lunedì 13 maggio 2013

Mons. Antonio Staglianò recensisce il Fruscio di Angela Caccia

Quella metafisica istantanea

Recensione di S.E. Mons. Antonio Staglianò Vescovo di Noto 

pubblicata ne ilciottolo.blogspot.it


10.5.2013, nell'Istituto Don Bosco di Messina, ad opera dell'Associazione culturale Terremoti di Carta, si è tenuta la presentazione del mio libro.

Relatore d'eccezione S.E. Mons. Antonio Staglianò: un Grande e un grande onore.


1. La parabola poetica di Angela Caccia è sicuramente infittita di contenuti lirici e di stilemi tematici che  le permettono di  raggiungere un orizzonte nel quale la “geografia interiore” della sua anima si confronta fortemente con la drammatica essenza dell’esistere.
Ciò che emerge già dalla prima poesia Incipit  non è altro che la dichiarazione  di una semantica poetica in cui il rapporto tra immanenza e trascendenza si colora dei tratti del mistero della croce (… Sale un calvario / e fa leggero il passo … ) e dove l’aurora della nuova luce della resurrezione si irradia nel cammino della storia redenta.
Racconto / e mi racconto …” scrive la poetessa;  ed è una verità che trasuda da ogni verso, che assume ora toni elegiaci, ora toni  di intensa e alta liricità, ora toni più descrittivi che riverberano attimi di  cielo e petali di fede. 
Il procedere dei versi si illumina della disposizione a rete delle immagini, dove ogni lemma utilizzato non risulta mai banale né scontato, ma, al contrario, si rivela evocativo, allusivo, analogico e, a volte, tagliato con risentimento.

2. La poesia di Angela Caccia affida certamente  i suoi messaggi ad una miscela immaginifica poggiata sull’uso di un codice linguistico ricco e carico di rimandi; e difatti i sostantivi, gli aggettivi, i verbi, i riferimenti interiori, i riferimenti a personaggi come Giovanni Paolo II, Borges,  costruiscono un percorso lirico che trascende la genericità descrittiva e la sciatta prosaicità di certa poesia del nostro tempo, per leggere la vita, nelle sue forme e decifrazioni, con lo sguardo distaccato da un lato e coinvolto dall’altro. Come un esegeta, Angela Caccia estrae dalla vita e dal fluire dell’esistenza  cocci lieti e tristi, per poi tradurli in linguaggio metastorico e formare un impasto ora raffinato, aulico ed elegante, ora disincantato ed estasiato.
La poesia  di  Angela Caccia si muove all’interno di  coordinate metafisiche che fanno della sua raccolta non un libro di descrizione ma di introspezione. Quella dell’Autrice  è una metafisica istantanea. In un breve componimento la poetessa  riesce a dare  una visione dell’universo, un segreto dell’anima, una poetica degli oggetti, tutto insieme.
Questa metafisica istantanea è già condensata nel titolo stesso del volume: Nel fruscio feroce degli ulivi. È un titolo dal sapore ossimorico (“fruscio – feroce”), dove la poetessa staglia il gioco dei contrari: tutto ciò che è “fruscio” ha il sapore  della delicatezza (Sono la tenerezza muta / nessuno l’ha coccolata…), della  leggerezza, non dura a lungo ed  è indice di fuggevolezza, di instabilità, di  mutevole cambiamento, di fragilità, di parcellizzazione e di costante divenire; e allora il fruscio, se è soffio di leggerezza,  perché  per la nostra poetessa è feroce? Perché richiama il fruscio che tumultua dentro l’essere di ciò che esiste, dentro la  coscienza  di ogni uomo; un fruscio che  rivela all’uomo l’inganno del tempo, l’illusione di sogni repressi nell’anima, gli ostacoli al raggiungimento e alla ricerca della pace interiore simboleggiata  nell’ulivo, facendogli così  toccare con mano il dolore e la ferocia di una quotidianità smarrita e delusa e bisognosa dell’Altro, dell’Oltre, dell’Assoluto, di Dio padre. Dunque questo fruscio è  al contempo una lama ed è una carezza: la lama è quella prodotta dal non senso, dal vuoto delle relazioni, dalla perdita degli affetti più veri, la carezza è la mano di Dio che apre orizzonti di luce dove un’anima nell’anima / ha una sola voce.

3. Un sensibilità sociale che si connota di accurata attenzione agli accadimenti più dolorosi del nostro tempo si coglie nei versi della Caccia allorquando i suoi occhi rivedono il dramma che ha colpito i terremotati dell’Emilia o quando rievoca il sacrificio di Falcone e Borsellino, assassinati dalla mafia. Nelle poesie Lettera alla mafia e I giorni sottili è presente, infatti, un afflato di umanità che richiama alla speranza (… E non basterà il progetto / sarà importante camminare…) e che rivela come Angela Caccia  
voglia   reagire a  quello che Hegel chiamava  “il negativo del  mondo esistente”, e come la sua poesia si muova , seppur velatamente, nell’orizzonte della  speranza cristiana che spingeva i Padri greci e latini   ad affermare  “per crucem ad  lucem”, ossia è attraverso la croce, la sofferenza e il dolore  che si arriva alla luce, alla  resurrezione.
4. Nei versi di Angela Caccia c’è  inquietudine, c’è speranza, c’è sogno. Il suo percorso lirico  conosce così gli slanci d’un cuore che sa sperare e stupefarsi, cogliere i valori etici dell’itinerario umano,  intrecciare armonie e ricordi, emozioni e silenzi, caducità ed eternità, mito e realtà. Il registro linguistico possiede una sua originalità e una nomenclatura che germina costrutti  metaforici radicati nell’humus affettiva della poetessa e nel bisogno di affidare alla fede gli accadimenti umorali e le stimolazioni dell’intelligenza creatrice.
Quelli di Angela Caccia  sono versi che fermano lo sguardo su affetti quotidiani, i quali vengono guadagnati alla lirica con un linguaggio necessitato dal bisogno di libertà e armonia; le sue liriche ricreano l’usuale, lo plasmano e lo rivestono di tensione creativa, dando così vita ad un poetare che non esula dalla realtà ma che coglie la verità delle  cose e che si colora dei toni dell’amore.
E così in questa atmosfera, poesia e vita si intrecciano armonicamente divenendo itinerario lirico.



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