giovedì 10 maggio 2018

Il filosofo Valtero Curzi su "Pareidolia", nuova silloge poetica di Lorenzo Spurio



L’ultima opera di poesia di Lorenzo Spurio ha un titolo particolare «Pareidolia», che può ingannare se preso nel suo stretto significato etimologico, cioè oltre l’immagine, come ciò che si vede ma non c’è, frutto di una elaborazione fantastica dal reale, un processo psichico; ossia immagine illusoria su materiale reale. Ma già dai primi versi nulla c’è da immaginare ed elaborare fantasticamente, perché la sua poesia è «testimonianza» su una realtà evidente e chiara di per sé, in una piena «oggettività» che il lettore non può non farsi carico del significato trasmesso.
Poesia civile, potremmo parlare, poesia che si fa carico della tremenda problematicità del mondo contemporaneo, delle sue contraddizioni e sue violenze, disagi e conflitti. Quindi, se «pareidolia» è vedere ciò che non c’è, saremmo portati a pensare che vi sia una lacerante contraddizione fra la titolazione delle silloge e il suo messaggio poetico contenuto, quasi un inganno al lettore. Ma è in tutt’altra direzione, invece, l’intento poetico di Lorenzo Spurio perché se il suo sguardo sta dentro quello che Luigi Blasucci ha definito, in una sua critica leopardiana, come «pensiero poetante e poesia pensante», il legame fra poesia e filosofia è strettissimo, intendendo per quest’ultima la propensione alla conoscenza, all’amore per la conoscenza proprio di ciò che non è evidente e forse nemmeno appare ma esiste.
I suoi versi trattano realtà tanto evidenti e tragiche che «ciò che non c’è» (pareidolia) è in quel che c’è, come mancanza nella società della capacità di farsi carico proprio di ciò che è evidente e necessita interessarsi e cambiare, opporsi come etica civile. Il suo messaggio poetico diviene una denuncia di accusa all’indifferenza con cui l’opinione comune non se ne fa carico di quella tragicità enunciata; i suoi versi nel loro realissimo svilupparsi esplicativo, in quel pensiero poetante fatto in poesia pensante, per dirla sempre alla Blasucci, costringe a pensare proprio quel che non c’è per il lettore che si ferma ad un approccio di “superficie”.
L’opera di Lorenzo Spurio, poi, si snoda e costituisce in quattro «dimensioni», o sguardi poetici, che vengono rappresentati tutti dal titolo «Pareidolia», che dà poi il titolo ad uno di essi e quindi è poetica di sintesi di varie forme interpretative. Il concetto di «pareidolia», pertanto, nella sua poetica, paradossalmente, assume l’opposto di quel che comunemente si intende: non più «vedere ciò che non c’è», ma far vedere ciò che non viene colto. Ma soprattutto far emergere ciò che non è interpretato come reazione e quindi impegno civile di cambiare le condizioni affinché ciò che è mostrato non avvenga più.
Questo è ciò che fa poesia in Lorenzo Spurio, e sono le grandi tragedie umane che accadono e sono accadute, oltre naturalmente i drammi di singole anime esistenziali che testimoniano una realtà non vista nella sua essenza di tragedia. Se denuncia, egli, vuol indicare e sottolineare altre dimensioni esistenziali che quei fatti hanno negato ma che esistono. Quasi, filosoficamente parlando, ci vuol mostrare una realtà virtuosa negando il suo opposto, nega per affermare, perché negando la negazione si coglie la vera identità e essenza di una realtà. Ecco l’impegno civile della sua poesia, mai retorica o sopra le righe di oratoria poetica, ma garbata presa d’atto di una cruda realtà, la quale nella sua negazione salvaguarda il suo opposto. Negare il male per affermare il bene, ecco il messaggio profondo.


VALTERO CURZI

Senigallia, 10-05-2018




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