domenica 2 marzo 2014

Su I giorni e le strade di Carla De Angelis

FaraEditore, 2014 

recensione di Vincenzo D’Alessio
 

http://www.faraeditore.it/html/siacosache/giornistrade.html
Presso l’Editore Fara di Rimini ha preso vita l’ultima raccolta poetica di Carla De Angelis che reca il titolo I giorni e le strade. La precedente raccolta, Salutami il mare (2007) ha suscitato molteplici interessi da parte della critica per i temi affrontati: ricorrenti anche in quest’ultima.

A tal proposito scrive Rosa Elisa Giangoia: “Il limite invalidante della poesia è la descrizione fine a sé stessa: il poeta deve guardare le cose, ma non può limitarsi a descriverle (…) La poesia ha per oggetto il reale, ma una realtà che va oltre il fenomeno che appare, quello che colpisce solo i nostri sensi” (Appunti sulla poesia § 25, Fara Editore, 2011). La De Angelis dà voce al malessere giornaliero graffiando nei versi le strade per canalizzarlo: “Rapino parole / per giustificare / la collera scava un solco nell’anima” (Rapino parole, pag.16) e più avanti: “
(…) Occorre un gran sapere per parlarti / la rabbia asciuga la bocca / digrigno i denti a questo capriccio di vita” (Se la vita non fosse un fatto privato, pag. 27).

La poetica della Nostra trabocca di amore verso una vita naturale, si nutre dell’amore viscerale verso il mare, visto come mezzo di purificazione, trasuda la sofferenza di non godere dell’esplosione universale che la parola/verso sa donare ai Poeti. L’Umanità è disattenta, volutamente, ai messaggi che la Natura invia da milioni di anni: “Improvvisamente la campagna / il contadino con il passo lento della semina / il richiamo veloce della vita / la speranza del raccolto” (Improvvisamente, pag. 79). Tanto più forte affiora il dolore quanto più l’Io si piega all’ universalità. Quando il verso perde il moto personale della descrizione e diviene universale nella redenzione.

“Questa poesia si confonde con gli insetti / e gli uccelli” (Questa poesia, pag. 74) la Natura sostiene il poeta, lo circonfonde di attese, speranze, oltre il limite del tempo concessogli. Il verso supera la morte : “(…) Come scrivere i giorni pieni? / le parole di sempre scendono sulla carta / È un miracolo” (La Luna, pag. 78). Solo in questo concerto notturno i gatti (figura ricorrente, cara ai poeti) si vestono di umanità; la fede in un Signore caritatevole verso gli uomini acquista senso; la diversità apparente svanisce in un Angelo che vola sereno sulla malvagità degli esseri umani spegnendola: “(…) Continuerò a disegnare angeli / troverò quello giusto che sarà sempre al tuo fianco / (…) che quando la notte cala e il sole si alza / mette in cammino per te / mille carezze” (Per te ho, pag. 71).

Nella raccolta l’enjambement trascina il lettore a seguire il pensiero della Nostra nell’esplorazione delle strade, nell’ascolto dei giorni. Manca l’ironia. A tratti compare la rima o l’assonanza nelle chiuse dei versi. Affiora, nei versi, la fatica della madre / poeta nel comporre il rosario dell’esistenza : sconfina in una prosa poetica, alta, vera, immediata, senza intercessioni: “(…) cammino per tenere i piedi a terra / recido un braccio poi l’altro / senza chiedere la profondità del taglio / gli occhi devono tacere, la bocca / non innalzare lamenti” (E quindi uscimmo a riveder le stelle, pag. 15).
È questa la strada viscerale per uscire dall’Inferno dei giorni, dei gironi, consapevoli dell’indifferenza, dell’ipocrisia, che uccidono la diversità, soffocano l’empatia, nascondo la mano che ha scagliato il sasso.

L’intera raccolta in esame vibra dell’intensità delle esperienze precedenti. In più ha assunto la maturità dello sguardo che possiamo chiamare con un termine oggi desueto: saggezza!

Bene ha scritto della poetica della Nostra il critico letterario Stefano Martello presentando quest’ultimo libro: “Carla non risponde ad uno schema editoriale, Carla risponde alla Vita” (pag. 10).

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