lunedì 9 ottobre 2017

“Cancella la neve / rare orme. / Pare / assente la vita”

Mariacristina Pianta, Camillo e gli altri, Mimesis 2016
recensione di Angela Passarello



Il nuovo libro di Mariacristina Pianta, composto da brevi prose e da poesie, si connota per l'impronta impressionista, individuabile nei testi, che come schegge accennano a paesaggi onirici, alla solitudine dell'uomo, alla perdita, al tempo, misura delle cose. La copertina e le illustrazioni di alcune poesie sono stati magistralmente realizzati, con  le tecniche della china e dell'acquarello, da Luisella Deiana Patetta. La perdita di Camillo, l'amato gatto della poetessa, al quale sono dedicati una lettera e diversi testi poetici, diventa presenza, che supera nel ricordo l'ineluttabilità della morte.  Il lutto  si trasfigura, rivive, si  fa mondo.
La lettera a Camillo ci introduce  e chiarisce il legame profondo  dell'autrice  con la parola poetica e la consapevole accettazione dell'interdipendenza che attraversa  gli esseri e le cose. Dalla lettura si evince l'intensità delle atmosfere, colte e trattenute da uno sguardo, attento alla realtà, ai suoi legami, ai suoi enigmi e ai molteplici  richiami  di cui la vita si compone. Il dolore, la perdita, vengono tutelati, cantati, e, come in un canone, risuonano, immersi nell'incatturabilità del tempo, che soltanto la poesia può sottrarre. La mente è lo  spazio possibile in cui  raccogliere, anche se per pochi attimi, squarci di labili ricordi. La memoria svanisce, effimera,  risucchiata dal finire delle cose: pag. 45 “Cancella la neve / rare orme. / Pare / assente la vita”. Nel viaggio esperienziale di Mariacristina Pianta, Camillo é anche l'altro, riconoscibile nelle persone e nei paesaggi, condivisibili ombre,  presenze, di cui la poetessa,  in pochi tratti,  ci rende partecipi: pag. 53 “Lunghi veli neri / si curvano al vento / tra alte mura”. La perdita sembra scandire ritmi in un consapevole non ritorno, infatti, i ricordi, le persone scompaiono o rivivono, senz'anima, nella trama del tempo. La poesia di Mariacristina Pianta celebra il vissuto, la malinconia intrinseca alle cose,  per testimoniare attraverso la parola come  la memoria è rappresentazione fragile dell'esistente: pag. 44. 
“Si illumina tortuoso / cammino, evento nuovo/ per noi allora bambini…” 
Rievocazioni e meditazioni  sono i custodi della  parola poetica, che come un mantra ripetuto,  riappacifica e recupera, attraverso  una possibilità  di scrittura, segni di lacerazioni, squarci di ombre significative, amate. Al potere del tempo, artefice  di vita e di morte, la poesia può sottrarre  una pagina bianca, luogo sacro, dove, viva la parola  poetica, si fa strumento salvifico: pag. 26 “… resta sospeso / uno spazio bianco / rapido s'insinua / tra le nostre  piccole / storie / quando imbronciato il sole / nasconde il suo sguardo”. Giampiero Neri,  nella breve nota introduttiva al libro,  conclude: “Ma è tutto il lavoro  che ha dei punti di forza e che risulta convincente.”

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