L’ultima opera di
poesia di Lorenzo Spurio ha un titolo particolare «Pareidolia», che può
ingannare se preso nel suo stretto significato etimologico, cioè oltre
l’immagine, come ciò che si vede ma non c’è, frutto di una elaborazione
fantastica dal reale, un processo psichico; ossia immagine illusoria su
materiale reale. Ma già dai primi versi nulla c’è da immaginare ed elaborare
fantasticamente, perché la sua poesia è «testimonianza» su una realtà evidente
e chiara di per sé, in una piena «oggettività» che il lettore non può non farsi
carico del significato trasmesso.
Poesia civile, potremmo
parlare, poesia che si fa carico della tremenda problematicità del mondo
contemporaneo, delle sue contraddizioni e sue violenze, disagi e conflitti.
Quindi, se «pareidolia» è vedere ciò che non c’è, saremmo portati a pensare che
vi sia una lacerante contraddizione fra la titolazione delle silloge e il suo
messaggio poetico contenuto, quasi un inganno al lettore. Ma è in tutt’altra
direzione, invece, l’intento poetico di Lorenzo Spurio perché se il suo sguardo
sta dentro quello che Luigi Blasucci ha definito, in una sua critica
leopardiana, come «pensiero poetante e poesia pensante», il legame fra poesia e
filosofia è strettissimo, intendendo per quest’ultima la propensione alla
conoscenza, all’amore per la conoscenza proprio di ciò che non è evidente e
forse nemmeno appare ma esiste.
I suoi versi trattano
realtà tanto evidenti e tragiche che «ciò che non c’è» (pareidolia) è in quel
che c’è, come mancanza nella società della capacità di farsi carico proprio di
ciò che è evidente e necessita interessarsi e cambiare, opporsi come etica
civile. Il suo messaggio poetico diviene una denuncia di accusa
all’indifferenza con cui l’opinione comune non se ne fa carico di quella
tragicità enunciata; i suoi versi nel loro realissimo svilupparsi esplicativo,
in quel pensiero poetante fatto in poesia pensante, per dirla sempre alla
Blasucci, costringe a pensare proprio quel che non c’è per il lettore che si
ferma ad un approccio di “superficie”.
L’opera di Lorenzo
Spurio, poi, si snoda e costituisce in quattro «dimensioni», o sguardi poetici,
che vengono rappresentati tutti dal titolo «Pareidolia», che dà poi il titolo
ad uno di essi e quindi è poetica di sintesi di varie forme interpretative. Il concetto di «pareidolia», pertanto,
nella sua poetica, paradossalmente, assume l’opposto di quel che comunemente si
intende: non più «vedere ciò che non c’è», ma far vedere ciò che non
viene colto. Ma soprattutto far emergere ciò che non è
interpretato come reazione e quindi impegno civile di cambiare le condizioni
affinché ciò che è mostrato non avvenga più.
Questo è ciò che fa
poesia in Lorenzo Spurio, e sono le grandi tragedie umane che accadono e sono
accadute, oltre naturalmente i drammi di singole anime esistenziali che
testimoniano una realtà non vista nella sua essenza di tragedia. Se denuncia,
egli, vuol indicare e sottolineare altre dimensioni esistenziali che quei fatti
hanno negato ma che esistono. Quasi, filosoficamente parlando, ci vuol mostrare
una realtà virtuosa negando il suo opposto, nega per affermare, perché negando
la negazione si coglie la vera identità e essenza di una realtà. Ecco l’impegno
civile della sua poesia, mai retorica o sopra le righe di oratoria poetica, ma
garbata presa d’atto di una cruda realtà, la quale nella sua negazione
salvaguarda il suo opposto. Negare il male per affermare il bene, ecco il
messaggio profondo.
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