Una vecchia
Guzzi e mio padre
- mi sembrava
un gigante – sui tornanti.
Mi diceva
indicando uno spicchio più azzurro
tagliato
lontano tra i monti:
«Vedi? Quello
laggiù è il mare».
E aveva un
limpido riso da buono
mio padre che
appena conobbi
e risento quel
dolce sapore
di azzurro
tagliato tra i monti.
La vita si
inerpica a volte si sfascia,
ma restano
sempre i più dolci
ricordi.
Le mani che
cercano l’ombra.
BRUNO BARTOLETTI
presenta il suo ultimo libro
Sparire in silenzio ritrovando il vento delle strade
GIOVEDÌ 25 OTTOBRE, ore 21.00
Santarcangelo di Romagna, biblioteca
“Antonio Baldini”
Interviene
e coordina Narda Fattori
“Il
poeta scrive perché si compia il destino della parola che è quello di essere
ascoltata” (Mario Luzi).
Bruno Bartoletti, Sparire in silenzio ritrovando il vento
delle strade (poesie),Youcanprint Editore, Lecce, pp. 122.
recensione di Narda Fattori
Bartoletti di tanto in tanto ci induce a
soffermarci sui versi che ha appena pubblicato. Non lo si può dire prolifico:
tre, quattro libri in un paio di
decenni al contrario fanno pensare a quanto lasci decantare la sua scrittura
che, quando appare, deve essere armoniosa, coerente, non futile né inutile.
Credo che oggi i poeti debbano
porsi proprio il problema della capacità di e-ducere della poesia nell’ambito
della società e non ritrovarsi a contarsi in sterili reading di un do ut des;
ma quali motivazioni ha il poeta, anche il poeta Bartoletti, che pure spinge
sul pedale della memoria e dell’etica?
“Ogni tanto mi accorgo che la
penna ha preso a correre sul foglio come da sola, e io a correrle dietro. È
verso la verità che corriamo, la penna e io, la verità che aspetto sempre che
mi venga incontro, dal fondo d’una pagina bianca, e che potrò raggiungere
soltanto quando a colpi di penna sarò riuscita a seppellire tutte le accidie,
le insoddisfazioni, l’astio che sono qui chiusa a scontare.”
questo scriveva Italo Calvino. E citando Fortini,
Bartoletti fa proprio il suo incitamento : forse la poesia non serve a nulla,
“ma scrivi”.
Perché nei versi ci incontriamo e
ci scontriamo, e lo facciamo da sempre, da quando l’uomo ha acquisito il suo
statuto di umanità. E se , come dice Federica Nightingale “ La Poesia non si muove e quando lo fa
si muove poco. La Poesia è lenta, un bradipo con ali leggere, un volto senza
corpo e fatto d'occhi. La Poesia non cammina, scorre. La Poesia non parla,
segna. La Poesia non paga, ri-paga. La Poesia è un collo di cigno che guarda
dentro il lago e, a volte, vede il futuro.” non incontrarla ci diminuisce e ci
lascia in un deserto di solitudine.
Questo ultimo libro di
Bartoletti, giunto dopo anni di
silenzio stampato e di attivismo culturale, si mostra come una
summa della sua poetica e delle sue riflessioni intorno alla poesia.
È totalmente un libro di prima
della fine, un libro che ascolta i silenzi; i silenzio non sono mai vuoti, sono
i coacervi della memoria, le voci degli assenti, ci parlano dentro e attorno si
fa una gran quiete, ferma e
attiva.
Proprio come se questo fosse
l’ultimo scritto, troviamo la memoria che signoreggia nei versi, l’intelligenza
che cattura le immagini e le fa parlare; credo non manchi nessuno all’appello.
Ci sono i versi sui fondamentali dell’esistenza: padre e madre e moglie e amici
e luoghi, incontri, eventi, emozioni. Mai, come in questo libro Bruno ci parla
delle persone che hanno costruito le mura maestre della sua personalità:
il padre, minatore, la meraviglia
di se stesso bambino davanti alla Guzzi rossa e il cruccio del sopravvissuto,
lui al padre, perché i padri portano fardelli e spartiscono sicurezze che vengono
a mancare alla loro prematura scomparsa. I figli, ancora giovanetti, non dovrebbero
sopravvivere ai padri. Credo che questo sentimento sia incuneato in tutti noi
con la stessa forza con cui sentiamo
che i genitori non debbano sopravvivere ai figli.
Non mancano nelle poesie le
figure d’amore, bozzetti incantevoli per la moglie, il nipotino, gli amici, il
proprio paese, la terra aspra e poco generosa dove vive e dove è bello vivere
perché ogni sasso, ogni giunco, ogni finestra conserva un passo del suo farsi
uomo. E ci sono splendidi versi dedicati alla sua prima scuola, pluriclasse,
ignota, dirupata e I sentieri, l’acqua le donne di Pietra dell’Uso, luogo
dell’anima per Bartoletti.
Il libro, corposo, con una
postfazione articolata che dà ragione delle scelte compiute, è suddiviso in due
vibranti sillogi che tuttavia non demarcano terreni semantici, ma appena
tracciano solchi tematici.
La prima parte è quella che più
insistentemente riflette sulla poesia e sulla parola; vengono citati poeti e
personaggi fabulosi come il gabbiano Jonathan, i personaggi di Spoon River, il
Piccolo Principe… si affidano messaggi a poeti che sono stati, poeti che
sono, poeti che verranno a
trattare la parola che, usurpata della verità, aspetta che le sia restituita. “Ho scavato parole/ ricordando la luce/ e
rompere il silenzio,/ sul tavolo le poche piccole cose/ di qualche straniero.”;
nelle parole dunque la luce, l’uscita dal silenzio, l’uscita anche
dall’anonimato dello straniero. È in quella luce che l’uomo può non disperare,
ma anche in quel silenzio vibra un’attesa di luce.
La lunga poesia ibrida che porta
per titolo “Nel taschino l’ultimo verso” ci riconcilia con la bellezza che
anche una situazione di abbandono e di solitudine può conservare se tutto è in
poesia, in questo caso particolarmente ispirata e fortemente espressiva. Credo
che Bartoletti farebbe sua questa citazione di Peppino Impastato, non poeta ma
giudice martire: “Se si insegnasse la bellezza alla gente la si
fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura, l'omertà.”
Uomo di cultura , Bartoletti ha sempre cercato di insegnare la bellezza, che non sta in canoni di misure e di accenti, ma in incanti e in stupori, in cose minime e altre grandissime, in una margherita come in una galassia.
Uomo di cultura , Bartoletti ha sempre cercato di insegnare la bellezza, che non sta in canoni di misure e di accenti, ma in incanti e in stupori, in cose minime e altre grandissime, in una margherita come in una galassia.
È il libro che più di ogni altro
racconta il Bartoletti uomo e poeta, la sua gente, i vivi e i morti. È
concreto, vibrante, aperto come un’ostrica che spalanca le sue valve per
mostrare la perla e questo carattere lo differenzia dalle precedenti raccolte,
più introverse, più chiuse in un mondo di emozioni gli vibravano dentro , quasi
da sopravvissuto. Queste poesie “di prima della fine” parlano della vita e ne
fanno un inno. Credo che chi teme la morte dovrebbe rileggerne qualcuna , come
si prende un darmaco.
Forse non mi sono soffermata sul
carattere ibrido del libro: alle tante poesie sono frammezzati pezzi di prosa a
tutto si tiene come le foglie al ramo, il discorso non cede, non si piega ad
esigenze altre ed estranee.
Dire il tanto che contiene il
libro è impresa ardua. Nessuno può uscire dalla sua lettura senza esserne stato
modificato.
Il poeta Bartoletti ci mostra
l’uomo Bartoletti con umiltà e maestria, con candore e filosofia.
Non è facile raggiungere simili
vertici; forse bisogna veramente tenere tanti anni le poesie nel cassetto e
tornare spesso a rincontrarle.
Narda Fattori
recensione di Carla De Angelis
“SPARIRE IN SILENZIO RITROVANDO IL VENTO DELLE STRADE”
di BRUNO BARTOLETTI - Youcanprint
Ecco un libro che cattura l’attenzione fin dal titolo Sparire in silenzio ritrovando il vento delle strade… chissà cosa avrà voluto dire l’autore, il poeta Bruno Bartoletti. Forse avrà preso un verso dalle sue poesie, o forse nel suo silenzio ha ritrovato il “ruach” quell’alito di vento che produce la respirazione, quel soffio leggero che ha dato inizio alla vita.
Leggerò il libro per ritrovare il silenzio del poeta, silenzio che non vuol dire tacere, ma ritrovare in se stessi quello stato magico in cui la parole sorge e prende vita. I suoi versi sono un costante dialogo con la sua terra, con la memoria che rivive attraverso suo padre e sua madre. Poesie delicate, splendide dedicate anche all’amore e all’amicizia. Sono un dono prezioso, quasi un testamento.
Continuo in punta di piedi e con cautela perché il linguaggio oltre essere incisivo è emozionante. È il viaggio attraverso il tempo. Trascorsa l’età dell’infanzia, diventiamo coscienti del tempo che passa, prendiamo atto che accanto alla gioia c’è il dolore e la perdita lungo la strada di persone e affetti. “Quando ero giovane avevo ali forti e instancabili/ ma non conoscevo le montagne. Quando fui vecchio conobbi le montagne/ ma le ali stanche non tennero più dietro alla visione” (pag. 110).
Il poeta ci ricorda di Wystan Hugh Auden: quando le parole perdono significato, la forza fisica prende il sopravvento, ma il Nostro usa le parole con grande rispetto e con amore a pag. 54 la poesia A Diego è di una struggente tenerezza.
Spero di non attendere troppo per leggere altri suoi versi.
Roma 5 ottobre 2012
Carla De Angelis
di BRUNO BARTOLETTI - Youcanprint
Ecco un libro che cattura l’attenzione fin dal titolo Sparire in silenzio ritrovando il vento delle strade… chissà cosa avrà voluto dire l’autore, il poeta Bruno Bartoletti. Forse avrà preso un verso dalle sue poesie, o forse nel suo silenzio ha ritrovato il “ruach” quell’alito di vento che produce la respirazione, quel soffio leggero che ha dato inizio alla vita.
Leggerò il libro per ritrovare il silenzio del poeta, silenzio che non vuol dire tacere, ma ritrovare in se stessi quello stato magico in cui la parole sorge e prende vita. I suoi versi sono un costante dialogo con la sua terra, con la memoria che rivive attraverso suo padre e sua madre. Poesie delicate, splendide dedicate anche all’amore e all’amicizia. Sono un dono prezioso, quasi un testamento.
Continuo in punta di piedi e con cautela perché il linguaggio oltre essere incisivo è emozionante. È il viaggio attraverso il tempo. Trascorsa l’età dell’infanzia, diventiamo coscienti del tempo che passa, prendiamo atto che accanto alla gioia c’è il dolore e la perdita lungo la strada di persone e affetti. “Quando ero giovane avevo ali forti e instancabili/ ma non conoscevo le montagne. Quando fui vecchio conobbi le montagne/ ma le ali stanche non tennero più dietro alla visione” (pag. 110).
Il poeta ci ricorda di Wystan Hugh Auden: quando le parole perdono significato, la forza fisica prende il sopravvento, ma il Nostro usa le parole con grande rispetto e con amore a pag. 54 la poesia A Diego è di una struggente tenerezza.
Spero di non attendere troppo per leggere altri suoi versi.
Roma 5 ottobre 2012
Carla De Angelis
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