Jaca Book 2013
Nota di lettura di AR
Un libro che tutti coloro che leggono e magari scrivono
poesia (ma anche narrativa e saggistica) dovrebbero gustare, assorbire. Il
dialogo fra Alessandro Rivali e il “maestro in ombra” è lucido, onesto e
intrigante: ci svela non solo il poeta lombardo, la sua anima (“Sotto l’apparente
bonarietà, Neri nasconde un carattere ardente, talvolta violento. L’ho visto
rampognare scrittori che inseguivano solo il successo e rimproverare chi non sa
sfuggire la banalità”, p. 13), il
suo pensiero (“Più che i filosofi, mi sono interessato ad alcuni pensatori come
Taubes, Schmitt, (…) del quale mi colpiva il concetto di ex captivitate salus (…) Mi colpiva una certa idea apocalittica del
mondo, così come la massima
secondo cui auctoritas et non veritas
facit legem. Questo è il pensiero di Taubes (…) ironico, sarcastico, umano,
ha una intelligenza profonda. Non si accontenta della verità di comodo. (…)
Leggendo il suo epistolario con Scholem, un maestro della Cabbala, mi è
diventato chiaro che l’essenza del cristianesimo è il perdono”, pp. 81-82), la
sua religiosità (“Sono stato sempre affascinato dalla scrittura del Vangelo,
che per me è sempre stata una lettura di salvezza”, p. 58), i momenti
essenziali del suo vissuto (incluso il rapporto non facile, negli ultimi tempi,
con il più noto fratello Giuseppe: “Aveva l’intelligenza per scrivere, ma non
era abbastanza per creare un’opera d’arte. L’opera più autentica, anche in
senso poetico, dove c’è più di lui, è La
morte in banca. Per il resto è un grande letterato. L’arte è una cosa
diversa dalla letteratura” p. 93), i suoi incontri con figure letterarie note
(“Ci sono autori che sono investiti più di altri della sacralità della vita, e
fra questi uno dei più importanti è Melville”, p. 59; “Villon è il poeta più
importante per l’Europa dopo Dante”, p. 75) e meno note (“Peire Cardenal dice
appunto che gli intellettuali si fanno predicatori morali e sono degli
assassini e sembrano dei santi”, p. 25); ci descrive anche diversi decenni di
vita intellettuale milanese e quindi italiana con puntuali riferimenti a quasi
un secolo di storia del nostro Paese (in particolare al periodo della
Resistenza: “Sono stato colpito dal fenomeno della guerra civile. (…) mi sono
reso conto che tutte le guerre sono «civili», almeno nel senso che tutti
apparteniamo allo stesso genere umano e che abbiamo la stessa cultura e che
tutti amiamo Shakespeare, Dante, Omero”, p. 45).
L’intelligenza e l’empatia dell’intervistatore, storico,
critico letterario e poeta a sua volta, interagisce in maniera mirabile con lo
sguardo “radiologico”, viene da dire, e l’acutezza di analisi di Neri (alias
Pontiggia) abilmente sollecitata e assecondata da Rivali, uno sguardo che ci offre spesso in
queste pagine, fulminanti e indimenticabili sentenze che sono a volte autentici
aforismi: “Del resto, è proprio questa l’avventura della poesia: le parole
hanno un fascino che non si esaurisce con la lettura, ma che continua nella
nostra mente” (p. 70); “La cognizione non è una conoscenza come quella del
triangolo equilatero, ma è un’esperienza. L’«esperienza del male», questo
sarebbe il titolo appropriato per il libro di Gadda” p. 95); “Leggendo un
classico si ha l’impressione che sia contemporaneo” (p. 101); “La poesia rimane
un’esigenza dell’animo umano. Questo consolida l’idea che la poesia sia
sinonimo di verità e come tale sarè sempre ricercata dall’uomo” (p. 107); “Leggere
una lettera di Fermi che scrive sulla scomparsa di Majorana è qualcosa di
corroborante, è come prendere un ricostituente, c’è una tale energia al sua
interno… la prosa scientifica non si perde in chiacchiere” (p. 117); “la verità
non va spiattellata sulla bocca di tutti. La verità è preziosa. E in fin dei
conti anche Cristo tiene a essere capito per che a essere conosciuto” (p. 118);
“Il male è un concetto relativo. Per esempio, il male della pecora è il bene
del lupo” (p. 118); “Nel momento del suo farsi, la storia non è maestra di
niente. Solo a posteriori si possono trovare parallelismi, corsi e ricorsi e
altro” (p. 129).
Ogni scrittore/autore potrà certamente immedesimarsi in
diverse delle situazioni descritte, condividere punti di vista, far tesoro
dell’esperienza di un poeta schivo e quasi nascosto che è però un’antenna
potente della nostra realtà che sa indagare con voce sobria ma indefettibile caratterizzata
dal ritmo martellato e da una precisione essenziale, potente, fotografica, come
richiede la vera poesia.
I poeti giovani vi troveranno dritte e intuizioni salaci,
quelli più maturi condivideranno la perspicua e icastica rappresentazione del mondo
dei poeti, con le sue idiosincrasie e rivalità, la genialità di alcuni e la
banalità di altri: “fatalmente si entra in competizione e, se anche non vuoi
entrare tu, ti ci fanno entrare proponendoti un dualismo che non avrebbe ragione di esistere (…).
Qualche anno fa ci fu un’inchiesta del Verri,
che chiedeva a molti autori le ragioni della propria scrittura. Risposi: «Io
scrivo per spirito di competizione» (p. 67); “Soltanto i laudatores temporis si aspettano dalla letteratura qualcosa di
piacevole, ma io, come ho detto più volte, mi aspetto prima di tutto la verità,
ossia una parola che ci informi sulla vita, e non stupidaggini” (p. 70);
“Insieme alle biografie ho avuto una forte passione per i carteggi (…) Il
monumento più insigne è costituito dalle lettere di Cicerone all’amico Attico.
Poi ci sono le lettere di Seneca a Lucilio, quelle di Leopardi… Ricordo quelle
di Pasternak agli amici georgiani. Quelle di Montale sono belle ma decisamente
troppo letterarie” (p. 75); “Con Fenoglio non si ha mai l’impressione di
trovarsi di fronte a della «letteratura». È la vita che irrompe nella pagina.
La vita «apre» la pagina senza mediazioni retoriche di alcun tipo” (p. 79); “Le
parole di Ulisse, dice Omero, cadevano come larghi fiocchi di neve
nell’assemblea degli achei. Erano le parole dell’eloquenza e della saggezza
insieme, della riflessione, a cui la lentezza si accorda. Non ho mai amato la
velocità e anche le celebri tentazioni di Cristo nel deserto sono
prevalentemente fondate sulla velocità. È la tentazione all’insegna del «tutto
e subito» ed è molto caratteristica dei nostri tempi” (p. 128).
È questo senz'altro un libro appassionato e appassionante, di quelli che ti stimolano, ti provocano, ti fanno crescere e ti indicano un percorso vissuto di etica della letteratura: da praticare.
È questo senz'altro un libro appassionato e appassionante, di quelli che ti stimolano, ti provocano, ti fanno crescere e ti indicano un percorso vissuto di etica della letteratura: da praticare.
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