mercoledì 13 gennaio 2010

Su Atlantide di Alessandro Rivali

nota di Alessandro Ramberti

Mi è giusto oggi arrivata questa splendida plaquette edita da M.mme Webb - Domossola, dicembre 2009. Si tratta di una anticipazione dell'attesa raccolta La caduta di Bisanzio e già queste 12 poesie ce ne fanno assoporare la bellezza epica. Uso questo aggettivo perché sono convinto che Rivali abbia uno stile davvero epico, ovviamente declinato in maniera assolutamente moderna. Si parla di grandi fatti, eventi. Si parla di storia. La voce che percorre i versi è quella di un poeta che sa narrare con una fluidità intensa e coinvolgente, con una sensualità della parola («Vedeva il fuoco rivoltare la città, / i tentacoli esplorarne le cave, / le masse ustionanti avvitarsi / con la furia dei crotali in amore.») che viene subito trasfigurata nelle sue sfaccettate valenze simboliche e allegoriche in qualcosa che ci rimanda sempre oltre e sempre all'Oltre (quasi ogni verso è intriso di riferimenti al Grande Codice): «Chiedeva una fissità da mare a mare, / il tempo per scrivere degli astri, / ascoltare Dio nel vento leggero»; «Non sangue nelle onde del Nilo, / o dura grandine sui germogli»; «Al termine del deserto / vide colui che fu morto e visse, / che parlava con dolcezza / di cieli e terre e tutte le cose, / in luce finalmente nuova».
Fra i giovani poeti mi pare che solo Davide Brullo possa vantare una poetica comparabile a questa, sia per la nitidezza e la forza che per questa neopeicità dei temi trattatti. Alessandro è caratterizzato da una umiltà che rende la lettura dei suoi versi accessibile a tutti, sebbene abbiano spesso molteplici livelli di lettura e infiniti rimandi: direi un marchio di qualità per chi coltiva ed esprime una poesia autentica, una poesia che sa parlare al distratto lettore di oggi con una profondità che desideravamo da tempo perché indaga quella dimensione spirituale della res extensa dei nostri corpi che li rende divinamente umani e non mere macchine cogitanti (e manipolabili).

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