recensione di Luca Ariano
Vincenzo D’Alessio (1950) è una delle voci più interessanti della poesia
contemporanea e dei poeti meridionali. Forse proprio questo ha fatto sì che non
arrivasse a pubblicare presso grandi editori o a causa della sua poetica
“civile” così scomoda e così forte. Per Fara Editore è uscita l’antologia La valigia del meridionale e altri viaggi
che raccoglie poesie dal 1975 al 2011 con una sentita e puntuale prefazione di
Anna Ruotolo. La giovane poetessa campana sottolinea come D’Alessio sia un
maestro per i più la nuova generazione e lo si evince dalla dichiarazione di poetica (p. 15)
dove il Nostro esplica il suo poetare da quasi quarant’anni. Non è forse un caso
che la sua prima raccolta sia uscita nel 1975, anno della morte di Pasolini e,
come il poeta friuliano, D’Alessio, descrive nei suoi versi una civiltà contadina
meridionale distrutta da un finto progresso che ha lasciato solo sfacelo e
macerie. I giovani, e non solo, sono dovuti emigrare, spesso senza fare più
ritorno: “Noi giovani emigrati del Sud / pietre staccate da montagne / restiamo
a Nord vestiti / di lutto per la
terra nemica […]”. Poesia civile, di forte impatto con una versificazione
compatta e ben costruita che
ricorda l’opera di Leonardo Sinisgalli o di Rocco Scotellaro, maestri citati
dal poeta stesso: “[…] Torneremo soli al Sabato / con Rocco e Leonardo /
resteremo sempre distanti / partigiani meridionali.”
Molto struggenti anche le
poesie dedicate agli affetti famigliari, come quella per il figlio Antonio,
prematuramente scomparso, a cui ha dedicato nel 2009 la raccolta Figli (ed. G.C. "F. Guarini", Montoro, 2009) o la poesia
dedicata al pane di Montefusco dove in tempi di Slow Food e di mode e finte
mode sui cibi biologici anticipa il recupero di certe tradizioni, in primis,
alimentari, spazzate dall’omologazione e dall’industrializzazione della
produzione.
Questa raccolta ha il pregio di descriverci decenni di sofferenze per il
Sud, per generazioni e la poesia pare essere rimasta l’unica arma per
resistere: “Proteggete le tombe dei poeti / che non le raggiunga la morte
/ moneta della dimenticanza /
pulitele dalla fretta dell’addio […]”
Oltre il verde
C’è qualcosa oltre il
verde
che attrae i nostri
pensieri
la terra e il sudore
degli uomini
confusi nelle spire del
tempo.
Chiazze assolate di ulivi
(dolcezza di una donna
paziente)
le speranze di un grande
avvenire.
Il nonno era il mito
terreno
mio padre l’impegno in
persona.
È morta la terra da arare
e
mille fabbriche hanno
stretto d’assedio
le macchie di aceri e
querce.
Non amo il progresso
assassino
univoco nel dare
benessere.
Disegno con lampi
d’ingegno
una siepe e il profumo di
lievito.
***
a
Michele Caliano
Gli operai sono tornati schiavi
i padroni ingrassano i cani
Michele dorme di giorno
fa turni di notte
Siamo nani
di fronte al potere oscuro
La Camorra chiama compare
chi l’aiuta
L’auto del futuro passa rombando
sopra le scritte
sui
nostri muri.
***
Pensiero meridionale
forte e umano in cerca
di libertà sempre negata
soffocato dai politici
odiato dagli ignoranti
temuto dai potenti
Pensiero presente in
mezzo
ai giovani Noi siamo
la spola degli artigiani
il bene che separa
l’orrore delle guerre
siamo inermi Affidiamo
al canto l’ingiustizia
ai versi l’innocenza
della speranza Emigriamo
con la voglia di tornare
alle nostre case domani
Pensiero meridionale
senza mafia bestiale
con la giustizia
impotente
contro l’odio della gente
Andiamo a illuminare
il cielo di domani.
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