domenica 17 settembre 2023

“il viso un pascolo di rughe”

Paolo Polvani, Miracoli del giorno, Prefazione di Massimiliano Damaggio, postfazione di Isabella Bignozzi, Macabor 2023

recensione di AR



 

Emozionante la musica distesa dai toni profondi e celesti di questi Miracoli: “Se Dio avesse una voce sarebbe quella / del volo della rondine, la stessa eleganza di certe improvvise / giravolte (…) / (…) la precisione ellittica con cui / porta il disordine dentro l’esatta matematica dle cielo, turgori / e mancamenti, ostinazioni e abbandoni repentini, è così / che Dio si esprime, e il volo della rondine è la sua stessa voce” (Il volo della rondine, p. 43). Come si può constatare dalla citazione, i versi sono per lo più lunghi, tendono ad esaurire la boccata di fiato necessaria per pronunciarli: è una fatica che richiede attenzione per calibrare le forze e rispettare la scansione ritmica desiderata dal poeta, ma è una fatica ripagata dal pullulare di immagini e di sensi che ci trascinano, ci pungolano, ci accarezzano, ci sconvolgono. Sì, perché già a partire dai Miracoli che aprono la raccolta siamo investiti da flash che inquadrano scene drammatiche: “Io sono Abdelaziz, quello del mare che inghiotte, Abdel / (…) / che avanza strisciando, della barca che si rovescia nel buio / spalanca l’alfabeto sonoro del terrore. / (…) / Abdelaziz che ha conosciuto il privilegio di una mano che l’afferra, / l’ha scaraventato nell’inchiostro del cielo, su su, ha volato / come un uccello senz’ali, Abdel che tremava nell’aria” (San Giuseppe da Copertino salva un migrante in procinto di annegare sollevandolo in volo, p. 13); “Certi voli sono uno sperpero di gesti, d’inconsulto / aggrapparsi, come se potesse salvarti un frammento dell’infanzia, / (…) / In alto, nell’azzurro profondo, s’insinua con morbida destrezza / la leggerezza di una nuvola, il disinteresse metallico della gru. / (…) / e il muratore rimane immobile nell’aria. Adesso tutto è pronto” (Sant’Eupremio salva muratore precipitato dalle impalcature, p. 14).

Lo stile di Paolo Polvani è ricco di metafore, sinestesie, paragoni, similitudini, accostamenti lessicali insoliti e stupendi… immagini che ci prendono le viscere e ci commuovono: “Si è fatto il pieno di debiti, ci si è aggrappati / con le unghie agli errori, persino alle preghiere.” (Il miracolo della melagrana, p, 17); “Guarda, c‘è il becco adunco dei ricordi che lacera la carne, / lascia zavorre di lacrime e calzini, sussulti nel sonno” (Letterina a santa Ildegarda, p. 20); “L’azzurro è un artiglio che non lascia scampo” (Di che colore è il mare, p. 26); “L‘attesa è un pesce che nuota / (…) / non smette di sperare / che palpiti qualcosa / che la parola giunga lucida” (La parola attesa, p. 33); “gli ombrelli giocano come delfini dipinti” (Marzo si lucida le scarpe, p. 34)… Queste narrazioni poetiche (nel senso creativo e “modellante” dell’aggettivo) ci mostrano come in mano al “fabbro” le parole si possano con arte surriscaldare e temprare, per immergersi nella realtà ed estrarne potenti scintille di senso (estetico e rivelativo) che ne illuminano squarci importanti benché a volte impegnativi per gettarci uno sguardo partecipe. Al Paolo non sfuggono “la virgola di un grido” (Alzare la voce, p. 35), né che “L’alfabeto oscuro delle radici suona una musica segreta.” (Il pino della ferrovia, p. 30), né il fatto che “La povertà non ha voce, in tanti / aggrappati al silenzio, ed è tutto / quello che hanno.” (Tutto ciò che qualcuno possiede, p. 50).  

Il più crudele dei mesi, per il su citato pino, non è l’aprile di Eliot, ma il luglio di Polvani. Ognuno di noi ha corde che risuonano con maggiore intensità in certi luoghi, tempi, incontri e come lettore sono stato particolarmente irretito da Una bella fetta di futuro (p. 56) che si conclude con questi versi che riassumono splendidamente il miracolo della poesia che vola alto: “è masticare il cielo, è decollare / dentro una tempesta di parole.” 

PS Il titolo di questa recensione è tratto da Il miracolo dell‘anello, p. 19.

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