Gabriele Rossetti
Il Tempo,
ovvero Dio e l’Uomo
Edizione critica, introduzione,
commento e apparato delle varianti
a cura di Mario
Fresa
Lanciano, 2012
pp. 348
Collana «I Classici»,
diretta da Gianni Oliva
Opera pubblicata con il sostegno
del Centro Europeo di Studi Rossettiani di Vasto
con il Patrocinio del
Comune Città
del Vasto
e dell'Università «G.D’Annunzio» di Chieti-Pescara, opera in
collaborazione
con le Università di Napoli "Federico II", Caen Basse - Normandie (Francia),
Birmingham (Gran Bretagna), Oxford (Gran Bretagna) e Yale (U.S.A).
con le Università di Napoli "Federico II", Caen Basse - Normandie (Francia),
Birmingham (Gran Bretagna), Oxford (Gran Bretagna) e Yale (U.S.A).
Il
Tempo, ovvero Dio e l’Uomo, Salterio del 1843 di Gabriele Rossetti, illustra e
rappresenta, con l’acuta e bruciante lingua della metafora, la situazione
politica italiana dell’epoca, traducendo in immagini di ascendenza biblica
l’atmosfera e le vicende di quell’infuocato periodo della nostra Storia. I
versi melodiosi e vibranti del poeta di Vasto disegnano una trama drammatica e
movimentata, in cui la malvagia, ma transitoria vittoria degli empi sui giusti
perseguitati sembra sfaldare e addirittura rompere l’amorosa Alleanza stipulata
tra Dio e l’uomo: di qui, il canto appassionato e dolente del poeta-profeta,
che aspira, con tutte le sue forze, al finale ristabilimento di una ideale,
universale concordia. La presente
edizione critica del testo ricostruisce, sulla base del fortunoso ritrovamento
del manoscritto autografo dell’opera, l’esatta fisionomia del poema, offrendo
anche, in appendice, le varianti della sua prima redazione, risalente al 1833.
Gabriele
Rossetti,
nato a Vasto nel 1783, fu poeta, critico letterario e patriota italiano della
corrente neoghibellina del Risorgimento. Per il suo appoggio agli insorti dei
moti liberali del 1820, fu costretto all'esilio. Si rifugiò prima a Malta, nel
1821, e da qui si spostò a Londra (1824), dove trascorse il resto della sua
vita. Divenne professore di lingua e letteratura italiana presso il King’s
College di Londra (1831) e mantenne l’incarico fino al 1847. Pubblicò numerose raccolte di poesie: Odi
cittadine (1820), Iddio e l'uomo (1833, seconda redazione 1843), Il
veggente in solitudine (1846) e L'arpa evangelica (1852); fu anche
autore di alcune opere di critica
letteraria, soprattutto sulla Divina
Commedia, letta in chiave massonica ed antipapale: Commento analitico alla “Divina Commedia” (1826-27); Ragionamenti sulla Beatrice di Dante (1842).
A questa linea storico-interpretativa appartiene anche il saggio Sullo spirito antipapale che produsse la
riforma e sull’influenza segreta che esercitò sulla letteratura d’Europa e
particolarmente su quella d’Italia; mentre, nel 1840, riuscì a pubblicare i
cinque volumi de Il mistero dell’amor
platonico del medio evo derivata da misteri antichi. Sposò Francesca Maria
Lavinia Polidori, figlia di un altro esule italiano, Gaetano Polidori,
segretario particolare dell’Alfieri, dalla quale ebbe quattro figli: Maria
Francesca, Dante Gabriel, William Michael e Christina. Alle tribolate e continue difficoltà economiche dopo il 1845 s’aggiunsero gravi
infermità come la progressiva cecità. Morì il 26 aprile del 1854: il suo corpo
è seppellito nel cimitero londinese di Highgate.
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