recensione di Carla De Angelis
Quando la vita cattura l’attenzione del poeta, la poesia diventa attesa e ricerca minuziosa del linguaggio. Ho davanti a me tre libri di poesia della scrittrice Narda Fattori; il primo: E curo nel giardino la gramigna (IBISKOS Editrice) lo lessi tempo fa tutto d’un fiato, l’ansia dell’attesa che permea tutto il libro alzava i battiti del cuore, come nel concerto n.1 di Tchaikovsky dove le note raggiungono quasi il cielo per poi lentamente tornare a terra, ma alla fine nessuna meta era raggiunta, anzi si spostava sempre un po’ più avanti.
Verso occidente (FARA Editore): ormai sapevo che non avrei trovato risposte, qui la poetessa legge con meravigliato stupore la sua vita, il lettore resta incantato e l'immersione nella lettura è empatia totale . Verso occidente mi ha fatto pensare ai versi del poeta belga Guy Goffette ne La vita Promessa (GEDIT, traduzione italiana di Chiara De Luca) – “oh, l’esatta fotografia dell’anima, questa parola / che s’infila negli occhi come unghie / nella carne: piove. Il sangue dell’erba” – perché Narda Fattori scava il quotidiano nella sua apparente normalità per arrivare al nocciolo, all’anima.
Il verso del moto (MOBYDICK): ho trovato questa raccolta poetica più tranquilla, cuore e mente in armonia. È un libro d’amore: Narda Fattori guarda attentamente, accompagna e rafforza nei suoi versi tutto ciò che vive, tutto ciò che conta dall’inizio della vita: “Dal grembo materno / si nasce una volta sola / così l’uomo muore e rinasce / per certificazione di eventi / di incontri e di pene / e fa dei giorni una ricorrenza/di crepuscoli”; “si fa dappresso il tramonto / che allunga le sue ombre / fra le zittite fronde della sera/non frugola neppure / l’erba dei fossi”.
Come nelle altre due raccolte l’emozione/commozione è fortissima, ma non si tramuta mai in tristezza anche se l’ombra scura del tramonto è presente come il tempo che nel passare tradisce.
È un libro d’amore e dolore, parole esatte non asciutte, lettura che scalda, versi che riportano alla realtà: “Ma tu figlio mio / racconta a tuo figlio / la storia delle mani e sarà / un principe saldo come un contadino”.
Ogni poesia meriterebbe adeguata menzione, non sono sicura di trovare le parole giuste per ognuna, ma lasciatemi citare ancora versi stupendi come: “Ho le mani gremite di preghiera / cadono se apro le dita / non voglio romperle dimenticarle / ma non le so dire”.
Non so se la poetessa abbia fatto un lungo lavoro sulla parola, la fluidità, la naturalezza con quale questi versi si fanno leggere, mi fanno pensare che abbia scritto direttamente ispirata dalla musa che la abita.
Roma, 24 aprile 2010
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