recensione di Ida Iannella
Ho tra le mani questa nuova raccolta di poesie di
Vincenzo D’Alessio ed è la prima volta che mi accingo a scrivere qualcosa su un
uomo come lui: poeta, saggista, storico, archeologo, critico, ma soprattutto
una persona dal cuore grande, dal profondo senso di giustizia e da un immenso
amore per la sua Terra: l’Irpinia e, con essa, tutto il Sud.
Orgoglioso di appartenere a questa Terra, così avara e
così ricca: avara per il suo aspetto geomorfologico, che rende il suo suolo
pietroso, spinoso, brullo, ma ricca di cuori palpitanti di amore, di desideri
inespressi, di paure nascoste. La sua poesia riflette il mondo contadino ormai
scomparso, ma che affiora sovente nelle caratteristiche di chi vive ogni giorno
nell’attesa di una vita migliore all’alba spettacolare di un nuovo giorno e nel
tramonto luminoso della sera.
Queste poesie sono il canto di un viandante che ha
attraversato in lungo e largo il mare dell’esistenza, affrontando con coraggio
i colpi che la vita ci infligge giorno per giorno, non perdendo la speranza in
un mondo migliore e nel domani, richiamando valori e certezze che sono
appartenuti a questa Terra. Ed oggi, con lo sguardo malinconico, rivive
attraverso le parole incisive, graffianti e icastiche il sogno di un passato
rinnovato.
Le parole sono vive, precise, rutilanti e il canto
diventa musica, nenia, sinfonia. Tutta la simbologia contadina, naturalistico-ambientale
classica confluisce nella poesia di Vincenzo e trasporta il lettore in luoghi
inesplorati e in momenti dell’anima profondi; dentro e fuori l’uomo che fu, è e
sarà, fautore e creatore del suo mondo e del suo destino nel continuo conflitto
del suo essere: “Chi vide dice: le sue
lacrime sono vere”. “Un fanale la vita. Si fa strada a fatica per
spegnersi nell’assenza”. “I giovani
del Sud non tornano rimangono clandestini”. Poesie che vivono di ricordi,
di nostalgici momenti sparsi nel tempo, ma senza tempo; sono balenii che
riflettono e creano quadri vividi, presenti, drammatici. “I morti mi tengono per mano/ incontro al sole/ sul davanzale del
cielo/occhi noti vestiti da bambini”. Ritorna il pensiero della madre che
chiude questa raccolta, ma più struggente è la sua presenza tra “i fornelli parlano di te / questo racconto
caldo nella fiamma / quasi sapessero la sete del perdono, / madre”.
Nessun commento:
Posta un commento