giovedì 17 agosto 2023

Mutande bianche come nuvole

Lina Maria Ugolini, Abitare gli abiti. Bucato in versi, Edizioni del Foglio Clandestino 2022, in copertina Nel vento… di Monica Auriemma

recensione di AR


“Tornano sul filo / a volte gli antichi panni / abiti smessi / riposti nel cassetto / ritrovati a un tratto /sciolti dalle pieghe / annusati per constatare / che sanno troppo di passato.” (sul filo antichi panni, p. 82).

Con sartoriale maestria siamo condotti a visionare cassetti, armadi, casse (da morto), stendini, cestelli di lavatrice, panni appesi al vento… gli abiti prendono vita e quando chi li ha indossati non c’è più sentono la nostalgia di membra, corpi, respiri, sudori, “abitudini”: “Lei è tornata stamattina / per curare le piante dei vasi / dare acqua con l’innaffiatoio / senza che nessun lo sappia. / Faceva così quella vestaglia / quando aveva un corpo vivo.” (anche la vestaglia era fatta di rosa, p. 89).

Il linguaggio è intriso di ironia, venata dalla constatazione che anche ciò che si indossa lascia su di noi traccia: “Quando di lei tutto sarà finito / torneremo nudi per strade / sbendati per essere riconosciuti / figli illegittimi di una colpa mai commessa // sulla pelle l’impronta di una certa cicatrice / ruga quanto runa” (dentro la mascherina, poesia che chiude la raccolta, p. 101).

Vividi e pulsanti i ritratti di personaggi caratteristici: “Le mutande le metteva in testa / il matto del quartiere vecchio / se ne stava nudo sul balcone / vicino al volo delle rondini. // Quelle mutande erano bianche come nuvole / perché la testa non emette secrezioni / tutt’al più vento scomposto di pensieri.” (il matto, p. 64).

Lina Maria Ugolini ha uno sguardo acuto, filosofico, direi (estremo) orientale, sulla condizione umana: “Sussiste una congiunzione / tra ciò che inizia e che finisce / una legittima giuntura / estrema unzione di un conforto.” (lana cotta, p. 40); “A ragion veduta / la nostra lingua / chiama costume / l’indumento teatrale / capo oltre che moda / del simulato vivere sociale.” (costumi, p. 34). 

Intense e struggenti le immagini che fanno rivivere i tempi andati: “I panni erano delle mani / nel tempo delle lavandaie / (…) / Le braccia andavano in su e in giù / passando il sapone d’oliva / scivoloso sull’ultima onda / immota, ammorbidita da un canto.” (p. 22).

Un libro che ci spinge a sentire l’odore di quello che indossiamo. Non possiamo che essere grati a chi l’ha scritto.    

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