martedì 15 maggio 2018

Dall'Es promana il barbaglio del quid poetico “sguardo totale e divorante”

LA DIMORA DELLO SGUARDO di Giancarlo Stoccoro, Fara Editore 2018

recensione di Gian Ruggero Manzoni


Stoccoro, da buon psichiatra, in questa sua raccolta poetica (Opera Prima Classificata al concorso narrapoetando 2018) a mio avviso tenta di catturare, attraverso la ricostruzione di uno scenario che pare non veda alcuna soluzione di continuità nella storia del nostro esserci, un movimento che infine possa condurci a una meta; quel fugace andare, dovuto a un’irrevocabilità dell’istante, che tanto assillò anche un grande come fu Rilke. Stoccoro sa che quel lampo non si lascerà mai catturare da un pensiero discorsivo, bensì, forse, da un dire che sia capace di intenderne la transitorietà, come autentico perdurare; da una voce che sia in grado, insomma, di porsi come luogo utopico, fra un mondo che svanisce e un mondo che, dalle sue maglie disannodate, poi riesce a riprodursi e a rinascere. La sua, quindi, non è poesia didascalica, poesia composta, bensì canto emesso al fine di immobilizzare un quid che pare impossibile da fermarsi, pena la sua riduzione a scoria morta o a fantasma esistenziale, quando appunto si cade (come nell’oggi) nel baratro in cui tutto il pensabile pare sia già stato pensato e che, nell’oltre, non si annidi più alcunché. In questo senso, grazie alla sua forza, la scrittura di Stoccoro lascia emergere da un fondo oscuro un barbaglio che, via via, diviene emanazione sempre più evidente, in particolare quando il linguaggio, inteso come sguardo totale e divorante, scarta l’abbellimento o la decorazione per divenire carne e sangue.

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