in un quando
ci siamo trovati stanchi
di questo tempo che non passa
di questa vita che non lascia
intravedere tra le intercapedini
i segni ai quali correvamo
quando una preghiera bastava
per illudersi del senso di una spiga
che indorando moriva
**
dietro questo specchio che tesse
cuori cavi in pieni testa
- a stilla a stilla le parole
sedimentano in stelle di roccia
il senso di un’esistenza
dispersa dall’errare
d’una nube -
rimane un dito una mano un corpo
che nello scriversi ricorda
dolce il peso dell’anima
che porta
**
ma era già tutto qua
tra gli acini d’uva
e piedi bagnati
dal sangue del frutto
- batteva umido
incostante un ritmo
questo calpestio della storia
tra voci e litanie antiche -
ed era davvero tutto qua
nel tegumento d’un seme
risputato alla terra
il canto profondo
dei segni del mondo
Jacopo Santoro è nato ad Ascoli Piceno nel 1995. Laureato in filologia moderna a Padova con una tesi intitolata Oltre il fantastico: lo spazio-tempo in Landolfi e in Manganelli, attualmente insegna latino e materie letterarie alle scuole superiori a Terni, dove risiede. Ha pubblicato alcuni articoli di critica letteraria: Oltre il futurismo: Vasari e il fallimento dell’ottimismo della macchina (Andergraund, 2021) e Mario Praz traduttore del Corvo di Edgar Allan Poe (ItalicaBelgradensia, 2021). Dal 2021 collabora con la rivista Metaphorica - Semestrale di poesia diretta da Saverio Bafaro.
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