venerdì 23 aprile 2010

Su Solchi nodi di Caterina Camporesi

Recensione di Silvia Venuti

Gentile Caterina Camporesi,
finalmente, con le vacanze di pasqua, ho trovato lo spazio per leggere con calma e piacere del testo, la Sua raccolta.
A seguito Le riporto alcune impressioni.
L'incipit è nel dolore, dolore che consuma l'uomo nel tempo… Eppure sostiene una speranza: quella che l'arte nel suo volo alto possa dare significato al segno lasciato dalla sofferenza. Attraverso una natura minacciosa (nidi di panico, venti avvinghiati, deserti insanguinati, svigoriti sibili) è espressa
la sofferenza psichica che nasce dalla riflessione sulla ripetitività del destino umano, nel suo slancio eroico verso il divino e nella sua condanna ad una inesorabile fine. Immagini turbate da dimensioni arcane, allucinazioni, avviluppano la mente. Il male di vivere è espresso con estrema lucidità in un affondo totale (serrando in trappole d'inganni… in gole piagate… in bocche spinate). È un grido la poesia malonda in malora improvvisa, un grido per non soccombere e insieme strazio della memoria. Tuttavia ossidate memorie aprono a solchi / a semi di utopie…
I fulmini di verità / su onde raggianti di grano sono quelli che illuminano a tratti i testi che sembrano fluttuare, ondeggiare, mossi dai venti dell'anima, nel sotterraneo degli inferi delle paure ancestrali, in lande desolate ove domina l'ansia del pericolo incombente.
Appare costante il contrasto tra la fragilità ferita e occhi ciechi di pietra dura, cieli vuoti, onnipresenti insidie. Il dirupo, la grotta, la roccia sono metafore della sofferenza che s'allenta solo nella descrizione di paesaggi particolari come Barga, La Garfagnana, Capri, Le Ande: note da un taccuino di viaggio che fissano con ritmo fortemente cadenzato le parole, sentenze brevi nei versi abbinati.
A volte ancora, lo stupore affiora nel rapimento della contemplazione, come pure l'ironia. La poesia riposa in nidi di melo il vento rappresenta una splendida sintesi tra immagine e parola. Il colore dominante appare il nero seguito dall'azzurro e, la forma , quella circolare (mele, vortici, bocche, mondi). Costante appare il contrasto tra il buio e la luce (fulmini, faville, fiaccole, stelle). Anche suoni e odori vengono ricordati insieme al vento e ai volatili.
Leggere Nodi del tempo è come passare attraverso una recinzione di filo spinato: il discorso si fa ancora più drammatico nella consapevolezza dell' ineluttabilità della sconfitta finale. Emblematiche in questo senso: allarga lo sguardo e tra un respiro e l'altro. Con la forza della sintesi e della metafora naturalistica dominano nel verso, il mistero e l'enigma, l'interrogarsi costante senza mai ottenere risposta sull'orlo del dire e non dire. Nonostante le fugaci emozioni contemplative, un c(')ero malfermo, la coscienza del colpo di grazia che pone fine alla vita, ad ogni istante, nel mondo, spegne ogni gioia naturale sensitività istintiva.
Cara Caterina, la Sua poesia è poesia d'esperienza, di un vissuto globale di mente e di cuore, intimamente originale e personale che non ha bisogno di riferimenti a canoni esterni. È anche profondamente femminile, per la forte concretezza e aderenza fisica alla vita e alla natura.
Desidero, inoltre, ancora ringraziarLa caldamente per la Sua splendida recensione al mio libro che ha avuto così moltissima visibilità attraverso Internet.
Un caro saluto e grazie per le profondità in cui coinvolge i Suoi lettori.
Silvia Venuti

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