È
uscita pochi giorni fa la nuova raccolta poetica della nota poetessa Maria Pia
Quintavalla, l’ennesima in un lungo e apprezzato percorso letterario che l’ha
vista, recentemente, meritare il Premio Speciale “Alla Carriera”, conferitole
nelle Marche[1], per la sua distinta
attività di poetessa e saggista all’interno della III edizione del Premio
Letterario “Paesaggio Interiore” (2023) presieduto da Francesca Innocenzi.
L’opera
si propone nella forma di una raccolta di testi che fanno riferimento al
periodo 2017-2022 e va sotto il titolo di Saudade,
termine caro alla cultura lusitana e carioca. Il libro è stato pubblicato
all’interno della collana “Intersezironi” della puntoacapo editrice di
Pasturana (AL) ed è introdotto da una prefazione a firma di Giancarlo Sammito.
L’Enciclopedia
Treccani online fornisce, quale spiegazione del lemma straniero “saudade” che
comunemente viene richiamato anche nel nostro dizionario, tale definizione: «Sentimento
di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine,
accompagnato da un intenso desiderio di qualcosa di assente (in quanto perduto
o non ancora raggiunto), che permea la poesia lirica portoghese e brasiliana
dell’Ottocento e che, rivendicato nei primi del Novecento da alcuni letterati
fautori di una rinascita della cultura portoghese come atteggiamento tipico del
carattere nazionale, si è diffuso come stereotipo dell’animo portoghese e, per
estensione, brasiliano». Il termine richiama un sentimento di più o meno
sofferta malinconia per un passato o un perduto al quale l’individuo anela nel
pensiero vagheggiando quel che è stato o nutrendo il pensiero di quel che
vorrebbe recuperare. Saudade della Quintavalla è la voce intima che
corrisponde alla chiamata nostalgica, a una musica lontana di echi imbevuta di
rimpianto, una sorta di tristezza nativa che non è la sofferenza del lutto ma
nella quale squarci di luce possono anche penetrare. Come sosteneva Tabucchi,
infatti, può trattarsi anche di una “nostalgia del futuro” (che, dopotutto,
sempre per lo stesso autore, è una sorta di “paradosso”) e può aver a che fare
con qualcosa che stupisce e intenerisce al contempo.
Nella prefazione di Sammito è possibile leggere: «C’è tanta
acqua in Saudade. Acque serene di adolescenziale vigilia, di veglia per
una incarnazione nella parola e nel senso condiviso dei linguaggi. Ma anche di
amnio e naufragio, acqua persa (buia) e rugginosa in pozzanghere di
città dove la vita, la poesia, hanno trovato e trovano ancora forme di canto. E
luoghi, una pressante aspirazione, come dice il titolo, a luoghi, e non
soltanto interiori […] Saudade è combinazione e madre del sentimento del
tempo, del desiderio, tesoro compresso tra futuro e passato: del nostos,
Sehnsucht protesa al viaggio nel luogo o nel tempo del percorso
linfatico, invisibile ma presente, che a maggior ragione esige dunque voce,
espressione, storie».
L’opera contiene al suo interno un prima
e un dopo, che si contraddistinguono dal limite di una sorta di “spartiacque”
rappresentato dall’insorgenza della triste pandemia che abbiamo sperimentato.
Così, all’ante Covid appartiene la sezione “Casi del mondo, case dell’amore”
mentre all’età successiva, impressa al trauma del Coronavirus, appartiene la
ricerca di saudade e i “Giorni come fucilazioni” dove trovano collocazione i
«pensieri tortorelle» in attesa di «fucilate imprevedibili, come serenate
attese».
L’Autrice ha rivelato in una
conversazione privata che «Ci sono tagli in questo libro: e acque da
tagliare» con particolare riferimento al rito della nascita (e di molte nascite
si parla nel volume), ma anche al fenomeno dell’immigrazione rappresentato da quei
passaggi delle navi libiche che fendono le acque del Mediterraneo. Sono esempi
di questo taglio etico-civile le opere che evocano ecatombe dolorose e le
cronache ripetitive dei nostri giorni, in una «vita di periferico abbandono»
(32): “Sono una nave libica” e “Augusta, il naufragio”.
Ci sono poi le sezioni in prosa: i
componimenti “La piantina”, “Dalla torretta”, “La terribile età” sono estratti
da “Album feriale”. A chiudere è il poemetto “Augusta, il naufragio”, un
delicato e curioso prosimetro in cui è possibile leggere: «Ora, questo immenso
camposanto è marino, l’assenza di pietà umana ha scelto il colore dell’acqua
per manifestarsi. Un cielo capovolto e profondo pieno di pesci, ora in frotte,
ora in fuga» (74).
Maria
Pia Quintavalla (Parma, 1952) vive a Milano. Ha pubblicato le opere Cantare
semplice (1984), Lettere
giovani (1990), Il Cantare (1991);
Le Moradas (1996); Estranea
(canzone) (2000; 2022), Corpus
solum (2002), Album
feriale (2005), Selected
Poems (2008), China (2010), I Compianti (2015), Vitae (2017),
Quinta vez (2018). Tra i premi vinti si ricordano il “Cittadella”, l’“Alghero
Donna”, il “Nosside”, il “Pontedilegno”, il “Città di Como”. Numerose le opere
antologiche nelle quali risulta inserita tra le quali Braci (2020, a cura di Arnaldo Colasanti).
Inserita nell’Atlante voci poesia, progetto curato da Giovanna Iorio. È
stata Redattrice della rivista «Menabò»
ed è nella Giuria del Premio Terre d’ulivi. Collabora alla rivista «Metaphorica». Conduce laboratori di
lingua italiana presso la facoltà di Lettere UniMi.
[1]
Cerimonia avvenuta a Cerreto d’Esi (AN) nel 2023.
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