nota di lettura di AR
La raccolta è suddivisa in tre
sezioni: “Viole del pensiero” (fino a p. 25), “Nuvole” (fino
a p. 41) e “Fiori di mandorlo”. Le poesie occupano solo le pagine
dispari avendo quindi sempre a sinistra lo spazio bianco del
silenzio, di ciò che è inesprimibile ma che è necessario spazio
perché noi (e le nostre parole) possiamo prender corpo, così come
troviamo nell'esergo di Nino Pedretti scelto per introdurre l'ultima
sezione “Senza dir nulla a nessuno / e senza un preventivo di
spesa / il mandorlo stanotte ha messo i fiori”.
Questa umile “festa quotidiana” di
Maldini ci pone davanti all'amore, alla libertà, alla verità. Nella
notevole e utilissima Prefazione, Francesco Gabellini scrive: “Credo
che Stefano Maldini sia uno di quei poeti, e pertanto di quegli
uomini, cui appartiene la grazia”. Sottoscriviamo e aggiungiamo che
la grazia implica il vaglio della verità.
La vera verità è intangibile,
afferisce al mistero, è la luce instancabile
che corrode i confini della libertà e
discioglie (ma non distrugge) al contempo il nucleo del male che ci
pone davanti alle scelte, quotidiane o cruciali che siano. L'esergo
celaniano scelto da Maldini – “Chi dice la verità, dice le
ombre” – ci ricorda che le parole possono evocare, emozionare,
creare metafore, analogie, condividere pensieri, ma sempre come atto
di fede, un atto che implica un salto appunto nell'ombra, perché la
luce assoluta le (ci) vaporizzerebbe, se non ci si abbandona al
mistero della grazia (ovvero all'amore gratuito e incondizionato) del
Padre.
Questo poeta-viaggiatore si confessa agostinianamente usando correlativi oggettivi palpitanti con una ironia evangelica (amorevole): «in questo giardino di rabbia / ho ripensato alla vita / a come ci consuma le parole / un silenzio e li ho sentiti / chiamarmi piano dai rami / come farò adesso / a pronunciare uno per uno / i loro nomi arancioni / a ringraziarli / a non lasciarli inghiottire / dalla voce del tempo / i fiori nuovi dei melograni?» (p. 21); «partendo ti riempio / silenzio bianco / e prigioniero mi riconosco / tra il tuo deserto / e il mio inchiostro di senso» (p. 23)… sì perché il senso è in fondo in-chiostrato, cioè chiuso nel chiostro di una grammatica, di una sintassi, di un lessico, di una ideologia, di un credo che cercano di esprimerlo e di condividerlo. Le lettere, che oggi più dell'inchiostro usano i pixel, sono molecole per dare forma a una poetica che parte da terra (anche dalle sconfitte) per tendere “festosamente” oltre (cf. p. 25).
Con l'amata al fianco dormiente in un velivolo sopra l'Altaj, il Nostro si chiede: «passeggio intanto e sono / un'acqua ancora, un raggio / bianco, una betulla – forse / non sono davvero più nulla» (p. 33). E più avanti: «Francesca le mie mani / rondini da te ritornano / giorno dopo giorno» (p. 51); «sgusciamo insieme / tu dalla malinconia / io dalle interpretazioni / se ti recito ti accolgo / la distanza non si sfuoca / e il corpo che mi parla / è un'altra lingua» (p. 57). Questi ultimi sono i versi che chiudono il “giorno”. Ci sembrano un bellissimo, emozionante, compendio della poetica di Stefano Maldini.
Questo poeta-viaggiatore si confessa agostinianamente usando correlativi oggettivi palpitanti con una ironia evangelica (amorevole): «in questo giardino di rabbia / ho ripensato alla vita / a come ci consuma le parole / un silenzio e li ho sentiti / chiamarmi piano dai rami / come farò adesso / a pronunciare uno per uno / i loro nomi arancioni / a ringraziarli / a non lasciarli inghiottire / dalla voce del tempo / i fiori nuovi dei melograni?» (p. 21); «partendo ti riempio / silenzio bianco / e prigioniero mi riconosco / tra il tuo deserto / e il mio inchiostro di senso» (p. 23)… sì perché il senso è in fondo in-chiostrato, cioè chiuso nel chiostro di una grammatica, di una sintassi, di un lessico, di una ideologia, di un credo che cercano di esprimerlo e di condividerlo. Le lettere, che oggi più dell'inchiostro usano i pixel, sono molecole per dare forma a una poetica che parte da terra (anche dalle sconfitte) per tendere “festosamente” oltre (cf. p. 25).
Con l'amata al fianco dormiente in un velivolo sopra l'Altaj, il Nostro si chiede: «passeggio intanto e sono / un'acqua ancora, un raggio / bianco, una betulla – forse / non sono davvero più nulla» (p. 33). E più avanti: «Francesca le mie mani / rondini da te ritornano / giorno dopo giorno» (p. 51); «sgusciamo insieme / tu dalla malinconia / io dalle interpretazioni / se ti recito ti accolgo / la distanza non si sfuoca / e il corpo che mi parla / è un'altra lingua» (p. 57). Questi ultimi sono i versi che chiudono il “giorno”. Ci sembrano un bellissimo, emozionante, compendio della poetica di Stefano Maldini.
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