giovedì 11 settembre 2025

Una recensione sulle poesie di Flavio Vacchetta

Flavio Vacchetta è stato definito “poeta purissimo” per la ricchezza del tessuto linguistico, fitto d’una sorprendente quantità di lemmi corrispondente all'alta qualità dei temi affrontati, così come degli spunti e dei frammenti, che personalmente apprezzo per l’incisività con cui sono proposti, e per l’intensa emozione che emanano. Ma la sua è una scrittura “difficile”, di non sempre immediata fruizione, adatta più per l’intenditore che ne sappia scorgere fin da subito le finezze, le quali, al contrario, vanno ricercate diligentemente, e attraverso cui si perviene a quella dimensione che va “oltre la comprensione”, e che coinvolge il lettore e lo fa sentire in empatica sintonia.

Talvolta Flavio si interroga, vuole capire, più ancora che farsi capire; anche le sue ansie drammatiche, forse tragiche, le sa trasformare in una luminosa creatività. Spesso lo vediamo muoversi tra un mondo esterno, fatto di persone e luoghi amati, ed un mondo interiore che riverbera sentimenti e riflessioni su quelle persone e situazioni emotivamente pregnanti.

Anche la dimensione temporale scivola dall’ieri all’oggi, fino ad una estensione proiettata verso il futuro, e oltre il suo vissuto, in una tensione emotiva sempre mantenuta.

Il suo travaglio compositivo non è mai espresso con un eloquio grave, ma alterna a momenti più vigorosi, altri più esili e sottili, e ci dà compiutamente il segno della sua ricchezza interiore e della ricerca certosina del termine più consono. A volte la sua gioia erompe, a volte la sua tristezza si fa ironica e irraggiungibile, ma tutte segnate dalla profondità di pensiero, la cui peculiarità di impernia sul principio dell’esistenza, e la sua visione sulla vita e sulla morte è acuta, meditata e penetrante.





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