martedì 6 marzo 2012

Francesco crossover – Un esercizio di analisi semiotica sincretica

intervento di Andrea Parato alla kermesse



Testi crossover
persone che scavalcano gli eventi


dalle ore 9.00 alle ore 18.30
presso il teatrino Sala S. Francesco
dei Frati Minori Conventuali
Piazza S. Francesco, 14
Faenza ~ 3 marzo 2012
letture, testimonianze, dibattito


Colgo l'occasione di prendere spunto dalla figura di Francesco d'Assisi per intendere il crossover, l'incrocio di testi come un tentativo di analisi semio-testuale che tocchi diversi mezzi espressivi a partire da un contenuto comune (ci avviciniamo all'idea di semiotica sincretica). Lo spunto del crossover di testi mi ha suggerito l'opportunità di vedere il mescolare canali espressivi differenti (letterario, musicale, visivo). Punto di partenza dell'analisi  è il cosiddetto “discorso della perfetta letizia”, che alcune edizioni degli scritti di Francesco accolgono tra le pagine autentiche. Il racconto si trova già nei “fioretti” trecenteschi, ma il testo a cui ho fatto riferimento è quello tratto da un codice quattrocentesco conservato a Santa Maria degli Angeli. Eccolo:

VIII - EXEMPLO MARAVIGLIOSO DE PATIENTIA EL QUALE DIXE SANCTO FRANCESCO AD FRATE LIONE

«Venendo una volta sancto Francesco da Peroscia ad Sancta Maria de l'Angeli con frate Lione a tempo di verno, e il fredo grandissimo fortemente li cruciava, chiamò frate Lione, che andava un poco innanzi, et dixe così: "O frate Lione, advengadio che li Frati Minori in onmi terra dieno bono exemplo de sanctità et de bona edificatione; nientedemeno scrivi, et nota diligentemente, che ivi non è perfecta letitia". Et andando più oltra, sancto Francesco lo chiamò la seconda volta et dixe: "O frate Lione, benchè li Frati Minori alluminino li ciechi, et distendano li tracti, et caccino le denomia, et rendano el odire a li surdi, et lo andare a li zoppi, et lo parlare a li mutoli, et che, maiure cosa è, resuscitino li morti de quattro dì; scrivi che in ciò non è perfetta letitia". Et andando più oltra, santo Francesco grida forte: "O frate Lione, si el Frate Minore sapesse tucte le lingue, et tucte le scentie, et tucte le scripture, sì che sapesse profetare, et revelare non solamente le cose future, ma etiamdio li secreti de le conscientie; scrivi che in ciò non è perfecta letitia". Andando un poco più oltra, sancto Francesco grida forte: "O frate Lione, benchè el Frate Minore parli con la lingua angelica, et sappia li cursi de le stelle, et le virtù de le herbe, et fosserli revelati tucti li thesori de la terra, et cognoscesse tucte le virtà de li ucelli, et de li pesci, et de tucti li animali, et de li homini, et de l'arbori, et de le pietre, et de le radice, et de le acque; scrivi che in ciò non è perfecta letitia". Et andando un poco più oltra Sancto Francesco chiamò frate Lione et dixe: "O frate Lione, benchè l' Frate Minore sapesse sì bene predicare, che convertesse tucti l'infideli a la fede de Christo; scrivi che non è ivi perfecta letitia".
Et durando questo modo de parlare ben dui miglia, frate Lione con grande admiratione lo demandò et dixe: "Patre, io te prego da la parte de Dio, che tu me dichi ove è perfectaletitia". Et sancto Francesco li respuse et dixe:"Quando noi iongerìmo ad Sancta Maria de l'Angeli, così bagnati per la piovia et giacciati per lo fredo et infangati de luto, et afflicti de fame, et picchiarimo la porta del luoco, el portanaro verrà adirato et dirà: "Voi chi site?" et noi dirìmo: "Siamo dui de vostri frati". Et quello dirà: "Voi non dite vero, anzi site dui ribaldi che andate ingannando el mondo et robando le limosine dè poveri". Et non ce aprirà, et faràce stare de fuore a la neve et a l'acqua, cum fredo et cum fame in sino a la nocte; alhora si noi tanta iniuria et tanta crudeltà sosterremo patientemente senza turbatione et, senza mormorare de lui, pensaremo humilmente et  caritativamente che quello portanaro Dio lo fa favellare contra de noi; o frate Lione, scrivi che ivi è perfecta letitia.  Et si noi perseverarìmo picchiando, et egli uscirà fuore turbato et como gaglioffi importuni ce caccerà cum villanie et cum guanciate dicendo: "Partiteve de qui, giottoncelli vilissimi, andate a l'hospedale, chè qui non magnerite voi nè albergarite"; si noi questo sosterremo patientemente con alegreza et con amore; o frate Lione, scrivi che qui è perfecta letitia. Et si noi, pur constrecti da la fame et dal fredo et da la nocte, pur picchiaremo, et chiameremo, et pregarìmolo per amore de Dio con grande pianto che ce apra et mèctace pur dentro, et quello più scandalizato dica: "Costoro sonno gaglioffi importuni, io li pagarò como sono digni; et uscirà fuore con uno bastone nochioruto et pigliaràci per lo cappuccio et gicteràce in terra et rivolglieràce ne la neve et bacteràci con quello bastone; et si noi tucte queste cose sosterremo patientemente con alegreza, pensando le pene de Christo benedecto, le quali noi debiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, scrivi che in questo è perfecta letitia. Et però odi la conclusione, o frate Lione. Sopra ad tucte le gratie et doni de lo Spirito Sancto, le quale Cristo concedecte ad li amici suoi, si è vincere se medesimo, et volentieri per amor de Christo sostenere pene et iniurie, opprobrii et disastri; però che in tucti l'altri doni de Dio noi non ce possiamo gloriare, però che non sonno nostri, ma de Dio, onde dice l'apostolo: Que hai tu che non habi da Dio? et si tu l'ai avuto da lui, perché te glorii, como si tu lo havessi da te? Ma ne la croce de la tribulatione et de l'afflictione ce possiamo gloriare, però che questo è nostro. Et però dice l'apostolo: Io non me voglio gloriare, si non ne la croce del nostro Signore Yhesu Cristo. Al quale sia sempre honore et gloria in secula seculorum. Amen.»

In questa analisi mi muoverò secondo le indicazioni della semiotica generativa, che considera tre livelli di profondità: si parte da un primo livello di strutture testuali superficiali, per poi scendere alle strutture discorsive e arrivare alle strutture semio-narrative profonde.

1- A livello testuale-narrativo si possono individuare quattro segmenti testuali:
1) Francesco e Leone camminano per due miglia;
2) Francesco e Leone si fermano;
3) racconto per spiegare la perfetta letizia;
4) conclusione morale;
–    si riscontrano una serie di elementi ripetuti (iterazioni):
–    riferiti al movimento (“venendo”, “andando, “andando più oltra,” “durando ben due miglia”; questi elementi ricorrono per 6 volte),
–    riferiti all'atto di dire (“chiamò”, “dixe così”, “grida forte”, “chiamò e dixe”, per circa 7 volte)
–    riferiti all'atto di scrivere (“scrivi et nota”, “scrivi”, ripetuto 7 volte);
–    una sola volta e al termine viene usato in opposizione il verbo “odi”
–    c'è un evidente uso rimarcarcato delle opposizioni (il testo è strutturato con un continuo: “non è” vs “ivi è, qui è”).
–    emerge un continuo alternarsi di movimenti del racconto che corrispondono a altrettanti momenti narrativi. In particolare, si nota che corrisponde al movimento dei due personaggi la spiegazione a voce di cosa  sia o no “perfetta letizia”, mentre il momento del mettere per iscritto, quindi di formalizzare, perpetrare corrisponde a un momento di sosta, di pausa dal cammino.

2- Scendendo un gradino di profondità e indagando la struttura discorsiva del testo, ritroviamo il classico programma narrativo già individuato da Propp nella “Morfologia della fiaba”.
C'è l'inizio della ricerca dell'oggetto del desiderio, ovvero di cosa sia “perfetta letizia”, in cui i ruoli attanziali degli eroi si mettono alla ricerca; c'è il momento di acquisizione della competenza a fronte di un inganno (cosa non è “perfetta letizia”); c'è il momento della prova (performanza) nel racconto, dove i due personaggi protagonisti vengono crudelmente provati e scacciati; c'è infine, il momento della sanzione o del giudizio, nel quale viene raggiunto l'oggetto della ricerca e svelato il segreto, ovvero cosa sia la reale perfetta letizia.
Si tratta di una ricerca che ricalca la “quête” medievale (si pensi alla ricerca del Graal in Chrétien de Troyes): non a caso la storica Chiara Frugoni nei libri che indagano la figura di Francesco indica come egli amasse da giovane la cultura francese e la relativa letteratura cortese e nonostante l'evidente distacco da tale cultura avvenuto con la maturazione del santo, l'autrice con fa notare come i poverelli abbiano molti elementi comuni nella loro vita ascetica, pura e votata a Dio con l'ideale cavalleresco
–    dimensione della temporalizzazione: si rintracciano elementi che sottolineano la durata (venendo, andando), ma che si mescola con lo spazio: la durata si misura con i piedi. C'è poi nel racconto di Francesco un salto temporale segnalato dall'uso di verbi al futuro (quando iongerìmo, verrà adirato, dirìmo, dirà...). Questo slittamento al futuroè però punteggiato di richiami al presente (“scrivi”), come interruzioni che riportano il tempo all'attualità. Le categorie che abbiamo individuato sono dunque. durata vs puntualità e presente vs futuro.
–    dimensione della spazializzazione: la localizzazione spaziale è sempre posta all'esterno, in un continuo tentativo di andare verso e di entrare (esterno vs interno). I movimenti degli attanti nello spazio sono segmentati e brevi e corrispondono a spostamenti accompagnati dal discorso diretto, ma sono intervallati dall'atto della scrittura che coincide con un momento statico (dunque le categorie in gioco sono: dinamico vs statico).
È forse utile ricordare che Chiara Frugoni evidenzia come “cresciuti di numero e raggiunta la fatale cifra di dodici, volendo perseverare come gli apostoli nel compito intrapreso, predicare e evangelizzare, Francesco e i compagni sentirono il bisogno di un riconoscimento formale...” (Chiara Frugoni, Vita di un uomo). C'è forse una corrispondenza tra questo movimento testuale andare-sostare vs definire-scrivere che ha un rimando all'azione di predicare (andare-definire) e evangelizzare (sostare-scrivere), un alternarsi nella mente francescana tra i momenti di presenza attiva e di pausa riflessiva.

3 - A livello di dimensione profonda, quello che emerge è la ricerca della vera “perfetta letizia” e la condivisone di tale verità con frate Leone.
Il movimento profondo della ricerca partono da un “sembrare” (Francesco che indica quello che sembra ), ma svela che non lo è; quindi descrive ciò che non sembra essere letizia e lo svela come esserlo.
Questo movimento richiama e si sovrappone perfettamente a quello che in antropologia e semiotica viene chiamato il “quadrato semiotico della verità”.
Dunque, a livello profondo il racconto cela la trasmissione di un sapere “segreto”. Francesco svela la menzogna di cosa non è perfetta letizia a Leone, ma poi svela cosa è perfetta letizia non solo al frate, ma allo stesso lettore, infrangendo in questo modo la stretta relazione del segreto e facendolo parte di un percorso quasi di iniziazione che è più ampio e diffuso. Dunque in questo apparentemente breve e semplice fioretto si cela un percorso di iniziazione per il lettore: per imparare la letizia per-facta, fatta a regola d'arte, il percorso di distruzione delle apparenti certezze e la ricostruzione del senso è fondamentale. In tale percorso profondo il lettore può comprendere quanto Francesco sa già e venire a conoscenza della verità. A livello profondo il racconto è del tutto simile a un percorso di iniziazione e purificazione, proprio come quelli di tipo cavalleresco, che permette di giungere alla vera perfetta letizia.

Cerchiamo ora di vedere se questo percorso complesso e stratificato è stato riproposto con maggiore coinvolgimento utilizzando dei canali più potenti di quello della scrittura.
Partiamo con un testo musicale: la Predica della perfetta letizia di Angelo Branduardi.
Nel 2000 l'ordine francescano commissiona al musicista e cantante Angelo Branduardi un disco sulla vita di Francesco, dal titolo L'infinitamente piccolo. Per tutto l'anno giubilare Branduardi sarà in tour cantando del poverello di Assisi. Uno dei brani composti si intitola “la predica della perfetta letizia”:

Era il tempo dell’inverno ormai

E Francesco Perugia lasciò 

Con Leone camminava 

Ed un vento freddo li gelava. 

E Francesco nel silenzio

Alle spalle di Leone chiamò: 

Può essere santa la tua vita, 

sappi che non è letizia.

Puoi sanare i ciechi e cacciare i demoni 

dare vita ai morti e parole ai muti,
puoi sapere il corso delle stelle, 

sappi che non è letizia. 

Quando a Santa Maria si arriverà 

E la porta non si aprirà,
tormentati dalla fame, 

nella pioggia a bagnarci staremo: 

sopportare il male senza mormorare, 

con pazienza e gioia saper sopportare.

Aver vinto su te stesso. 

Sappi, questa è letizia.


Quali sono le principali somiglianze/differenze tra i due testi?
Se da una parte Branduardi richiama esplicitamente il racconto francescano fornendo la stessa conclusione: “con pazienza e gioia saper sopportare. Aver vinto su te stesso, sappi, questa è letizia”, di fatto il musicista lo semplifica nella linearità della narrazione, lo scarnifica dei dettagli ma senza togliere i passaggi narrativi cruciali. Chi parlaè prima il narratore e poi Francesco, gli altri personaggi e ruoli vengono eliminati.
Dal punto di vista dell'ascolto:
–    il ritmo è allegro, concitato e ripetitivo. Le battute rapide richiamano il suono dei piedi, degli zoccoli.
–    Alla fine la parte solo strumentale in cui si sovrappongono in un tripudio di marcia trionfale che si conclude con lo scampanio festante delle campane richiama una allegra marcetta.
–    Il tono è acuto, veloce, concitato, sia nella voce del cantante che negli strumenti.
–    Il crescendo musicale riprende il senso di movimento in avanti.

Vi sono quindi due livelli: quello musicale e quello discorsivo. Il primo è veloce, allegro, concitato. Il secondo è piano, lineare, didascalico. L'effetto di senso che ne emerge è una prevalenza della dimensione musicale che si aggancia al senso testuale. Letizia è prevalentemente espressa attraverso l'allegria del ritmo strumentale e del timbro. Ciò che emerge non è un insegnamento profondo, ma un senso diffuso di serenità e certezza verso quella “letizia” - mai perfetta – piuttosto umana (mai riferimenti cristologici), che l'ascoltatore sembra condividere nell'ascolto grazie agli agganci musicali che pervadono il testo.
L'effetto di senso:  “letizia = gioiosa allegria” è comunque diverso dall'effetto stratificato del racconto dei Fioretti come lo abbiamo inteso: di iniziazione e di crescita verso la verità, qui non c'è traccia.
Vediamo un altro esempio con un canale ancora più complesso, come quello audiovisivo.  Si tratta dell’episodio“la perfetta letizia” tratto dal film: Francesco, giullare di Dio (1950), regia di Roberto Rossellini.
Il soggetto di Roberto Rossellini è tratto dai Fioretti di San Francesco e La vita di Ginepro. Alla realizzazione della sceneggiatura partecipò, oltre allo stesso Roberto Rossellini, anche Federico Fellini.
Ci aspettiamo di ritrovare i contenuti del racconto trasmessi in maniera più efficace e coinvolgente, vista la grande potenzialità sensoriale del mezzo. In realtà, Rossellini, senza preoccuparsi troppo della verosimiglianza storica, filma dei veri frati negli episodi tradizionalmente narrati a proposito della vita di San Francesco.
Ma quali sono le principali somiglianze/differenze tra i due testi?
Innanzitutto, la narrazione: il punto di vista dell'osservatore e del narratore coincidono. Non c'è identificazione, ma distanza tra chi osserva e le vicende: questo è un effetto di realismo, per cui le azioni e le parole dei frati sono distanti dai sentimenti dell'osservatore, descritte come in presa diretta.
Inoltre, l'intreccio è molto più semplificato e lineare, non ci sono i diversi livelli narrativi, il racconto nel racconto che caratterizzano il testo originale. I personaggi vengono appiattiti e in alcuni passaggi quasi ridicolizzati nel loro atteggiamento umile ma anche pedantemente sempliciotto. Anche in questo caso la narrazione sembra rispettata, la scansione degli avvenimenti è simile e anche certe frasi sono identiche al testo originale: ma il contenuto apparentemente simile trattato con un mezzo espressivo potente come l'audiovisivo ha esiti molto differenti. Manca sia la complessità testuale che il percorso narrativo di scoperta della verità.
L'effetto di senso del racconto cinematografico è quello di una letizia legata alla folle semplicità utopica che si contrappone allo stato del mondo. Le scelte narrative e stilistiche di fotografia e immagine sono all'insegna della povertà, dell'essenzialità, del massimo effetto di realismo, a sottolineare questo effetto. Il vento e la colonna sonora cupa e angosciosa sottolineano questo stato di disagio.
Paradossalmente, proprio qui dove testo, mezzo sonoro e visivo possono esprimersi al massimo nel coinvolgere il “lettore”, notiamo la perdita della complessità e dei valori profondi del testo iniziale.
Qui gli elementi caratterizzanti sono altri, più legati a una attualizzazione sociale del testo e del tema della povertà. La letizia dei due poveri frati del film è sì possibile, ma di fatto dolorosamente incompresa.
Il messaggio del regista sembra essere l'elogio di una santità non religiosa, ma basata sulla folle semplicità di chi si comporta come un bambino o come un folle. Non a caso il film costituì fonte d'ispirazione per il cinema di Pier Paolo Pasolini, che nel suo Vangelo secondo Matteo e in Uccellacci e uccellini, riprende in modo evidente i temi e le atmosfere del film di Rossellini.Ma del percorso profondo di acquisizione della conoscenza della perfetta letizia, anche qui non sembra esserci traccia.

In conclusione, tre oggetti narrativi che apparentemente hanno il medesimo contenuto espressivo a livello superficiale, utilizzano differenti codici comunicativi e ottengono effetti di sensi diversi.
In particolare, il senso profondo che emerge dalla fonte francescana è mantenuto in minima parte dal canale musicale e risulta quasi scomparso nel canale cinematografico, quando invece le potenzialità di coinvolgimento dei sensi aumentano esponenzialmente e di conseguenza la possibilità di coinvolgimento del fruitore nella fruizione del senso.
Lo spunto del crossover di testi ha suggerito l'opportunità di confrontare e lanciare ponti tra canali espressivi differenti (letterario, musicale, visivo).
In questo senso, crossover è un incrocio di sistemi semi-simbolici dove il piano del contenuto si riverbera in diversi sistemi semiotici (J. M. Floch). Ma è anche un atto di traduzione intersemiotica (Jacobson) dove i segni linguistici possono essere interpretati con segni non linguistici, cioè dove un racconto può venire presentato  utilizzando canali differenti, per mostrare variazioni e somiglianze a livello di espressione e a livello di contenuto.
Ora sappiamo che PER-FETTO =per-facto= fatto a regola d'arte. Francesco sa che il mondo non è più perfetto, poiché nel mondo c'è il lupo e il lebbroso.  È consapevole delle cose stupende della natura, ma anche della malvagità che è sempre in agguato nel genere umano. Per questo il Francesco dei Fioretti non si limita a dispensare una regola morale, ma propone un percorso testuale profondo che va percorso, così come fa Leone, per ribaltare le apparenze e raggiungere ciò che è verità. Quella di Francesco è una ricerca della letizia “a regola d'arte” molto più vicina alla ricerca del Graal che alle istanze sociali di un film neorealista. Nonostante le attese di traduzione possibile tra diversi canali, abbiamo mostrato che in realtà la stessa storia attraversa dimensioni e trasmette un senso molto diverso.
Come sempre al lettore/fruitore l'abilità di accorgersene e coglierne la varietà e la ricchezza. Con una lode a quel lettore che non si sarà accontentato del coinvolgimento sensoriale ed emotivo, ma avrà saputo percorrere con impegno e con necessaria fatica le strade polverose della ricerca e della scoperta della verità.

Perfetta letizia


Chi siete voi
che cercate il cuore dell'uomo nel lupo,
che chiedete allegrezza imperitura
tra  lebbrosi impostori di illusioni?
Poveri - col cuore nella polvere - cercate.
Non è nel vento che agita bandiere
di mani piene.
Non è nel mare che dondola corpi
come i pensieri le preoccupazioni.
Non è in città di fumo
che dona domestica mestizia.
Guardate dentro dirupi ardui a risalire:
troverete in voi vera letizia,
inutile avarizia da investire:
solo se donata fiorisce.

(Andrea Parato)






Biografia
Andrea Parato  è nato nel 1979, in quello splendido periodo detto recessione, quando la gente non aveva la benzina e rimaneva a casa... Dopo una gioventù spesa negli eccessi e negli stravizi della periferia campagnola della metropoli Riminese, ha annunciato ai genitori che non avrebbe fatto l'ingegnere. Ha intrapreso la prestigiosa carriera di scienziato della comunicazione. Per cinque anni ha provato a fingersi bolognese, ma la pronuncia romagnola lo tradiva. Così è tornato con una corona di alloro nella terra della piadina, dove una casa editrice misericordiosa lo ha assunto per occuparsi di web, corsi di formazione, libri e annessi. Ammette di avere amori poligami che non ha mai tradito: poesia, scrittura, comunicazione. E alla fine spera di abbandonarsi tra le loro braccia.

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