giovedì 15 febbraio 2018

Un racconto sul rapporto tra il tempo, una bambina e una mamma in carriera










PRESTO  PRESTO 
un racconto della scrittrice serba
Milica Jeftimijević Lilić



„Che giorno è oggi, mammina?” chiese Dada con gli occhi semichiusi.
“Domenica, tesoro”,  rispose la madre.
Piena di gioia la bambina fece un salto.
“Urrà! Oggi, allora, non vai al lavoro, neanche papà”, concluse lei tutta felice.
“Posso, quindi, continuare a dormire, e pure tu insieme con me”.
Chiuse gl’occhi e si addormentò tranquilla.
La madre osservava il volto placido della bambina. Le lunghe ciglia
nascondevano gli occhi curiosi e vivaci.
“Che mondo si nasconde dietro, come si svilupperà, dove arriverà?
si chiese la madre.
Paurosa e non ancora indipendente, la bambina procurava, a volte, mille
angosce alla madre. Di sera non riusciva ad addormentarsi, al mattino
si svegliava con difficoltà e amava rimanere a letto, ma accanto alla mamma.
Le mamme, però, hanno mille impegni, corrono sempre e sono nervose.
I bambini prendono questa circostanza come mancanza d’amore e
d’attenzione, e perciò soffrono inutilmente.
Di buon umore dopo aver dormito abbastanza, Dada si rivolse alla madre:
“Mammina, possiamo giocare insieme oggi che non hai fretta? Papà ci
può portare a passeggio e stare tutta la giornata con noi?”
“Lo farà, certamente. E adesso va’ subito a lavarti, a vestirti e a fare colazione!”rispose la madre.

La piccola Dada non ha ancora la percezione del tempo e non sa affrettarsi.
Il suo tempo per vestirsi, fare la colazione e prepararsi, dura sempre molto a lungo e la madre si innervosisce. Di domenica è più tollerante perchè il suo ‘orologio interno’ fa il tic tac più lentamente e non la rammenta di doversi sbrigare come nei giorni lavorativi. Cerca di far capire alla figlia attraverso le fiabe e le canzoncine la necessità della fretta, nominando il disubbidiente Ziziban, il pigrone Gascio, ma tutto ciò spesso fa poco effetto. Invece di ubbidire, Dada diventa dispettosa: rifiuta di vestirsi, di sbrigarsi e la madre comincia ad innervosirsi perchè la sua pazienza si è esaurita senza aver ottenuto alcun risultato, quindi, ha perso tempo inutilmente. Non ha finito di sbrigare le faccende di casa e già deve recarsi al                                 
   lavoro. Si sente il reciproco nervosismo, si arriva a scambi di parole
che non portano in nessuna direzione. Nella stanza come un eco
ondeggiante è sospesa in aria la parola fretta e impotente: presto, presto.   
Così ogni giorno prima di alzarsi, prima di andare all’asilo, sempre...    
La bambina ha capito, pare, che questa è una parola spaventosa alla quale    
si deve opporre e la ignora ostinatamente,  la madre non è in grado di trovarne                                                  
un’altra con lo stesso significato che avrebbe un effetto migliore.  
Spesso se ne accorge di essere   anch’essa succube del tempo, del suo 
ruolo dominante su tutti noi. Ecco, lei già impone alla propria figlia,
che è alla soglia della vita, un senso di responsabilità riguardo al tempo,
e ciò le dispiace.
Ma che altro può fare e come risparmiarla? Con nostalgia pensa a come è bella
e spensierata l’infanzia e che la sua bimba nemmeno ne è consapevole.
Se non ci fossero ricordi di quel periodo, sarebbe quasi come se  non lo avessimo vissuto!

Mentre la madre preparava la colazione, la piccola Dada stava nella sua stanza
inventando qualcosa. Di là si udì la sua voce:
“Mammina, vogliamo fare un gioco: che io sono madre e tu figlia?
Contenta di poter passare la giornata in casa, lei accettò con entusiasmo la proposta.
Dopo qualche attimo, Dada entrò in fretta nella stanza vestita degli abiti della madre gridando:
“Come, la colazione non è ancora pronta? Non posso arrivare tardi al lavoro! Si  
può fare più in fretta?”
Si è avvicinata al lavandino dove c’erano le tazzine sporche e ha cominciato a criticare:
“E questi giocattoli , che stanno a fare qui? Perché non li metti al loro posto,  
fannullona, che non sei altro? Tocca sempre a me andare per casa e raccoglierli.
Si è seduta al tavolo tutta seria sospirando profondamente:
“Dio mio, con questi bambini non si sa come fare, come educarli. Fanno   
disordine per tutta la casa, vanno gironzolando...
“Mammina, sei molto arrabbiata”, osservò la madre scherzando e facendo la   voce da bambina.                                              

                                                            
“Arrabbiata, ma ancora di più! Oggi scoppierò dalla rabbia quando il
direttore mi pagherà lo stipendio mensile talmente basso che non potrò comprarvi nemmeno delle gomme da masticare. Quello sì che mi farà arrabbiare!
“E cosa farai, mammina? chiede di nuovo la madre scherzando.
“Hm, cosa farò, gli dirò di darmi la paga sua, e che lui si sbrigasse a lavorare
 di più e a guadagnare di più.”
“Hai pensato veramente bene, mamma”, sorride la madre.
“E certo che devo pensare così”, ribatté Dada seriamente,  “con queste
figlie mie non riesco a venirne a capo, mi fanno spendere per le cose inutili un sacco di soldi tutti i giorni!
All’improvviso alzò la voce:
“Ancora non hai finito di mangiare? Presto, presto se vuoi diventare grande!
Non sai come si diventa mamma?”
Si girò in fretta e corse nel giardino.



Traduzione: Igor Pisani e Mirjana Jovanović




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