Giancarlo Stoccoro, La dimora dello sguardo, Fara 2018
La raccolta di versi che reca il titolo: La dimora dello sguardo, del poeta Giancarlo Stoccoro, è risultata vincitrice del Concorso nazionale Narrapoetando 2018, indetto annualmente dalla Casa Editrice Fara di Rimini.
In questa occasione è utile ricordare i nomi dei Giurati che hanno votato la raccolta di cui parliamo: Michele Bordoni, Giovanna Iorio, Alberto Trentin e Valeria Raimondi. Ognuno di essi si è fatto carico di analizzare forma, contenuti, attualità e permanenza nel tempo dei testi inseriti nella raccolta, a seconda della propria sensibilità critica.
Il pensiero critico di Valeria Raimondi l’ho sentito più vicino al mio, nella lettura della raccolta di Stoccoro, dove scrive: “La Forma, come collocazione di sé, soggetto, nel paesaggio complessivo. (…) Poesia intesa come lingua nuova capace di attraversare le percezioni.” (pag. 8).
La dimora raccontata in versi dal Nostro ha richiamato alla mente La casa dei doganieri del Nobel Montale dove i versi recitano: “Tu non ricordi la casa dei doganieri / (…) in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri / e vi sostò irrequieto.”
Nei versi la parola “luoghi” compare in tutta la raccolta a indicare il solco dove lo sguardo rimanda il suo percorso, il nostro percorso esistenziale, il “destino di anime di pianura”, guidate dallo sguardo interiore impercettibile agli occhi degli uomini.
L’altrove che descrive il Nostro somiglia molto al “luogo” cantato dal poeta romantico Friedrich Hölderlin: il perturbante, l’impenetrabile.
Ritroviamo in questi versi il senso: “(…) Fosse facile stringersi / l’ombra addosso / ignorare l’alba / davanti a sé” (pag. 16).
La poesia di Stoccoro può considerarsi essenziale e romantica al tempo stesso: nuova per la ricerca che prende l’abbrivo dalla lezione del Novecento sulla scarnificazione della “parola”; romantica per il ricorso al “nome” delle persone, dei luoghi, degli oggetti, fonti dell’ispirazione espressiva: “Abitare la frase / consentendo alla parola / di consumare l’oggetto / fino a custodirne l’ombra / al di là del giorno” (pag. 77: L’indolenza dei contorni).
Lo sguardo poetico è alla ricerca della sua dimora.
L’invito rivolto al lettore è di condivisione nell’intraprendere il viaggio che porta al completamento di noi stessi: “Ho scritto tanto / per non lasciare / senza immagini / il desiderio” (pag. 64).
Vorrei congiungere i versi della raccolta La dimora dello sguardo ai versi della raccolta del poeta Luigi Fontanella: Ceres (Caramanica Editore 1996), dove l’epigrafe recita: “Difficilmente il suo luogo / abbandona ciò che abita vicino all’origine.” (Hölderlin): “Vorrei toccare una poesia / che solo sta tersa e leggera / (…) unica cosa casa di vetro / illuminata dal giorno / che si sposti volando / su ogni anfratto del mondo. / Vorrei che il verso diventi universo / e che ogni cosa ritrovi il suo posto.”
recensione di Vincenzo D’Alessio
La raccolta di versi che reca il titolo: La dimora dello sguardo, del poeta Giancarlo Stoccoro, è risultata vincitrice del Concorso nazionale Narrapoetando 2018, indetto annualmente dalla Casa Editrice Fara di Rimini.
In questa occasione è utile ricordare i nomi dei Giurati che hanno votato la raccolta di cui parliamo: Michele Bordoni, Giovanna Iorio, Alberto Trentin e Valeria Raimondi. Ognuno di essi si è fatto carico di analizzare forma, contenuti, attualità e permanenza nel tempo dei testi inseriti nella raccolta, a seconda della propria sensibilità critica.
Il pensiero critico di Valeria Raimondi l’ho sentito più vicino al mio, nella lettura della raccolta di Stoccoro, dove scrive: “La Forma, come collocazione di sé, soggetto, nel paesaggio complessivo. (…) Poesia intesa come lingua nuova capace di attraversare le percezioni.” (pag. 8).
La dimora raccontata in versi dal Nostro ha richiamato alla mente La casa dei doganieri del Nobel Montale dove i versi recitano: “Tu non ricordi la casa dei doganieri / (…) in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri / e vi sostò irrequieto.”
Nei versi la parola “luoghi” compare in tutta la raccolta a indicare il solco dove lo sguardo rimanda il suo percorso, il nostro percorso esistenziale, il “destino di anime di pianura”, guidate dallo sguardo interiore impercettibile agli occhi degli uomini.
L’altrove che descrive il Nostro somiglia molto al “luogo” cantato dal poeta romantico Friedrich Hölderlin: il perturbante, l’impenetrabile.
Ritroviamo in questi versi il senso: “(…) Fosse facile stringersi / l’ombra addosso / ignorare l’alba / davanti a sé” (pag. 16).
La poesia di Stoccoro può considerarsi essenziale e romantica al tempo stesso: nuova per la ricerca che prende l’abbrivo dalla lezione del Novecento sulla scarnificazione della “parola”; romantica per il ricorso al “nome” delle persone, dei luoghi, degli oggetti, fonti dell’ispirazione espressiva: “Abitare la frase / consentendo alla parola / di consumare l’oggetto / fino a custodirne l’ombra / al di là del giorno” (pag. 77: L’indolenza dei contorni).
Lo sguardo poetico è alla ricerca della sua dimora.
L’invito rivolto al lettore è di condivisione nell’intraprendere il viaggio che porta al completamento di noi stessi: “Ho scritto tanto / per non lasciare / senza immagini / il desiderio” (pag. 64).
Vorrei congiungere i versi della raccolta La dimora dello sguardo ai versi della raccolta del poeta Luigi Fontanella: Ceres (Caramanica Editore 1996), dove l’epigrafe recita: “Difficilmente il suo luogo / abbandona ciò che abita vicino all’origine.” (Hölderlin): “Vorrei toccare una poesia / che solo sta tersa e leggera / (…) unica cosa casa di vetro / illuminata dal giorno / che si sposti volando / su ogni anfratto del mondo. / Vorrei che il verso diventi universo / e che ogni cosa ritrovi il suo posto.”
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