mercoledì 7 ottobre 2009

Su Pro/Testo a cura di Luca Ariano e Luca Paci

recensione di Vincenzo D'Alessio


L’impegno dei curatori, Luca ARIANO e Luca PACI, è stato premiato con questa bella Antologia di poeti contemporanei “giovani”, non solo per data di nascita, principalmente per ricchezza di contenuti. Forze giovani, con una voce di pro-testo/a, che bene può rappresentare il pensiero di una “Cultura”: «Ma la parola “Cultura” non indica soltanto la cultura specifica, d’élite, di classe: indica anche, e prima di tutto (secondo l’uso scientifico che ne fanno gli etnologi, gli antropologi, i migliori sociologi) il sapere e il modo di essere di un paese nel suo insieme, ossia la qualità storica di un popolo con l’infinita serie di norme, spesso non scritte, e spesso addirittura inconsapevoli, che determinano la sua visione della realtà e regolano il suo comportamento.»(Lettere Luterane, 24luglio 1975)

Difficile scegliere in questo coro un solista. Difficile scegliere tematiche omogenee se non quelle enunciate dal presentatore Luca PACI: «E allora il mio e il tuo compito, lettore, è quello di dissentire, creare le condizioni di presenza di una vera pluralità» (pag. 8). La voce poetica che, per contrasti, viene per prima alla luce è quella di Carmine DE FALCO, poeta campano, il quale nelle sue Variazioni, questo il titolo delle poesie, aggiunge una dedica particolare ad Alessandro RAMBERTI e alla sua collana “Sia cosa che”. Coinvolge in questo modo l’editore ponendolo tra i coraggiosi che sfidano l’assuefazione dei tempi che siamo costretti a subire (non a vivere!, la vita è nella parola poetica!)

DE FALCO è un degno rappresentante di questo coro, quasi un contralto, perché la sua “rivolta” (pag. 81) è simile a quella Rivoluzione Meridionale del nostro Guido DORSO: chiede ai giovani di essere artefici del proprio futuro, senza paure, facendosi male nel seguire la strada incerta della propria scelta non soltanto individuale ma collettiva, come pochi: «E ti invito a leggerli i poeti, / quelli “giovani”, un po’ dilettanti / forse, ma concreti perché la poesia / quella onesta, va letta prima che scritta» (pag. 81). Finalmente il ritorno di questa stupenda parola “onesta” che non si ripete più in Italia da almeno trent’anni. Le figure retoriche in queste poesie sono poche ma sono molti i segni concreti che l’esistenza insegna, che la Vita impone, che la Poesia proietta nella Storia, ché a questo è chiamata anche la vita di un Poeta. Il Nostro l’ha capito e assunto come valore fondante del suo vivere: «(…) io posso / dirti in pochi versi tutto il pensiero / e spogliarti, e denunciarmi / e dichiararmi colpevole (…)» (pag. 77).

C’è nella poetica del Nostro la bellezza struggente, e il dolore malvagio, di “quell’amara speranza” di cui parla un’altra poetessa del nostro Sud, Emilia DENTE, a proposito dell’impossibilità dei giovani di gestire il proprio ruolo, di essere protagonisti del proprio presente, memori di un passato che morde come un rimorso, di cambiare la società dove si è prima attore e poi spettatore partecipante: «(…) E si farà a lotta / per sfruttarsi di più. / Quale filtro / quale mondo migliore nelle stanzette / da seicento euro nel centro di Roma / o di Bologna con i poster» (pag. 79). Nei versi del Nostro poeta ci sono tutti i tratti violenti del suditalia – proprio tutti – non ne viene tralasciato alcuno.
(Che dolore provo mentre recensisco, cercando di essere imparziale, nell’accorgermi che i miei sacrifici, e quelli dei miei figli per un Sud migliore, sono valsi a poco; se i temi negativi sono gli stessi che affrontavamo quarant’anni fa!)

Torna, in DE FALCO, il credo che spinge noi tutti a Sud ad essere dei “partigiani”: «(…) Ma ancora resta scrivere / parole un’arma / mortale, (…)» (pag. 77). Credo, che ci unisce a tutti i poeti del mondo. Credo, che anticipa i tempi e per questo è poco credibile nel presente. Ce lo ricorda, a distanza di trent’anni, PASOLINI: »Aver governato male, significa dunque non aver saputo far sì che i beni superflui fossero un fatto (come oggettivamente dovrebbe essere) positivo: ma che, al contrario, fossero un fatto corruttore, di selvaggia distruzione di valori, di deterioramento antropologico, ecologico, civile.» (Lettere Luterane, 24 agosto 1975)

Ottobre 2009

1 commento:

Unknown ha detto...

grazie a vincenzo d'alessio per qesta sentita e bellisima introduzione. con stima Luca Paci