domenica 24 dicembre 2023

“È pace di legno.”

    Gisella Genna, Rarefazione,  peQuod 2023

collana Portosepolto a cura di Luca Pizzolitto

recensione di AR


Le parole che titolano questa recensione sono incastonate nel vivido brano di prosa poetica che chiude il libro (p. 59): “Seduti a guardare il fuoco, fuori infuria il blu. È / pace di legno. Solo voci di alberi e vetri.”
A p. 58 troviamo: “… Non abito / più qui, dove il ricordo sfugge ed era luce da un / solo lato, né bianco né oscuro: lontano.”
A p. 55 il componimento che apre l’ultima sezione («Impermanenti») termina così. “… Siamo i ricordi / di un altro che noi ricordiamo.”
L’esergo di questa sezione finale è altamente suggestivo: There was so much that was real that was not real at all. (Wallace Stevens)
Da «Albedo», la sezione di mezzo ed anche la più ampia, cito i seguenti versi che mi sembrano particolarmente segnaletici della poetica di Gisella: “Dolce annientarsi / nella rarefazione // di là dallo sguardo terreno.” (p. 44); “Siamo corpo nell’ascolto, / una sola eco. / Scenda come divinazione, / scorra fluviale. Luce.” (p. 37); “Si alza questa preghiera di terra / oggi mi vesto / di vento – // ubiquità della cenere.” (p. 34); “(…) vedi, noi togliamo le vesti / fino a scomparire.” (p. 32).
Possiamo constatare, un desiderio di essenzialità, di oltrepassare la superficie delle cose, di radiografarne il baluginio impermanente che ce le rende sì accessibili ma al tempo stesso le brucia. Cercando quel quid fuggevole eppure necessario come il vento alle vele,  siamo noi stessi sempre più consapevoli del nostro processo di rarefazione e allora, forse, la poesia ci aiuta offrendoci quelle parole esatte e pregnanti che fanno una tac al nostro esserci, o meglio, al nostro spirito, ovvero al nostro essere desiderosi di entrare in relazione, di condividere, di affidarci(magari per svanire, ma accompagnati da altri, dalla natura, da una misteriosa eppure condivisibile pulsione): “Posati polsi e palmi, un’ultima volta / insieme alla terra sbiadire.” (p. 18); “Accade nel bosco la sapienza, / pietas nel pensare / cosa sono dunque gli uomini.” (p. 17). Queste ultime citazioni sono tratte da «Dedalo», la sezione incipitaria, che in esergo porta: Scrivo come se fossi quasi completamente liberato dal mio corpo. Come se levitasse. (Clarice Lispector)
Come osserva nella perspicua prefazione intitolata “Improvvisamente, la poesia”, Elio Grasso (p. 8): «Le parole di questa raccolta sanno che non possono svanire nel nulla, è una consapevolezza orientata fin dove la realtà può ancora difendere i nomi delle cose, (…) tanto che “rarefazione” non è un tragitto verso l’inconsistenza, ma il farsi largo fra l’inutilità imperante.»
Sottoscrivo e concludo con questo auspicio di Gisella a p. 24: “se solo riuscissimo a credere.”

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