martedì 18 maggio 2010

Dall'Irpina Dalla Lucania: il Prometeo del Sud in compagnia di Scotellaro e Sinisgalli

di Teresa Armenti

Il mio primo incontro con Vincenzo D’Alessio risale all’agosto del 1993, quando giunse a Castelsaraceno con il CAI di Salerno; insieme a lui c’erano il giudice Giuseppe Stabile e Sabatino Landi. Fu una giornata indimenticabile, fatta di escursioni, soste, mostre fotografiche e canti degli Alpini. Vincenzo, guidato da Peppone, il re della montagna, prese d’assalto la zona archeologica del Piano dei Campi e scese a perlustrare la grotta della Badia di Sant’Angelo. Era sua intenzione scrivere un articolo per la rivista archeologica «Antiqua» sulla mitica Planula e sul culto micaelico in Basilicata. Saputo, però, che io e la mia cara amica Ida Iannella stavamo conducendo da anni ricerche sul nostro territorio, desistette dall’impresa, anzi ci diede preziosi suggerimenti e ci fornì il materiale che utilizzammo nel nostro testo sulla badia di S. Angelo al Raparo. Fui colpita subito dalla sua versatilità, dalla sua precisione e dalla sua umanità, ma anche dal suo sguardo carico di malinconia. Da allora la conoscenza si è trasformata, negli anni, in amicizia, in condivisione, in sostegno morale e in fervida collaborazione culturale.
Inizialmente partecipai al concorso biennale di poesia Città di Solofra; successivamente Vincenzo mi inserì nella giuria del Premio, dandomi la fiducia necessaria per affrontare il difficile compito della valutazione di testi poetici.
Emozionanti, poi, sono stati gli scambi epistolari, gli incontri con gli alunni del Primo Circolo Casapapa di Solofra, con il dirigente scolastico Paolino Marotta e con le insegnanti delle classi quinte. Tra Solofra e Castelsaraceno è nato un piacevole ed interessante connubio culturale, basato sull’accoglienza e sulla calorosa ospitalità. Chi ha favorito questo clima è stato il nostro instancabile D’Alessio, che rappresenta il massimo della velocità, della puntualità ed è l’abile tessitore delle relazioni culturali tra l’Irpinia e la Lucania. Grazie a lui, ho conosciuto, oltre a sua moglie Raffaela, ai suoi figli Pietro e Michelangelo, mons. Michele Ricciardelli, Michele Luongo, Michele Caliano, Nino D’Amore, Emilia Dente, Domenico Cipriano, Antonietta Gnerre, William Stabile, Alessandro Ramberti.
Vincenzo è stato (ed è) il punto di riferimento, la guida attenta, costante e premurosa, tanto che è diventato l’editore delle ultime pubblicazioni.
I suoi interessi spaziano dalla poesia alla saggistica, dalla storia all’archeologia, dalla letteratura alla critica letteraria.
Non a caso è stato definito dalla giornalista trevigiana Adriana Scarpa “Vulcano in continua attività”.
L’ultimo libro Profili critici, omaggio dell’editore Alessandro Ramberti, racchiude 95 recensioni a testi di poesia e narrativa, pubblicati per la maggior parte dalla casa editrice Fara, che mettono in risalto il pensiero meridionale, sofferto, gridato. Sono grida di dolore che denunciano i mali provocati dai politici corrotti. Nella recensione a Storie minime di Maria Pina Ciancio, D’Alessio afferma che la questione meridionale non è più nelle mani della politica, ma nelle mani della poesia. Il Sud, per il Nostro, «ha sapore di ruggine e tradimenti / del poco lavoro della sofferenza. / I figli lontani dal sole nelle nebbie tristi di torpore»: il suo tormento sono i giovani che sono costretti ad emigrare in cerca di lavoro. Egli si definisce “partigiano meridionale”. È il pensiero meridionale che lo collega a Rocco Scotellaro, a Leonardo Sinisgalli, ad Alfonso Gatto e a Bartolo Cattafi, che cita nei suoi frontespizi. Egli si identifica con i Padri della Terra quando percorre i sentieri del monte Alpi, regalandoci questi versi: «Di notte le rane recitano inni al silenzio / eterna l’acqua pensa / passo incerto viola / il Dio che tace / l’anima sversa nell’iride / sale.»
Nell’ultimo periodo D’Alessio è stato visitato dal dolore: suo figlio Antonio sorride nel luogo «dove i sogni vivono più della vita nel gioco delle note con l’eterno».
Per i suoi sessant’anni, spero che il suo dolore, ancora pungente, si lasci accarezzare dalla tenerezza della speranza, che la luce faccia scomparire il buio, permettendo alla fiducia e all’amore di vincere la solitudine, alla sofferenza di trovare la forza interiore di superare le dure prove della vita.
Auguri di cuore dagli amici di Castelsaraceno.
Tutti noi abbiamo bisogno dei suoi versi, per vincere l’atonia della nostra anima.
Che la sua strada continui ad essere quella «dei poeti argilla rossa/ arsa di campagna / che si plasma ai piedi scalzi dei fanciulli, / si inebria ai temporali di montagna».

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