mercoledì 10 luglio 2019

Il canto di un viandante irpino


recensione di Ida Iannella

http://www.faraeditore.it/vademecum/24-Nuoveanime.html


Ho tra le mani questa nuova raccolta di poesie di Vincenzo D’Alessio ed è la prima volta che mi accingo a scrivere qualcosa su un uomo come lui: poeta, saggista, storico, archeologo, critico, ma soprattutto una persona dal cuore grande, dal profondo senso di giustizia e da un immenso amore per la sua Terra: l’Irpinia e, con essa, tutto il Sud.
Orgoglioso di appartenere a questa Terra, così avara e così ricca: avara per il suo aspetto geomorfologico, che rende il suo suolo pietroso, spinoso, brullo, ma ricca di cuori palpitanti di amore, di desideri inespressi, di paure nascoste. La sua poesia riflette il mondo contadino ormai scomparso, ma che affiora sovente nelle caratteristiche di chi vive ogni giorno nell’attesa di una vita migliore all’alba spettacolare di un nuovo giorno e nel tramonto luminoso della sera.
Queste poesie sono il canto di un viandante che ha attraversato in lungo e largo il mare dell’esistenza, affrontando con coraggio i colpi che la vita ci infligge giorno per giorno, non perdendo la speranza in un mondo migliore e nel domani, richiamando valori e certezze che sono appartenuti a questa Terra. Ed oggi, con lo sguardo malinconico, rivive attraverso le parole incisive, graffianti e icastiche il sogno di un passato rinnovato.
Le parole sono vive, precise, rutilanti e il canto diventa musica, nenia, sinfonia. Tutta la simbologia contadina, naturalistico-ambientale classica confluisce nella poesia di Vincenzo e trasporta il lettore in luoghi inesplorati e in momenti dell’anima profondi; dentro e fuori l’uomo che fu, è e sarà, fautore e creatore del suo mondo e del suo destino nel continuo conflitto del suo essere: “Chi vide dice: le sue lacrime sono vere”.  Un fanale la vita. Si fa strada a fatica per spegnersi nell’assenza”. “I giovani del Sud non tornano rimangono clandestini”. Poesie che vivono di ricordi, di nostalgici momenti sparsi nel tempo, ma senza tempo; sono balenii che riflettono e creano quadri vividi, presenti, drammatici. “I morti mi tengono per mano/ incontro al sole/ sul davanzale del cielo/occhi noti vestiti da bambini”. Ritorna il pensiero della madre che chiude questa raccolta, ma più struggente è la sua presenza tra “i fornelli parlano di te / questo racconto caldo nella fiamma / quasi sapessero la sete del perdono, / madre”. 

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