Daniela Pericone, Corpo contro, prefazione di Gianfranco Lauretano, Passigli Poesia 2024
recensione di Flavio Vacchetta
Charles Bukowski dichiarava che per lui scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo.
Leggendo Daniela Pericone si ha la medesima impressione, quando cioè il tessuto vitale che si dipana tra i versi, rimbalza nell’animo mentre si fruisce di una lirica dalle connotazioni morbidosamente provocatorie senza cedere alla più banale impostazione di un pessimismo vuoto, piuttosto ad una consapevolezza che traghetta nei tempi del vivere con tutto il ventaglio delle opzioni in dotazione. Qualcosa di conclusivo e sostanziale aleggia nella poesia.
È il suo un “cercare”, a mio modesto avviso, senza sosta ed è il suo un “sentire” più degli altri la presenza, ripeto a mio modesto ed umile avviso, delle cose assenti.
Non c’è contenuto ed argomento che non sia carezzato dalla penna sottile di Daniela salvo poi riscoprire al di là delle argomentazioni e dei ragionamenti, il loro esatto contrario.
Ora la materia
restringe lo spazio
occupato dal corpo
la luce si mescola al fiato
detta le regole il respiro -
vita non vita, né strepiti né paure.
Siamo il gioco prediletto degli atomi
un continuo oscillare
sotto leggi comuni e opposte
direzioni, esclusi dal progetto.
Qualcuno ascolta o nessuno-
c'è una forza impareggiabile
nella solitudine.
(Corpo contro, p. 61)
L’atmosfera dell’incedere lirico, sempre lungo e disteso, si trasfigura nello loro vesti di “giorni e notti” dell’anima e del corpo, del vigore non meno che dello sfacelo fisico di CORPO CONTRO alla beffarda anima priva della mera dimensione temporale, ma per nulla esente da cedimenti.
Allora la poesia rafforza i passi della poeta Pericone, corrobora la linfa per nuove sperimentazioni.
Corpo contro… è il paradosso lungo cui si snoda l’essenza del lirismo periconiano.
Si riempie la notte e ondeggia
al suono del sassofono
cerca un pretesto per non finire.
Qualcuno pesta i tasti del pianoforte
come se ne andasse della vita.
Appesi alle corde del contrabbasso
sventoliamo come bandiere bianche
che fanno festa al nemico.
(p. 55)
L’aggettivazione si fa invenzione fantastica e musicale; siamo nel territorio dell’uso dell’aggettivo alla maniera di Campana per tradurre il linguaggio poetico in canto.