venerdì 26 ottobre 2007
Sulla poetica di William Stabile
di Vincenzo D'Alessio - G.C.F.Guarini -
La poesia di William Stabile, poesia di questo ventunesimo secolo appena iniziato, è viva, palpitante,incessante nel chiedersi il senso dell'esistere di fronte alla "politica mordace" capace di sedurre gli uomini. I poeti non sono raggiungibili da questo punto di vista. La maggior parte di loro sono "pessimisti" perché amano la vita. Vengono alla mente le parole del Nobel polacco Wislawa Szymborska, poetessa amante della vita e delle sue imperfezioni, mordace quanto basta per un mondo umano disattento: «Il poeta odierno è scettico e diffidente – anche e forse soprattutto – nei confronti di se stesso.»
Il sestetto, che ha come guida il titolo L'uomo o il disagio, costituisce dopo la raccolta Contrappunti e tre poesie creole l'ultima provocazione del guardiano della poesia che è Stabile: viaggiatore, economista, fine conoscitore, insistente nel plasmare di continuo la materia poetica che in sé aggiunge. Versi in continuo moto, in trasformazione, quasi irraggiungibili, nella molteplicità delle metafore che promuovono.
Il caimano è un rettile tipico dell'America, quindi un americano, disteso lungo «le rive del letto», sinestesia attenta delle origini del benessere che questa specie predilige, strigendo tra le zampe "Il cuscino nella sua smorfia di dolore»: analogia della parte molle, indifesa, denutrita, della nostra umanità. Una specie poco
incline alle mollezze, iperattiva, con una voracità immensa e un cuore duro, calcolatore, come l'albero d'anacardio che nasconde i suoi semi in frutti durissimi. L'economia del Potere dei secoli passati e di quelli che viviamo; l'emblema di una rapsodia verdedollaro.
La poesia del Nostro si nutre di anafore: «Mi piace la mia casa. / Mi piace perché c'hanno fatto / la casa i ragni». Ragni che nascono e crescono accanto ai «polipi della terra»: sinestesia velata di chi conquista accanto ai caimani l'economia che nutre, di chi sa procurarsi i giusti fili per arrampicarsi sui muri dei mercati mondiali.
I poeti però restano stelle, qualche volta si credono comete e soffrono di crisi di identità, perché ben altro è la realtà dell'esistere di fronte all'economia:
Allora triste, smette di sognare
affronta la realtà
e viene giù.
Le stelle più nobili a volte sono palme.
Ritorna la palma, l'albero solitario che indica, nel deserto, il punto del ristoro, l'ombra per redimere l'arsura della ricerca. Ritorna volutamente anche il mito del Re Travicello, nella Batracomiomachia ripresa dal Leopardi, nella poesia Il poeta seduto sulla luna, anziché Alla luna, che Stabile trasforma nella metafora
dell'indiscusso potere politico oscuro (di notte si svolgono le scene): trame di logge massoniche, di cartelli tra petrolieri, di razzismo sfrenato. Tutto verrà svelato dal «ragazzo che tra le canne si confonde / mentre orina alla luce / della luna.»
I politici ed il loro oscuro potere passeranno. La luna, la stupenda interlocutrice d'amore (che potrebbe anche chiamarsi Giulia), illumina la vera identità del poeta «il ragazzo» (l'umanità) che privo di inibizioni si piega e mimetizza tra le canne (palme), per i veri bisogni umani. L'erotismo chiude l'ultima parte della
ricerca del poeta che vive nel mondo, tra buio, luce e nell'intermezzo, con la sana ironia che sa cogliere la quotidianità e frantumarla in versi che disvelano la fatica del difficile viaggio dell'esistenza.
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