giovedì 22 aprile 2010

Su La poesia, il sacro, il sublime a cura di Adele Desideri

FARAEDITORE, 2010
recensione di Vincenzo D'Alessio
 
L’antologia curata da Adele Desideri, che reca il titolo La poesia, il sacro, il sublime, raccoglie i contributi di molti autori contemporanei, convenuti al richiamo della curatrice, a Milano, nella Basilica del Corpus Domini. Ogni autore, stimolato a dare la sua opera in prosa, in filosofia, in poesia, trasmette dal canto suo quale valore che ha oggi la sacralità nella storia del genere umano. L’uomo ha bisogno di una divinità che lo protegga dai suoi simili. Ha diritto ad una fede che indebolisca il dolore e renda meno duro l’impatto con la morte. Ha, nella continuità del contatto con il sublime, il compito di assumere e trasmettere quanto la curatrice esprime nel suo intervento introduttivo: “Gli orrori della cementificazione smodata, i centri commerciali che diventano spazi di socializzazione, le svariate malvagità che il capitalismo selvaggio ha inventato e attuato saranno esautorate soltanto se l’umanità comprenderà che bisogna ritornare ad un’etica del rispetto. Rispetto del trascendente che, nelle diverse sensibilità, potrà coincidere con il divino oppure con il sublime” (pag.11).
La poesia oggi fa la sua parte. La compie attraverso quelle “diverse sensibilità” citate dalla Desideri, che sono poi le persone più esposte , quelle che subiscono maggiormente l’odio della massa, desiderosa di incarnare “la malvagità” del Capitalismo con la maiuscola.
I primi attori, interpreti di questo smodato vivere odierno sono i politici, sostenuti dalla schiera indefinita della gente che spinge in avanti un incessante senso del consumo senza fermarsi a pensare, a leggere, a detergere le lacrime dai visi dei bambini, delle madri, dei genitori. Società anonima priva di identità morale. Questo traspare dalla lettura dell’antologia che l’editrice Fara di Rimini ci propone. Non c’è più bisogno di un Dio delle chiese o delle basiliche. C’è bisogno di un Dio fatto denaro che dimora nei centri commerciali(nuove basiliche), negli schermi televisivi, nelle trasgressioni violente, più vicine alla carne. La voce del sesso, non la voce dell’anima.
Tutto quanto è raccolto in questo volume somiglia ad un nuovo mattone tolto dal muro dell’insoddisfazione del genere umano di oggi. Nessuno è contento di Dio. Nessuno vuole morire in nome di Dio. Una guerra che si svolge in un voluto silenzio. Mi riportano alla mente le parole di un grande scrittore dei nostri tempi, Roberto Saviano: “Il problema è che non ci si può sentire esclusi. Non basta presumere che la propria condotta di vita potrà mettere al riparo da ogni pericolo” (Gomorra, Mondadori, 2007, pag. 105).
Quale pericolo più grande se non quello della fine della vita. Lo sanno bene i genitori che hanno perso i figli in giovane età. Lo sanno bene i malati di tumore (li chiamano terminali per dire che la loro morte è prossima… e la nostra?). Lo sa bene il poeta Guido Passini, che con la morte porta avanti una partita a scacchi, dove la posta in gioco è la vita. Sue sono le due poesie poste in questa antologia nei contributi lampo. Due stupende composizioni/racconto in versi della sera e del mattino, di una quotidianità vissuta nella visione completa di un “Signore” che tocca invisibilmente ma tenacemente il “palmo” delle mani dell’uomo che a fatica respira con “il piombo” nei polmoni.
Il poeta Guido Passini è cresciuto nel dolore: “e capirai quanto questo dolore / ti abbia dato. Figlio del dolore” (pag. 239). Non chiediamoci altro. Non chiediamo altro alla poesia. I perché del dolore sono una cosa sola con chi ha fede che “Giungerà una piccola luce / che punterà dritto al cuore” (ibidem). La richiesta di ascolto del poeta giunge a pag. 242: “Racconterai delle notti subacquee / passate sul letto, con bombole di ossigeno, / con la speranza che la testa smetta di pulsare.”
Il sacro è l’uomo che vive. Il sublime è l’uomo che solleva, con la forza del Creato, i propri simili dal dolore. In una intervista televisiva lo scrittore contemporaneo Andrea Camilleri diede del “santo” al medico Gino Strada per l’opera che svolgeva nel mondo, in favore delle sofferenze del genere umano,attraverso l’associazione internazionale Emergency. La continuità di questa forza si chiama Fede, sotto ogni latitudine e senza violenze. Passini nel chiudere il suo contributo poetico invoca il Signore e chiede: “Ascoltami o Signore, / sorgi dalle tue ceneri / e alza la tua mano, / veglia su me perché possa ancora / domani porgerti la mia preghiera” (pag. 243). Non basta a chi soffre l’oggi, si cerca ansiosamente il domani come luce che alimenti lo sguardo sul Creato.
La poesia genera speranza. La realtà “edonista ed omologante” non crea speranza, scrive Adele Desideri. Uccide la Vita. Resta valida la sua domanda, riposta nel contributo d’inizio: “Può la poesia (e l’arte in generale) salvare dall’ignoranza, dalla becera collettivizzazione, dalla stupidità, dalla bruttezza e dalla volgarità, sfiorando la purezza del trascendente?”
Viviamo tempi assai difficili dove troppe domande giuste non trovano risposta.


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