Trasumanar significar per verba non si poria scrive Dante nel Canto I del Paradiso. Nel linguaggio dantesco il trasumanar rappresenta l'aspirazione a superare i limiti fisici della natura umana per ascendere a una condizione di superiore spiritualità. Per Giuseppe Vanni invece, qui alla sua terza raccolta di poesie, il trasumanare è la trappola nella quale cade l'uomo contemporaneo quando tenta disperatamente di trovare un significato più profondo alla propria esistenza.
L'uomo ormai non si trova più al centro dell'universo, come indicava l'umanesimo quattrocentesco, ma in mezzo a una landa desolata, inaridita dallo strapotere dei mercati finanziari e degli strumenti di comunicazione tecnologica, nella quale ogni tentativo di redenzione è destinato miseramente a fallire. In questo gigantesco meccanismo, dove le relazioni sociali non generano più alcuno slancio innovatore, il potere della Ragione fatalmente regredisce e conduce alla perdita dell'idea di felicità.
La raccolta Transumanesimo, edita da FaraEditore, è costituita da un prologo iniziale e da quattro sezioni: “Crepuscolo (2008 - 2019)”, “Zeitgeist - Secolo XXI”, a sua volta suddiviso nelle raccolte Declino e Calpestare, e infine “Il mondo nuovo (2020 - ?)”. Il prologo, la poesia Genome Editing, mette subito il lettore di fronte al tema principale dell'opera: l'illusione della palingenesi, prodotto della scienza moderna, ha reso l'umanità incapace di immaginare un futuro, fondando il suo essere su un eterno presente nel quale si logora incessantemente ogni illusione (in questo tempo / frantumato / in logori conflitti / senza fine).
Schiava ormai di una mutazione perpetua che produce solo il simulacro del cambiamento, spegnendo in partenza ogni speranza di un reale progresso, e intrappolata all'interno di una logica ossessivamente operativa e procedurale, l'umanità ha smarrito qualsiasi idea dell'esistenza di Dio, cioè di una dimensione metafisica che possa svelarle il senso del proprio destino.
Ogni tentativo di trascendenza è destinato a logorarsi in un'eterna spirale di emozioni sterili e di solitudine, come recita la lirica Particelle, ispirata al romanzo Le particelle elementari, di Michel Houellebecq (Sfiniti scrutiamo il destino / degli anni millenari / solitarie particelle / degradate / ad entità elementari). Ma esiste una speranza di sottrarsi a un meccanismo tanto pervasivo e totalizzante? Se ne trova qualche traccia, anche se solo in forma ipotetica, nell'ultima parte della raccolta, “Il mondo nuovo”, nella lirica Anarchia: È tempo di riprendere il cammino / di recuperare tra le macerie / i frammenti di un nuovo destino: / mai più dell'ideologia unica / l'apologia, ma del pensiero divergente / l'epifania. Tuttavia si tratta solo di un fioco barlume, di una debole fiammella che vacilla nell'oscurità e che non lascia spazio a slanci più ampi e duraturi.
La prima parte, “Crepuscolo”, è contraddistinta dalla polemiche di taglio sovranista nei confronti dell'Unione Europea e dell'Euro. I temi sono quelli che hanno segnato la discussione nei confronti della moneta unica: lo strapotere delle istituzioni finanziarie (Riflusso); la mancanza di valori e ideali che ci proiettino nel futuro (Apostasia); la maniacale attenzione agli equilibri di bilancio (Compiti per casa); la precarietà lavorativa e salariale introdotta dalle politiche neo-liberiste legate alla moneta unica (Paraschiavismo); le sempre più crescenti diseguaglianze economiche e sociali (Inversione); il problema dei migranti e dei flussi migratori (Frontiera); infine, l'isolamento generato dal nuovo conformismo sociale in Monade, che in Psicopatologia sfocia nel disagio psichico individuale.
La seconda sezione è intitolata “Zeitgeist” (letteralmente, spirito del tempo) ed è divisa a sua volta in due parti: Declino e Calpestare. Declino si compone di nove liriche e Calpestare di otto, nelle quali riemergono le tematiche già affrontate in precedenza e che rimangono di grande attualità: in Eterogenesi, ad esempio, riappare l'impressione di essere schiacciati dall'onnipresenza della dimensione tecnologica e finanziaria (Nel buio / ci dibattiamo / lottando contro / il baratro: futuro / senza lavoro / e senza maggese / l'aratro: dov'è / dov'è il robot / il droide / umanizzato.)
In questo deserto emergono, quasi come convulsioni febbrili, delle fugaci speranze suscitate da ciò che rimane della politica (Sale allora dall'aula / sorda e grigia / il reddito di cittadinanza / rinnovata utopia / dell'uguaglianza, v. Sfregio), ma presto inghiottite dall'avanzata inesorabile del dogma tecnologico (L'automazione / idolo / dell'autismo / digitale, v. Limbo). Eppure il nichilismo del turbo-capitale sembra non riuscire a soffocare ogni traccia di disperata vitalità, unica sembianza di vita ancora presente, come in Soma (Eppure si strugge / per depressione / e ci si sbatte / per disperazione) o in Scintilla (Ma siamo qui e ora / al rintocco / sequenziale / della nuova/ ucronia) o ancora in Germoglio (È vero il germoglio / che ancora vedi / affiorare / dalla fertile terra / che ti affanni / ad innaffiare?). Si tratta però solo di mendaci illusioni, che vengono presto risucchiate nell'appiattimento generale (Non c'è risposta: / ci sbattiamo / e ci bruciamo/ camminando / a ritroso / nell'innocenza / perduta /del nostro / umanesimo, Regressione). E allora, in Istrionismi, si affacciano alla mente gli incubi prodotti dall'inesorabile stasi del vorticoso fluire che ci circonda (frantumati come / particelle elementari / alla ricerca dei nostri abbecedari), gli stessi che appaiono in Geist (I baratri del tempo / che si spalanca / sulle notti insonni / sugli incubi repressi / sul deserto di parole).
La sezione conclusiva, “Il mondo nuovo (2020 - ?)” con il punto interrogativo che sembra lasciare aperta la possibilità di ulteriori sviluppi, affronta i temi legati alla pandemia e all'emergenza sanitaria, che paiono aver portato a compimento e a definitiva realizzazione le premesse degli anni precedenti. In Posologia la disillusione appare in tutta la sua completezza (La posologia / che ti inchioda / all'eterno presente / della pandemia / prevede la dose / consueta di terrore / veicolata dal media / affamato dall'orrore); in Quarantena esplode tutta l'angoscia per la situazione sanitaria nella quale siamo caduti (Eccolo il futuro transumano / il cuore alla catena / e la vita in quarantena), mentre in Scheggia emerge di nuovo il flusso incessante che ci lascia attoniti e disorientati (È un fruscio questo viaggiare / un attimo infinito / mille volte rivissuto: / tutto è vento senza posa, / senza bussola un vivere) e Uomini e cani dipinge a tinte fosche la nuova condizione umana (È ora che della pandemia / il ghigno feroce / ti frantuma l'amnistia / la ritrovi l'angoscia / che ti teneva compagnia).
Solo l'epilogo finale, con la lirica Trasfigurazione, lascia una traccia di ottimismo (rivivrò l'origine / e sarò di nuovo in me / e fuori di me, umano / non più transumano). Riemerge allora la speranza di recuperare l'innocenza delle origini, l'umanesimo che ci condurrà finalmente alla libertà.
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