venerdì 19 dicembre 2008

È uscita borderlinea opera prima di Loris Ferri

Un poema in versi il cui titolo, borderlinea, è un metaplasmo dall'inglese borderline, sintomo di devianza psichica e sociale, stampato per Thauma edizioni 2008, con prefazione di Gianni D'Elia (riprodotta qui sotto), opera in copertina di Loreno Sguanci (“Testimoni”, 2000) in un foto di Aurelio Amendola.

Testi di borderlinea sono apparsi su diverse riviste: n. 72 di “Tratti”, sulla rivista di esplorazione: “Argo” e su varie antologie: nel volume L’arcano fascino dell’amore tradito, omaggio a Dario Bellezza edito da Giulio Perrone nel 2006, in Logos edito anch’esso da Giulio Perrone nel 2006 e nell’antologia Poeti Italiani Underground, Il Saggiatore 2006. La silloge “Demoni e fiori di provincia” è apparsa nel volume Scorie Contemporanee, i poeti della Gru (e-book scaricabile qui). Un testo è apparso ne: Il Segreto delle Fragole poetico diario 2008, edito da Lietocolle.
Un testo è apparso nel volume: Porta Marina. Viaggio a due nelle Marche dei poeti a cura di Massimo Gezzi e Adelelmo Ruggieri, PeQuod 2008.

per info: ferri.loris@libero.it
www.myspace.com/lorisferri


Il poeta è un traduttore
[ di Gianni D’Elia ]
A mio padre, maestro di Loris

Il personaggio principale di queste poesie è il poeta
stesso, un poeta romantico e maledetto, erede di Villon
e Baudelaire, di Dylan Thomas e di Blake, ma soprattutto
di Majakovskij e di Esenin. Si direbbe che Loris Ferri
costruisca il suo primo libro come un concerto vocale
in vari movimenti, presentando all’uditorio silenzioso
dei lettori un oggetto nuovo, anzi, antico, come voleva
Pascoli del sole: è che in realtà con forza il collo ho
premuto / alla nuda materia. e l’ho baciata”.
La città (Pesaro) e la donna sono questa materia.
Così, borderlinea (metaplasmo dell’inglese borderline,
segnale di devianza psichica e sociale) si struttura
come un diario di viaggio: prima sulla linea adriatica,
poi verso est e nord est: la Dalmazia, Vienna, la Moldavia,
a ricavare da quei paesaggi umani del crollo utopico
la linfa del vagabondo, la flânerie, la fantasticheria
della realtà storica, umana, amata e odiata. Concerto
orale, detto agli amici di viaggio, a quel popolo
della notte diversa, tra bettole e locande, bar e moli
solitari, strade della prostituzione: l’acuta
osservazione surrealista si nutre di un tono alto,
quanto bassa è la materia evocata; ma Loris Ferri,
con la sua rabbia di poeta fuori da ogni giro colto
e privilegiato, è un autore colto, che ha studiato
al liceo classico e poi all’università, ma intanto ha
lavorato come muratore col padre. Il suo tono tragico
è reso credibile, non solo dalla bravura metrica di
una lunga tradizione acquisita, ma dalla passione di
verità esistenziale che si respira in queste liriche
e in questi poemetti, tra cui svetta La pittura del genere umano, con quel rivolgersi (“miei cari”) alla
pietà del mondo, col sarcasmo polemico del reietto,
per quelle nuove povertà che assediano il presente.
E qui il tono è quello teatrale di Pasternak: la commozione
e lo sdegno. Da Rimbaud a Mandel’stam, qui si traduce
il dissenso d’oggi. Massimo Ferretti, autore marchigiano
scoperto da Pasolini, ritorna nel ritmo cardiaco di queste
dolci/aspre liriche narrate e cantate, con tutta la nuova
ribelle Allergia della gioventù bastonata nel lavoro e
a Genova, fino alle bastonate letterarie di una società
culturale scandalosa nella sua chiusura e nei suoi
giochetti. Non è un caso che Loris Ferri (insieme
all’amico Stefano Sanchini) abbia trovato in Roberto
Roversi un interlocutore attento e partecipe di un’opera
comune che sta germogliando con ammirevole candore
e forza civile e espressiva. Io stesso, qualche anno fa,
in un mio lungo racconto citai Ferretti per la frase sui
marchigiani come “i russi dell’Italia”. Qui pare che
Loris Ferri incarni davvero di nuovo la forza morale
della rivoluzione poetica, e per giunta in una lingua
da traduzione così suggestiva da sdoppiarsi: passando
dal “maniaco-depressivo o esaltato al cuore fertile
della tragedia di tutti”, volendo qui riprendere le
parole del massimo critico francese scomparso
(Bernard Simeone), a cui avrei caldamente
consigliato questo giovanile e aureo libretto
d’opera seria, che pare dedicato a tutti i marginali
d’Europa: “ fratelli soci negletti al lavoro ”, in
viaggio tra le macerie di pace e di guerra del nostro
passato presente.
Pesaro, 18 aprile 2008


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