mercoledì 1 febbraio 2012

Non ho fissa dimora: tre poesie inedite

di Matteo Bianchi

Tertium non datur

Le bastava occuparsi di me,
la sera di ritorno dal lavoro,
ai fornelli in cucina,
una tisana, una carezza
nel fine settimana.
La tua realtà sprovveduta
aveva una dignità,
ma la sua era la mia priorità.

E nel gioco al soldo delle tre carte
due si coprono, nell’attesa
si riveli la terza.

*

Compagna poesia

Alla mia Giulia mai.
Il fermaglio per i capelli
l’hai lasciato da me.

Se mi avessi aspettato,
avremmo perso il treno
insieme.

Più crescevano i chilometri,
più credevo ai miei segreti
e tu perdevi peso
scavata dalla fiducia che
riponevi negli altri,
ciechi, che ti passavano davanti.
Tu che non restavi
sola nel dolore,
ma che mai avevi detto solo «io».

Sarei rimasto là
convinto che il mio sguardo
fosse abbastanza:
l’autista del bus che prendevi
dietro la stazione, verso le sei
di ogni stanca settimana,
rispondeva al saluto
sovrappensiero,
la coda allo stop non l’avrebbe sorpreso
e tu sedevi in fondo,
in mezzo a chi come te
aspettava una fermata
sua o di qualcun altro,
compagno di uscita in paese o per sbaglio.

E sparivate nella confusione.

*

«Sei sicura di avere compreso
la via di mezzo?
Di averla trasformata
in zucchero davvero,
non solo di indugiare
sotto un fascio di sole,
siccome il sangue ribolle
e, finché dura, ti fa stare meglio?»
[…]
«Basta saper aspettare.
Dovremmo essere al riparo».
Balbettavi, sforzavi la cadenza
con appannati gli occhiali

pretendevi che dentro di me
provassi il rancore che
tu volevi mi ardesse.
Ma già ti avevo condannata
al girone di coloro che
vogliono essere giudicati.

Falistre di seta bianca
tra i pochi
scampati a loro stessi,
tra i troppi dannati.

 ***

«Se mi avessi aspettato, / avremmo perso il treno / insieme»; «pretendevi che dentro di me / provassi il rancore che / tu volevi mi ardesse»: in questo dettato dialogico (anche in assenza di replica esplicita) ed essenziale (di un bel taglio giornalistico, a volte, che non guasta affatto in quanto sostenuto da una ben costruita trama ritmica), in questa versificazione ancorata ai piccoli eppure esiziali accadimenti quotidiani che possono “convertire” un cammino, pregiudicare il futuro – ci pare di ravvisare un efficace timbro della poetica di Matteo Bianchi, sicuramente interessante.  (AR) 



Matteo Bianchi, classe 1987, si sta specializzando in Filologia moderna e contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È nato lo stesso giorno di Manzoni e ha segno ed ascendente identici a quelli di Pasolini... ha incominciato ad appassionarsi all’astrologia quando lo scrittore Roberto Pazzi gli ha calcolato l’ascendente. Per otto anni ha tirato di scherma presso l’Accademia estense “G. Bernardi”, e resta un duellante per passione, che sia di spada o di penna non cambia. Collabora con diverse riviste letterarie e blog. Ha pubblicato due raccolte poetiche tra Ferrara e Venezia, mentre la terza l’ha scritta a quattro mani con l’amico Alessio Casalicchio, fratello in verso. Da un paio d'anni presiede l’Associazione Culturale Gruppo del Tasso – www.gruppodeltasso.it – della sua città ed è tra i curatori di In gran segreto, prima Rassegna di Poesia Contemporanea a Ferrara:  http://ingransegreto.wordpress

2 commenti:

Matteo Bianchi ha detto...

Grazie mille, Alessandro!

Dario Deserri ha detto...

e un bravo a Matteo! ;) Dario