recensione di Marcello Tosi
“Poesia che non si attorciglia nella fretta di comunicare, osserva nella prefazione Stefano Martello, ma filtra le tante cose utili e meno utili, ed alla fine, in quelle dieci o quindici parole ritrovi l’essenza”, nei versi di A dieci minuti da Urano (poesie di tentata conquista) di Carla De Angelis, edito da Fara.
La poetessa romana traccia le linee del suo viaggio esistenziale alla maniera di Graham Greene: “Con una buona propulsione e qualche graffio sullo scafo, perché è alla vita che non riusciamo a rassegnarci”, mentre la scoperta della dimensione primigenia di una genesi universale e cosmogonia che lascia le sue tracce nella dimensione del quotidiano, muove dalla lettura della Teogonia di Esiodo: ”La Terra generò primamente, a sé simile Urano… e insieme sede fosse dei Numi del cielo sicura”.
Voler aprire l’armadio del futuro, come scriveva Gertrud Stein, “dilatando cassetti e memorie”, significa accingersi a ripercorrere il segno di un cammino, di un altro sogno sulla strada per riconoscere la vita, e inseguire la coppa del segreto rubata al tempo. È la dimensione del tempo “imperfetto”, quello dilatato nel tempo e nello spazio del ricordo, che si fa scrittura. Preziosa, sottile la scoperta che poiché è il quotidiano che ci rincorre, occorre “volgere lo sguardo per far più leggero il futuro”, mentre è “la linea di un sottile dolore che pure nel sorriso non lascia mai. a farci temere di più la vita”.
Il quotidiano è una scena su cui si rincorre la vita, che continua a far doni. “È il quadro che appendo, … chiuso l’uscio”. Un solo gesto, un solo tocco può bastare per la scintilla, che fa scaturire la consapevolezza che Essere è “una montagna forte come la parola perdonata dal dolore”. E’ il desiderio in attesa del volto amato che colma il vuoto. E riordinare con perizia le cose, è come “scrivere senza il peso del cuore” e domandarsi se un libro “è capace di realizzare / confermare/ screditare/manipolare opinioni”. Il profeta è poeta, e chi conosce il segreto per volare “impasta uomini e tempo”. E vive con dolorosa consapevolezza il presente al punto di desiderare di non dover più chiedere scuse “al pane che butto.. / alle carrette del mare. Siamo ancora buoni?”
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