venerdì 15 gennaio 2010

Su Poeti profeti a cura di Bernardo F.M. Gianni

recensione di Vincenzo D'Alessio

scheda del libro qui


Quando ho ricevuto il libro che reca il titolo Poeti Profeti? sono andato alla ricerca dei nuovi profeti di questo ventunesimo secolo agli esordi. Fra di essi ci sono anche profetesse e questo è un punto positivo. Passando poi alla lettura degli autori contenuti ho scoperto che le pareti di San Miniato al Monte hanno trasudato quella intensissima luce che viene cristianamente riconosciuta come “La Grazia”, la quale ha toccato la lingua dei poeti partecipanti a questo incontro. Certo ogni voce del coro ha chiesto per sé la vicinanza a Dio; il tramite però è stato il curatore dell’opera, Dom Bernando Francesco Maria GIANNI, benedettino olivetano.
 La storia delle religioni monoteiste è ricolma di profeti. Tutti hanno richiamato l’Umanità a seguire la strada della Fede. Quasi tutti sono stati uccisi o perseguitati.  Le loro parole sono rimaste nelle opere letterarie che oggi vengono definite Bibbia, Nuovo Testamento e altro, secondo la professione di fede che viene esercitata. Un profeta per eccellenza è stato Gesù Cristo, il nazareno, che quando si recò nel  luogo natale, entrato nella sinagoga e letta la profezia di Isaia che lo annunciava, dovette convincersi che i suoi paesani vedevano in lui non il profeta ma il giovane che avevano visto crescere per le strade e nella bottega paterna. San Luca l’evangelista lo riporta fedelmente al versetto 24-4, «In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria sua». E dovette ripararsi bene visto che lo volevano precipitare da un’altura fuori dal paese perché aveva sollevato il loro sdegno.
 La lezione di duemila anni fa è sempre attualissima. Nessun poeta-profeta è bene accetto se non eleva canti ai politici di turno, ai potenti di turno, agli ecclesiastici di turno. Le profezie danno scandalo, sono un sovvertimento dei tempi perché predicono l’avvenire, quello che accadrà e a molti non piace vedere la propria rovina, anche se annunciata. Così sono stati perseguitati nel corso dei tempi sacerdoti come Primo MAZZOLARI, David Maria TUROLDO e via dicendo. Proprio a quest’ultimo, che partecipò alla Resistenza Italiana nella seconda guerra mondiale, friulano di nascita come PASOLINI, che visse a Sotto il Monte, dove era nato il Papa Giovanni XXIII, va ascritto il titolo di Profeta del XX secolo. I suoi scritti e le sue poesie, nonché l’unico film da lui diretto Gli ultimi, insieme a Vito PANDOLFI, sono una severa condanna per quella classe di politici e gerarchia ecclesiastica che approvò e divulgò le leggi razziali in una nazione che da meno di cento anni aveva raggiunto la propria unità nazionale.
Sono  i versi di TUROLDO che vorrei citare per aprirmi la strada critica in questo libro che merita la giusta  attenzione: «Oh le amare intese del tuo gesto / e le falsificazioni della Parola / invece così dolce e chiara! / Era carne della mia carne e sangue / che spargevo all’alba sulle porte; / Questo, solo questo io volevo: /  con le mani abbracciar l’universo. / Ora finalmente basta un inchino / sulla creazione che si apre alla Luce / uguale alle origini.» (da Il fuoco di Elia Profeta, pag.167). Conoscete versi più belli per dire che Dio è Amore? I profeti, i poeti, sono “gli ultimi” nella società che corre verso il baratro del benessere: solo ed esclusivamente benessere! Che c’è di meglio che possedere uomini e cose? Che c’è di meglio che essere temuti, osannati, ossequiati dalla gente? Eppure le tristi vicende umane legate alle continue guerre dovrebbero far riflettere. Ma gli uomini usano un Dio di comodo, comprano ancora indulgenze, si difendono affiancandosi alla Chiesa terrena. Ma a cosa serve quando la morte li ha raggiunti? Che  agli assassini  è permesso essere  seppelliti nelle chiese?


Le pagine di questo libro vanno lette molto lentamente. Accuratamente. In un nuovo tempo, che è vecchio allo stesso tempo, e ripropone le identiche richieste degli uomini dei tempi passati: Dio alla fine dell’esistenza e l’Ipocrisia per la restante parte della vita in mezzo agli uomini. Per brevità e sintesi dividerò questo saggio critico in due parti. 
Questa prima parte prende in considerazione la bella figura di padre Agostino Venanzio REALI, curata con affettuosa carità da Anna Maria TAMBURINI. Le poesie di REALI sono tutte da scoprire ed egli è ancora un profeta che ha attraversato il secolo che si è appena concluso. Un’altra voce profetica, femminile, è quella della poetessa irpina Antonietta GNERRE. Il suo intervento, all’interno dell’opera, reca il titolo di Ultimo sogno. Pianeta Terra. Di questa poetessa abbiamo seguito la poetica fino dall’inzio. La sua costante vicinanza al mondo cristiano è legato alla terra d’origine: le bellissime e dimenticate catacombe paleocristiane di Prata di Principato Ultra: luogo di immensa spiritualità riflessa in quelle prime fonti cristiane che alimentarono l’affermarsi della genesi evangelica nelle terre impervie sannitico-romane. La sua fede prende spunto dalla Natura, Madre Benigna,come quella lauda francescana in cui sorelle sono tutte le forze che muovono il Creato, figlie del Creatore.
 Scrive la Nostra: «sei l’ultimo sogno un soffio di vento / dalla curva del cielo / (…) foglia creata per me / per una piccola stagione di vita» (pag.105). C’è una fatica immensa per raggiungere la cima della montagna e incontrare Dio in un roveto ardente che non si consuma. La foglia ha una vita breve e un lavoro infinito da svolgere. Creatura silenziosa e insostituibile anela all’immensità del cielo restando legata al ramo del suo albero. Quella curva è la parabola dolorosa che l’essere umano deve affrontare per raggiungere il sogno che è la Speranza e la Vita. 
Dura è la vita dei poeti perché molta è la vicinanza ai profeti. Virtù delle virtù, la Verità, insegna agli uomini che tutto ritorna al creatore e la menzogna cade nell’oblio del Tempo. Difficile è seguire la strada incerta della verità immersa nella Parola. “Il Verbo” che si realizza nei poeti e nel profeta è una immensa ribellione agli schemi sociali, agli affetti domestici, alla partecipazione quotidiana. La gente non comprende, si indigna, si eleva contro i poeti-profeti: ma chi si credono di essere? Eppure Elia, il profeta per antonomasia, si recò da una povera vedova eludendo l’invito dei potenti. GNERRE da tempo percorre una strada difficile e insidiosa, al limite dell’eccellenza del conoscere e del privilegio di essere semplici. Lo rivelano quasi tutti i suoi scritti: «(…) La paura di perderti mi lega / Come un elastico agli stracci / di questo eterno minuto terreno.» (pag.106).  E ancora dirà: «somiglia a me / al mio nome / sconosciuto / dal mio stesso destino» (pag.107).
 L’essere umano è soffio, scintilla di luce nella stoppia dell’umanità che brucia nei secoli. Il cristiano che cos’è, che cos’era? Non quello che la chiesa tenta di imporre. Non quello che i canali divulgativi di oggi cercano di trasmettere. Il cristiano è l’immagine di Dio: povero, solo, ammalato, risorto, accecato, immobilizzato, diverso per colore di pelle da quella bianca, perseguitato nella sua libertà di parola e di fede, ucciso ogni minuto, perseguitato da piccolo, fulminato dalle mine antiuomo, dalla fame, dalle malattie, dall’AIDS, dall’ebola, dalla lebbra, dalla furia economica dei venditori di carne e organi, dalla nuova schiavitù. GNERRE con i suoi versi è il profeta che questo mondo abbraccia con le parole, a distanza, e con le azioni reali della vita difende come partigiana. In questa dimensione, che la Chiesa terrena spesso non conosce, vivono i Poeti-Profeti. Piccolissime voci. Grandi destini. Che il mondo rigetta in continuazione, come rimuove la presenza della fine che è in ogni essere vivente. Allora tutte le voci dei poeti morti nel campo di sterminio dell’esistenza umana grideranno gli stessi versi della Nostra poetessa: «Io sono in te (…) / e ti chiedo di non farmi scivolare / col mio dolore demolito dalla morte» (pag. 108).
Gennaio, 2010                                                                

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