(2006-2008)
Due d’ambito cittadino (Giochi, Pallido miele), due di campagna (Biacco o frustone, Racconto d’autunno), una di montagna (Nubi).
Scriveva Francesco Giuntini, per il volume Repertorio d’infinito: «Le forme del visibile, o l’arte del ritratto. Il soggetto, apparso immobile, può porgere la sorpresa di un movimento, farsi vicenda breve, o cortometraggio, animato da creature di terra, o d’acqua, o più spesso dell’aria. Scoperta delle cose, o piuttosto riscoperta, sotto la luce nuova di una teoria della conoscenza, intesa come riconoscimento dell’armonia tra creature alate, terrestri e marine/ sinuose geometrie della vita.
V. anche qui e qui
GIOCHI
(a un giovane gatto rosato)
Con la grazia
di libertà e natura
ti arrampichi sul nespolo
e il sole calante coglie il tuo
mantello lucente
e dorato lo amalgama a sé
Scendi sul muro in ombra,
dove le tue rincorse, il tuo
guardare attorno
e in alto – fai la posta agli uccelli –
sono, come i leggeri balzi
veloci,
il fascino vero della prima fanciullezza
Sul nespolo c’è ora
Rossino: finirà presto
la vostra infanzia di fratelli,
il vostro intento ruzzare
nei liberi giochi fantasiosi?
novembre 2006
PALLIDO MIELE
(a Margherita)
Nel frastuono bruto dei viali
colano a fine marzo
le chiome dei bagolari
il loro pallido
innocente verde miele.
Poco dura il culmine
di grazia dorata
riversa sui tronchi quasi neri,
poi tutto sarà
(nel velo di polvere e fumi)
verde norma, innocenza violata.
BIACCO O FRUSTONE
Biacco o frustone pare sia il tuo nome,
creatura,
forma allungata che posi intrecciata
tra secco e verde – quasi
i tuoi colori – al sole d’aprile infine lucente
Godevi il tepore, in basso la testa
dal tondo nero occhio innocente
Ai passi, ai sussurri d’umani,
dal tuo riposo subito distolto
ti snodi sinuoso e quieto sparisci
nel tondo pertugio tra ghiaia e rami
RACCONTO D’AUTUNNO
a Marinella
Sorbo di luce
solo la casa dei nostri spuntini
rimane ancora del color del tempo
dorati e rosa vigneti e querceti,
oro disteso il manto
del parco di Pratolino
fulve trame dorate
rami di sorbi sul cielo di nord,
puro cielo innocente, lontano.
Cammini e attendi che tutte
entrino in te, vedute, le cose:
il grande pino del Palazzaccio
che solo potano i venti,
la nobile quercia d’oro, che l’edera
avvolge e assale
Languide cantano foglie dorate
di antiche viti avvinghiate
a ulivi e meli spogli
Non più giace nel prato
il nostro ulivo caduto
NUBI
(per Andrea Giuntini)
Alito terso d’altitudine,
nubi bianche nel sole il vento
trascina, scompone e ricompone,
addensa e tende in trasparenza:
schiume e vapori, cumuli e colonne,
a velare e disvelare spigoli verticali,
torri, valli di monti pallidi.
Come un frusciare remoto
scende dal nevaio tra le ghiaie
in brevi asticciole di luce
il Travignòlo fatato
e s’incammina al fondo.
Cime di larici radi, ariosi,
lievi oscillano a valle
dentro l’azzurrità assolata
del meridiano silenzio.
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