recensione di Vincenzo Capodiferro
pubblicata su INSUBRIA CRITICA
Nel fiato umido dell’autunno, Fara 2019
Poesie espressioniste e riflessive dai colori caldi
che si fondono nel fresco autunnale
Nel fiato umido dell’autunno è una raccolta di poesie di Suor Mariangela De Togni, edito da Fara, Rimini 2019, opera seconda classificata al concorso Narrapoetando 2019. Suor Mariangela De Togni, nativa di Savona, delle Orsoline di Piacenza, è insegnate e musicista, nonché membro dell’Accademia “G. Marconi” di Roma. Da tanto è dedita alla poesia, la sua prima raccolta – Non seppellire le mie lacrime – risale al 1989. Ha pubblicato diverse raccolte di versi, tra cui segnaliamo le ultime: Fiori di magnolia (2011); Frammenti di sale (2013) e Si può suonare un notturno su un flauto di grondaie? (2016) prima classificata al Faraexcelsior. Leggiamo dalla prefazione di Silvia Castellani: «Nei versi compaiono il chrònos ed il kairòs, quest’ultimo tempo legato all’esperienza, osservazione, comprensione e interpretazione … Nella poesia Quali frammenti di cielo, vi è la domanda. “Ma dove camminare / per cogliere lo spazio / della memoria?”. Mi sovviene alla mente quella “distensione dell’anima” teorizzata da Sant’Agostino per la quale il tempo sarebbe una dilatazione dell’anima verso l’interno che dà origine ad espansione spirituale protesa in avanti». Il tema del tempo è fortissimo. Inutile ripetere il grande Agostino. Nell’anima esiste solo il presente: il presente del presente, il presente de passato, il presente del futuro … E il tempo in parte è determinato, è fato, destino, karma, chiamatelo come volete, in parte è libero. E questa è la bellissima armonia dei contrari di Crono, il tempo vorace, che mangia i suoi figli e Cairo, invece, l’opportunità del tempo, la felicità, il successo: il successo è ciò che è successo ed il lieto evento. Il fatto è ciò che avviene necessariamente ma nello stesso tempo ciò che vien fatto, adempiuto dall’uomo. Queste due dimensioni del fato stoico e della libertà dell’uomo, del fenomeno e del noumeno, direbbe Kant, nell’uomo si abbracciano. Ma torniamo a suor Mariangela …
Mi incanto a guardare
dentro il pozzo
il velo dell’acqua.
Vi galleggiano, forse,
i miei pensieri?
L’elemento acqueo, liquido, diremmo oggi, della società liquida, dell’amoreliquido, del pensiero debole, alimentano il narcisismo originario. L’incantesimo del pozzo, dello specchio – chi è la più bella del reame? – ci soggioga sempre. Forse i miei pensieri? Si tratta di una domanda profonda: i pensieri non galleggiano … riflettiamo.
Eco ma di altre maree
e di altre aurore.
E di cieli stellati diversi.
Sulla tomba di Kant vi è scolpito: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me. Si riallaccia al narcisismo: la eco dei pensieri galleggianti si riferisce sempre all’altro mondo. Vi è la dimensione della trascendenza in Suor Mariangela. Ella vive l’esperienza religiosa, ed anche mistica, che trova ristoro nella poesia e nella musica, nello studio della musica antica: il gregoriano. È tutta poesia quella! Poesia orante! Gli scienziati hanno scoperto che dentro i buchi neri vi sia una dimensione a-spaziale ed a-temporale, molto vicina all’Altro Mondo …
Ma, andiamo avanti in questa breve carrellata di riflessioni sui versi di Suor Mariangela:
L’infinito non concede ritorni
e non cancella il ricordo
della beatitudine.
L’infinito è un tema romantico. Inutile qui stare a ricordare i dolci naufragi del Leopardi! “Non concede ritorni”. Non c’è l’eterno ritorno degli Stoici e di Nietzsche. L’infinito è libera espansione, è evoluzione creatrice, come in Bergson: e torna il tema del tempo: il tempo spazializzato, o cronico, o Crono, è il tempo chiuso, ma a noi qui interessa il tempo aperto, quello durativo, dell’anima… L’anima si schiude come un fiore all’Apeiron, cioè l’aperto, nel tempo infinito che mai cancella il ricordo della beatitudine originaria, quella nel grembo di Dio, prima di essere partoriti dal Verbo, nella creazione dell’anima, quando l’anima viveva felice e beata in mente Dei.
Mentre rammendo i pensieri
ascolto il lievito nella madia
della speranza, godendo
questa luce ultima nel vento
pieno di stelle.
Chi si ricorda la madia? Quel cassone di legno ove si riponeva la pasta del pane a lievitare, prima di essere infornata? Io sì. Lo stile di Suor Mariangela tra effusioni mitiche e intrusioni albeggianti nei fondali dell’anima, quasi crepuscolari.
Anche le stelle hanno voce,
se ascolti,
e la sabbia il suo silenzio,
nell’aria quasi bianca
come un sospiro di luna.
I Pitagorici contemplando i cieli riuscivano ad auscultare i moti degli astri. Noi moderni abbiamo perso questa sensibilità, tutti presi da mille faccende e dai quadretti – i cellulari – che ci portiamo appresso giorno e notte. In un panorama neo-leopardiano si apre un silenzio inumano: i “sovrumani silenzi” di Giacomo. Solo grazie a questo silenzio possiamo ascoltare il cielo, cioè Dio. «Nel fiato umido dell’autunno è un canto,» – scrive sempre Castellani nella prefazione - «una preghiera luminosa che lungo una strada piena di vita sale fino alla cima della montagna più alta provando a toccare il cielo …». Sulle montagne di solito la Deità si manifesta: sui Sinai, sui Tabor. Bisogna salire. La poesia è preghiera, è salmo. La poetica di Suor Mariangela si ricollega alla poesia religiosa, di cui citiamo solo un nome: David Maria Turoldo. Tutti gli antichi poemi mitico-religiosi denotano che l’oratio originaria si rivolge all’Assoluto sotto forma poetica. La póiesis ci avvicina alla creazione originaria: in principio era il Logos ed il Logos era presso Dio. tutto si sviluppa dell’oralità originaria che risuona nel silenzio primigenio, pre-cosmico, quando l logos pensava tra sé e sé: l’in-sé, l’inseità dell’essere. poi dopo l’ente diventa per sé: la perseità.
Hai mai ascoltato il canto solitario
di un usignolo che il suo nido
ha ritrovato?
Ricorda Il passero solitario. Il poeta è un solitario. Innanzitutto è un solitario in quanto è un’isola – ma non una monade leibniziana, senza finestre, né porte –, però il più delle volte è condannato alla monadicità, cioè all’isolamento, all’incomunicabilità, all’interdizione. Come Cassandra il poeta spesso è costretto a dire, se non altro a velare la verità: a manifestarla, ma più delle volte a nasconderla.
Se scarto il silenzio
delle grondaie
nel gelo dell’inverno …
Scrivere è estrarre
dalla propria anima la bellezza …
Le parole sono impastate di silenzio, di pause. Il foglio è più bianco che nero. Lo scritto è poco. Lo spazio tra una parola e un’altra, l’antica epochè degli stoici-scettici, dà il senso a tutte le cose. Noi siamo voce emessa nel silenzio dell’universo: l’“atomo opaco del male” che vacilla nel fondo abissale. Siamo soli all’universo. La solitudine dell’umanità in parte è confortata dalla presenza degli animali innocenti, o dalla credenza che qualcun altro abiti le remote sponde dell’immenso oceano dello spazio celeste.
la poesia di Suor Mariangela è molto profonda e riflette il suo processo di spiritualità. La poesia è la propagazione del linguaggio originario, vicino all’essere, secondo Heidegger. Nel fiato umido dell’autunno rivela una stagione travolgente, ove la Natura si spoglia, si dà all’inverno, cioè alla morte apparente, allo strazio, alla nudità. L’autunno è fresco, ma assume colori caldi, rossi. La Natura si umanizza, respira, emette questo fiato che ci ricorda il bue e l’asinello, il presepe vivente del mondo. Autunno ispira nostalgia e malinconia: la fine dell’estate, dell’allegria. Oggi abbiamo dimenticato queste emozioni. esiste solo un’unica stagione, ove tutto è piatto, uniforme, noioso.
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