mercoledì 1 luglio 2015

Gabriella Bianchi: Quaderno di frontiera

recensione di Nazario Pardini
pubblicata su Alla volta di Leucade


Gabriella Bianchi: Quaderno di frontiera (opera vincitrice del Concorso Faraexcelsior). FraraEditore. Rimini. Pg. 48

Un canto plenitudinis vitae

Poesia morbida, gentile, apodittica, tutta tesa alla confessione di un’anima cotta a puntino per dire di sé, delle sue meditazioni, dei suoi input emotivi, e di tutto ciò che riguarda la vita, gli affetti, le memorie, e gli slanci al di là del precario; un equilibrio di memoria desanctisiana dove la forma è il tutto, e il tutto è forma. È qui la bellezza di questi versi, sta nella corrispondenza fra narrazione e sensazione, fra versificazione ed emozione. Una corrispondenza che si gioca tutta su una euritmica musicalità di un canto plenitudinis vitae. Ci sono presenze di luoghi e di volti, ci sono assenze e privazioni di un tempo vorace e instancabile, ci sono impatti cognitivi che riguardano il rapporto fra l’uomo e le stagioni: saudade, nostos, amore, radici, fidenti tocchi georgico-bucolici che sanno di melanconici ritorni, o miti rinnovati in simboli significanti: “Tutti se ne sono andati. / Un vento di tempesta / ha strappato dalla mia / la mano di Antigone...” (pg. 36).  Insomma un ensemble che fa di questa plaquette una vicenda orizzontale e verticale; una vicenda che riguarda ognuno di noi per la sua vicinanza empatica e esistenziale, dacché tanti sono i motivi di congiunzione: madri scomparse, affetti unici e indicibili, sonorità che graffiano dolori, città di prati verticali, padri che vivono “per me che vado a scuola / e che forse un giorno, chissà, sarò maestra”, urla di gatti in amore, solitudini in campi di spighe tagliate pungenti come chiodi. Un realismo alla Capasso, che partendo da minimalismi, e da semplici occasioni fenomeniche, sa elevarsi all’oltre; oltre il senso comune della vita, oltre la stessa parola con iperboli allusive di grande resa poetica:

Anche le cicale
con i loro cembali
 graffiano il dolore

irritanti plettri
nel tardo pomeriggio

afoso (pg. 14).    
     
Pubblicato da nazariopardini

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