Lorenzo Spurio, Neoplasie
civili
Edizioni Agemina- Firenze, 2014
RECENSIONE DI FRANCESCA LUZZIO
Leggere le poesie di Lorenzo
Spurio è come leggere le pagine di un quotidiano. Certo un quotidiano speciale,
perché non si tratta di scarne pagine di prosa che descrivono e commentano gli
eventi e la realtà, ma di poesia che con immagini potenti ci fa riflettere su
tanti drammatici eventi nazionali ed internazionali che in quest’ultimo periodo
hanno rattristato la nostra “globale” società. Non a caso il titolo della
silloge è Neoplasie civili”, infatti l’autore è come se già attraverso il
titolo volesse denunciare i cancri delle ingiustizie, degli imbrogli, delle
guerre e delle immoralità che
caratterizzano i nostri giorni e a causa dei quali ”Gea si occulta la vista/ e
corre ad occhi serrati/ verso rovi e sterpi acuminati/ per accecarsi”. ( A una madre, pag.15)
Ma il poeta di fronte a “verità talmente
vere da non credere realmente”(pag.31), nell’accorata ed amara denuncia sente
la sua solitudine, la sua impotenza e serra “i pugni con sovrumana forza/ con
la speranza di polverizzar(si)”( Polvere
e sangue, pag.35), anche se in fondo non cessa di sperare e, come il fiore
giallo che riesce a crescere “al margine
di un marciapiede”, rompendo il duro cemento che vuole impedirgli la vita, anch’egli
rompe il silenzio, si immerge nel mondo ed agogna elevazione, ma la ricerca, il desiderio non trovano sbocco,
non bastano a dirimere, ad annullare il substrato di tristezza, di angoscia che
il poeta ed ogni animo sensibile nutrono in fondo al proprio cuore, così il
fiore giallo che nel suo sbocciare pur esprime anelito di vita, raccolto e
posto “all’occhiello della giacca”, (Il fiore giallo, pag.33) sembra esprimere
la comune tristezza, il comune bisogno d’amore, di serenità che nessuno sembra
in grado di soddisfare. In genere l’eccessivo egotismo, il prevalere degli
interessi economici sull’uomo e sulla natura stanno annullando ogni
sensibilità, ogni alito di spiritualità, ogni voglia di volare oltre l’hic et
nunc.
Così non serve la corsa furiosa per evitare “Quei
mostri tentacolari” che “s’avvicinavano minacciosi/ come un’atroce pena da
espiare ( Corsa furiosa per evitare....,pag.51). Per chi ha visto “ un bambino/ con strani
lividi al volto” (Ho compreso perché, pag.30), o “impavidi cecchini” sparare
“uccidendo soldati amici”(Polvere e sangue, pag.31), o porporati cadere”di
fronte a spietate accuse incontrovertibili/ su angoscianti verità taciute (Fumo
bianco,fumo nero, pag.32), di fronte ad
una umanità che non guarda più l’uomo, che distrugge la natura-madre, la poesia
diventa possibilità di salvezza, diventa pioggia lustrale, “occasione”per dirla con Montale, per
denunziare la condizione franante della nostra attuale realtà.
L. Spurio, affinché la poesia assolva appieno tale funzione e
il verso non risuoni di monotonia, adopera una scrittura polimorfa, come
sostiene il critico Ninnj Stefano Busà, e al lessico forte, realistico
(arrugginito, ferro, cemento....) affianca quello etereo, sognante (aere,
rinverdire, beato...), creando un chiaro-scuro verbale che diviene correlativo
formale del chiaro-scuro storico-sociale, ulteriormente ribadito dall’alternanza
ritmica dei versi, ora musicali, ora aspri e duri, vibranti dell’amarezza
emozionale che l’ispirazione ha dettato.
FRANCESCA LUZZIO
Palermo, 04.11.2014
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