venerdì 23 aprile 2010

Su La poesia, il sacro, il sublime a cura di Adele Desideri 2

recensione di Vincenzo D'Alessio
prima parte qui

L’antologia La poesia,il sacro,il sublime curata da Adele Desideri per la FaraEditore, comprende dei “contributi lampo” ispirati dal convegno tenutosi a Milano, nel novembre 2009, sul tema del tradimento da parte dell’umanità contemporanea, dei valori enunciati nel titolo.
Il nuovo contributo che analizziamo è quello della poetessa Maria Carla Baroni. Nove poesie tratte da tre raccolte pubblicate dall’autrice. Il punto di partenza è il Duomo di Milano e il tempio preistorico di Hagar Qim sull’isola di Malta. Quest’ultimo edificio megalitico, risalente all’Età del Bronzo antico, è composto da diversi cerchi di pietre, con delle camere sotterranee. Simile a quello di Stonehenge,in Inghilterra. Verosimilmente paragonabile al Cerchio di pietre del poeta Riccardo Burgazzi(in Legenda, FaraEditore, 2009). La dedicazione è alla luna, alle fasi solari, alla madre terra.
La poetessa dispone, l’uno di fronte all’altro, questi due luoghi di culto nella ricerca ispirata “a un miraggio d’infinito” oppure “innervate / da presagi di luce ultraterrena”, nel caso del Duomo di Milano. Questa figura retorica, callida iunctura, vuole rendere in forma concreta l’aspirazione al sublime, all’immutabile, percepito nelle pietre. Accosto ai versi della Nostra, a pag. 244: “Selva di guglie evanescenti / dita d’avorio” (riferite al Duomo di Milano) con i versi della poetessa Alda Merini: “Non è che dalle cuspidi amorose / crescano i mutamenti della carne” (Per Milano, Poesie, Mondadori, 1998). Entrambe rendono in versi l’amore per la città dove vivono, e il sentimento permea il monumento.
Come nell’antichità, per la Grande Dea, così nell’attualità dei giorni che viviamo, la ricerca di una identità ultraterrena che rischiari il nostro cammino è fondamentale, mentre guardiamo con i nostri occhi le chiese innalzate come mani verso il cielo, o antiche e circolari come acqua sulla terra. Noi abbiamo bisogno di una forza che ci allevi il dolore dell’esistere, il vuoto che si genera dalla lotta con l’esterno, con il tempo divoratore della nostra e altrui energia.
La poetessa ripete, nell’anafora “Non occorre”, della poesia omonima, il sentimento che abbiamo enunciato. La poesia che ricerca il sacro per superare la perdita di quell’IO che pulsa, nei reconditi anfratti del nostro cuore, come fiume alla ricerca della sorgente, prima di scomparire nel mare. L’energia confluirà di nuovo nella Madre Terra? Saremo “(…) nell’aria e nel vento / nell’acqua fuggente dei fiumi / nei raggi alternati di sole e di luna”? Vorremmo saperlo. Vorremmo rispondere alla domanda che la poesia cerca di completare nel cerchio della Vita.
Riprendo, per concludere questa nostra ricerca, le parole del teologo Antonio Donghi, riportate da Adele Desideri nel suo intervento iniziale: “La nostra esistenza è coinvolta in un mistero che ci supera e nel quale viviamo i frammenti della nostra storia” (pag. 11).

Nessun commento: