una lettera all'autore di Nicoletta Verzicco
Carissimo Luca,
innanzi tutto chiedo venia per una mia mancanza: non avevo letto il tuo libro, secondo peraltro. Prima di descriverti le mie emozioni perché di questo si tratta, vorrei spiegarti che non mi innalzo a critico, non ne ho le capacità e mai mi permetterei, essendo nessuno, di farlo. Ciò che
leggerai sono solo e unicamente le mie impressioni.
Ho preso la tua silloge e mi sono avvolta di silenzio, l'impatto con le tue parole è impegnativo e solo leggendo e rileggendo mi sono accorta, invece, che esse scorrono facendo entrare il lettore in un mondo ovattato e a me, in alcuni casi, conosciuto. Questo mondo si dipana tra passato e presente e quello che mi ha maggiormente stupito è che tu, fra essi, trasmigri. I racconti che tu hai appreso dalle voci a te vicine, dalla storia e dalle storie a te consegnate sono diventati tuoi e tu ne sei diventato protagonista: memorie d'altri diventate le tue.
Le pagine sono tavolozze con colori delicati e sempre sfumati, sui quali macchie di tinte intense sferzano gli occhi; argomentazioni dolorose fasciate da morbide ambientazioni. Ci sono un passato ed un presente intersecati, c'è anche un futuro, ma ciò che sarà è un qualcosa che incute
mestizia e paura, contagiato com'è dai miti vani dell'apparire e del possedere. Il tempo che più amorevolmente si fa leggere è quello che fu, perché non è pervaso dalle distrazioni futili che il nostro vivere quotidiano su di noi abbatte. È proprio quando, nei tuoi versi, si palesano i falsi miti del nostro divenire caotico e inutile che viene voglia di legarsi alle strofe intrise di quel passato tanto reale da apparire tangibile e che non si è tramutato in fotogrammi difficili da ricomporre, ma è una pellicola che possiede in sottofondo quel leggero frusciare che
diventa melodia. Mi ritrovo, ora, in quei campi dove “s'è fatto alto il granturco” e immagino di attraversare una passerella sui Navigli attenta a non ferirmi con “i vetri rotti di birra”, mi concedo alle “cimici nelle lenzuola” per poi volare in alto “nelle sere d'estate” confusa anch'io “con gli squittii dei giardini”.
Con stima.
Nicoletta
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