'introduzione)
da Antonella Anedda, "nomi distanti" (Aragno, 2020)
Antonella Anedda (Anedda-Angioy) è nata nel 1958 a Roma. Vive tra Roma e la Sardegna. Ha collaborato con riviste e giornali quali Il Manifesto, Linea d’ombra, Nuovi Argomenti. Ha pubblicato il libri di versi: Residenze invernali (Crocetti, 1992, premio Sinisgalli); Notti di pace occidentale (Donzelli, 1999); Il catalogo della gioia (Donzelli, 2003), Tre stazioni (LietoColle, 2005); Dal balcone del corpo (Mondadori, 2007, Premio Napoli); Salva con nome (Mondadori, 2012, Premio Viareggio). In prosa: Cosa sono gli anni (Fazi, 1997); il libro di traduzioni e poesie Nomi distanti (Empiria, 1998, con una nota di Franco Loi); La luce delle cose (Feltrinelli, 2000); La vita dei dettagli (Donzelli, 2009). E’ presente in antologie italiane e straniere.
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