Francesca Ribacchi, Isole di carta pellegrine, Edizioni Efesto 2019
recensione di AR
Una raccolta “salvata”, essenziale, ricca di richiami all’arte e ai miti, al vissuto e alla forza dei sentimenti, delle passioni, della natura: “Piangeva la vòlta notturna / bagliori favìlle / bagnava il bòsco piagato / riverso sul fiùme stellato” (Novella, p. 27). Già da questi versi possiamo colgliere alcune caratteristiche della poetica di Francesca Ribacchi: l’uso di un metro libero ma con una particolare attenzione al ritmo (in questo caso della quinta sillaba accentata), l’uso a tratti della rima, la forza visiva delle metafore (“Divengono cieli i sogni / cresciuti nella radice antica”, Notturno, p. 35), un lessico apparentemente piano ma ricco di echi e suggestioni. Altri punti di forza sono la discesa nel profondo con un aggancio a intriganti correlativi oggettivi e/o riferimenti alla mitologia, e l’ambiguità sintattica (per cui una parola può svolgere più funzioni grammaticali): “Nelle nubi riposa la voce / ai venti dell’incertezza” (Voce muta, p. 53, “riposa” può essere voce dell’imperativo o dell’indicativo); “La sofferenza spegne parole / alterate dal gioco / (…) / di esistenze imprigionate / nel macero vizio del tempo” (Il quarto giocatore, p. 59, “macero” può essere sostantivo o aggettivo); “Affonderò nel tuo sperma / la spada infinita / Demone” (Giuramento, p. 63); “la tua ombra d’argento / salda paziente / mi rifugia” (Ulivo, p. 65, qui “salda” può essere intesa come aggettivo e come del verbo “saldare”); “Libera lieve / felicità / baci e carezze / su stracci di offese” (Lieve felicità, p. 69, “libera” può anche qui essere intesa come verbo o come aggettivo); “brezze / correranno nude a te” (Oracolo, Parola, p. 79).
Come scrive Valerio Carbone nella perspicua Prefazione: «La poesia può molto se tenuta viva. Fare poesia è saper plasmare il magma nel caos; è l’approdo sicuro in un luogo chiamato “parola”, la fase temporale della volontà che ordina e costruisce i tempi e il senso dell’esistere” (p. 10). E più avanti citando la stessa Ribacchi: «“Scrittori e lettori dovrebbero divenire un unico corpo che mantenga il timone saldo tra le mani fino al porto. Un navigare insieme verso un pensiero fondato sul rispetto del dolore, delle passioni e delle fragilità di ognuno”» (p. 11): una bellissima dichiarazione di poetica che non possiamo non sottoscrivere.
PS I versi che fanno da titolo a questa recensione costituiscono la prima strofa di Emozione (p. 33)
recensione di AR
Una raccolta “salvata”, essenziale, ricca di richiami all’arte e ai miti, al vissuto e alla forza dei sentimenti, delle passioni, della natura: “Piangeva la vòlta notturna / bagliori favìlle / bagnava il bòsco piagato / riverso sul fiùme stellato” (Novella, p. 27). Già da questi versi possiamo colgliere alcune caratteristiche della poetica di Francesca Ribacchi: l’uso di un metro libero ma con una particolare attenzione al ritmo (in questo caso della quinta sillaba accentata), l’uso a tratti della rima, la forza visiva delle metafore (“Divengono cieli i sogni / cresciuti nella radice antica”, Notturno, p. 35), un lessico apparentemente piano ma ricco di echi e suggestioni. Altri punti di forza sono la discesa nel profondo con un aggancio a intriganti correlativi oggettivi e/o riferimenti alla mitologia, e l’ambiguità sintattica (per cui una parola può svolgere più funzioni grammaticali): “Nelle nubi riposa la voce / ai venti dell’incertezza” (Voce muta, p. 53, “riposa” può essere voce dell’imperativo o dell’indicativo); “La sofferenza spegne parole / alterate dal gioco / (…) / di esistenze imprigionate / nel macero vizio del tempo” (Il quarto giocatore, p. 59, “macero” può essere sostantivo o aggettivo); “Affonderò nel tuo sperma / la spada infinita / Demone” (Giuramento, p. 63); “la tua ombra d’argento / salda paziente / mi rifugia” (Ulivo, p. 65, qui “salda” può essere intesa come aggettivo e come del verbo “saldare”); “Libera lieve / felicità / baci e carezze / su stracci di offese” (Lieve felicità, p. 69, “libera” può anche qui essere intesa come verbo o come aggettivo); “brezze / correranno nude a te” (Oracolo, Parola, p. 79).
Come scrive Valerio Carbone nella perspicua Prefazione: «La poesia può molto se tenuta viva. Fare poesia è saper plasmare il magma nel caos; è l’approdo sicuro in un luogo chiamato “parola”, la fase temporale della volontà che ordina e costruisce i tempi e il senso dell’esistere” (p. 10). E più avanti citando la stessa Ribacchi: «“Scrittori e lettori dovrebbero divenire un unico corpo che mantenga il timone saldo tra le mani fino al porto. Un navigare insieme verso un pensiero fondato sul rispetto del dolore, delle passioni e delle fragilità di ognuno”» (p. 11): una bellissima dichiarazione di poetica che non possiamo non sottoscrivere.
PS I versi che fanno da titolo a questa recensione costituiscono la prima strofa di Emozione (p. 33)
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