ARTICOLO DI LORENZO SPURIO
In questo tempo di pandemia e di doveroso distanziamento sociale l’Associazione Culturale Euterpe di Jesi ha deciso di non far venire meno il proprio impegno cercando di reinventare alcune delle sue iniziative che, in tempi migliori, erano possibili “in presenza”. Oltre al progetto “Stasera leggo” (bandito a novembre del 2020), che dava l’opportunità di registrare un video con una breve presentazione sulla propria attività letteraria o leggere delle poesie (il tutto poi caricato e diffuso sulla pagina personale YouTube dell’Associazione), al quale hanno preso parte molteplici poeti e scrittori di ogni parte d’Italia, altre due iniziative sono state lanciate nelle ultime settimane che hanno raccolto particolare entusiasmo, determinato dalla grande adesione.
Con la prima di queste, nell’occasione
di San Valentino, l’Associazione si era proposta di ricevere le liriche di
produzione propria a tema amoroso corredate da un’immagine a tema. L’iniziativa
ha visto la bacheca FB dell’Associazione, nel corso della giornata del 14
febbraio, tingersi di cuori, immagini d’amore, silhouette di amanti, baci e
tanto altro ancora. Una gran quantità di poeti – non solo soci
dell’Associazione ed è questo uno dei punti di forza di tali iniziative,
gratuite e potenzialmente aperte a tutti – ha preso parte donando alla comunità
di lettori, in questa agorà digitale, propri componimenti, tra riflessioni
sull’amore, vere e proprie dichiarazioni, lettere e quant’altro.
L’ultima di queste iniziative, in ordine di tempo, è stata la recentissima “Grafie in versi: poesie per la donna”, su idea della scrittrice e Consigliera dell’Associazione Euterpe Alessandra Montali che si è svolta sulla pagina Facebook dell’Associazione il giorno 8 marzo, Festa della Donna.
Il bando di partecipazione – con poche e
precise regole per poter aderire – diffuso una decina di giorni prima prevedeva
l’invio dei poeti interessati al progetto di una loro poesia nella giornata del
7 marzo rigorosamente scritta a mano, chiaramente riconducibile, seppur da
intendere liberamente, al tema della donna che sarebbe stata pubblicata il
giorno successivo. Hanno aderito al progetto un centinaia di autori di ogni
regione italiana con alcune adesioni anche dall’estero.
È stato bello poter leggere i tanti
testi che generosamente i poeti hanno inteso inviare e scorgere le varie
“personalità” degli stessi, notare le diverse calligrafie, l’adozione dello
stampatello in alcuni, la predilezione del corsivo per altri. Chi su fogli a
righe, chi su fogli a quadretti, chi con grafie più particolareggiate chi,
invece, con una scrittura fluida, facilmente leggibile hanno aderito
convintamente al progetto nel nome del rispetto e della riconoscenza verso la donna.
Le grafie in versi – come recita il titolo di questo progetto che ha ottenuto
ampio plauso per la sua originalità e per la sua capacità di riportare quel
senso di “umano”, “reale”, “concreto”, “tangibile” di noi stessi in un periodo
che ci vuole ologrammi, presenze vacue al di là di uno schermo – hanno
rappresentato una ventata di novità e hanno aperto a una riflessione sulle
plausibili e apparentemente anacronistiche rivisitazioni del digitale.
Un’operazione senz’altro singolare se si
pensa che la tecnologia e l’informatica – nell’uso del linguaggio scritto,
quello prodotto con la tastiera QWERTY per intenderci – ci depersonalizza, ci
rende potenzialmente inidentificabili (salvo sparute circostanze quali il
cambio di font, colore, sottolineatura); qui con “Grafie in versi”, aderendo
all’impossibilità pratica dell’incontro fisico e mantenendo quella fede autentica
(che è, in fondo, un bisogno primario) nei confronti del testo scritto, si
propone un recupero calligrafico, di testimonianza, di rapporto con la carta,
di concretezza.
I cento
autori che hanno partecipato al progetto, simbolicamente è come se fossero
presenti ciascuno con una pagina all’interno del medesimo libro, di
un’antologia. Potrebbe allora essere questo l’evento prodromico – nell’attesa
di un ritorno alla presenza e al contatto – di un vero volume, tutto dedicato
alla donna, potenziato dalle calligrafie di ciascuno, i cui dettati diventano
ancor più personali – e dunque preziosi – proprio per essere non solo frutto
dell’ispirazione dei poeti ma anche loro “testamento” olografico. Poeti
grafomani, dunque, che ricordano un po’ gli sghiribizzi calligrafici di
Apollinaire e la poesia visiva anche di marca italiana (Corrado Govoni tra quelli
della prima ora), forma caleidoscopica e imprevista che nelle sperimentazioni
degli anni Cinquanta e Sessanta trovò esiti diversi e senz’altro curiosi in
connubi con certi tipi d’arte, sincretici simposi di codici come le
liricografie di Rafael Alberti, sebbene quest’ultime presentassero anche
schizzi, ideogrammi, tentativi di disegni stilizzati.
Che quelle proposte nel nostro progetto
possano realmente definirsi tutte calligrafie
(ovvero scritture belle, piacevoli, eleganti, vale a dire gradevoli tanto alla
vista che facilitatrici nello svelamento del contenuto all’atto della lettura)
non è dato saperlo né sta a noi stabilirlo, che sarebbe questione d’estetica e
di approcci che necessiterebbero eventuali parametri che non c’interessano.
Difatti quel che risalta dall’iniziativa – e dall’idea-baluardo che ne è
all’origine – è il tentativo di ritornare alla carta animati da una sorta di resistenza nei confronti della tirannia
del digitale, un’invettiva, forse, un artificio curioso che può avere, però, le
potenzialità di portare l’individuo a una riflessione. Oltretutto anche la
scienza non ha mancato di sostenere che l’atto di scrittura a mano è valevole
di significati e approfondimenti tanto in chiave psicanalitica, quanto di una
maggiore riflessione e concentrazione ed è a sua volta – stavolta davvero se
pensiamo alla poesia – il mezzo che ci consente non solo di vedere (ma stavolta
anche di toccare) il prodotto della nostra creazione.
Lorenzo Spurio
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