venerdì 19 gennaio 2007

Diario boliviano (di Barbara Magalotti)


Da: barbara magalotti
Data: 19 Jan 2007 08:15:51 -0800
Subject: da Natale ad oggi

Le giornate passano e mi sono resa conto che non scrivo più un diario da quasi un mese! È circa una settimana che provo a prendermi un pomeriggio per scrivere, ma qui gli eventi si susseguono "senza tregua" riempendo le mie giornate di forti emozioni e dandomi sempre nuovi spunti di riflessione e di autocritica personale: non si finisce mai di imparare! Quante cose ho visto, quante esperienze vissute, quante emozioni sentite! Da dove comincio?
La "Nochebuena" e la giornata di Natale sono stata in carcere al San Pedro, partecipando alla messa di Padre Filippo, col mio sgangheratissimo ma orgogliosissimo coro, che per l´occasione si è "tirato" a festa (capello lucido alla Linetti vecchia maniera compreso: erano proprio dei gran fighi!) e si è impegnato a fondo per non fare una figura di merda davanti alla marea di detenuti che partecipavano alla funzione… devo dire che è andata molto bene, perché abbiamo anche ricevuto i complimenti di diverse persone che ci sono venute a stringere la mano(e io che mentalmente mi alitavo sulle unghie e me le strofinavo sulla spalla!).
Per circa un mese Petrín, un detenuto che conoscevo già da tempo, mi ha tampinato chiedendomi di portargli il "suo" pollo con patate fritte e io continuavo a dirgli che il „"suo" pollo non lo trovavo… che lo cercavo, ma quelli che incontravo per strada mi dicevano di non essere il "suo" pollo.
Alla fine ho ceduto e gli ho comprato una porzione gigante di pollo fritto con patate e gliela ho portata in carcere, guardandomi bene dal farmi notare da altri occhi indiscreti! Petrín, quasi con le lacrime agli occhi, si è infilato la scatola del pollo dentro al maglione bucato ed è corso via tutto felice. Poi è venuto a cercarmi per regalarmi una tarjeta di legno dove aveva inciso una dedica per me… della serie: la fame può essere veramente brutta!!!

A Natale sono andata con Padre Filippo e un altro volontario nel carcere di Chanchocoro, un istituto di massima sicurezza che ospita una ottantina di detenuti cosiddetti "molto pericolosi". Il carcere di Chanchocoro si trova fuori La Paz, oltrepassando El Alto, ad una ventina di chilometri dalla città, sperduto in mezzo all'altipiano, dopo chilometri e chilometri di case di contadini e pastori. Per arrivarvi bisogna passare su un sentiero di terra battuta spesso infangato, e attraversare occasionali torrenti in piena e fermarsi spesso per lasciare il passo a maiali, vacche, pecore al pascolo: mi ha fatto veramente impressione vedere in mezzo all'altipiano, in mezzo alla natura selvaggia, con lo sfondo della splendida Cordigliera Real e il cielo azzurro che si appoggiava sulla terra, questa costruzione di cemento, con le torrette di controllo ai quattro lati, il filo spinato sul muro di cinta e la porta di metallo che inesorabilmente diceva "Da qui non si esce"! che faceva molto Alcatraz. L'ingresso e la perquisizione sono molto lenti e accurati da parte della polizia penitenziaria, ma devo dire che l'ambiente mi è parso molto più rilassato rispetto a quello del San Pedro: probabilmente perché c'è molta meno gente e la situazione è palesemente sotto controllo. Il carcere è molto più pulito del San Pedro e le costruzioni dove sono ubicate le celle sono moderne, anche se lo squallore è inevitabile: soprattutto il senso di abbandono ed isolamento che emana quel posto… Alcuni detenuti ci hanno accolto con calore, mentre altri (facce da galera!) ci guardavano con occhiatacce scure ed interdette. Poi ad un certo punto mi sento chiamare "Barbara!". Mi giro e trovo David, un detenuto che avevo conosciuto durante il mio anno di volontariato a La Paz.
Una forte stretta di mano, un abbraccio affettuoso e poi una bella chiacchierata fitta fitta sono state un bellísimo regalo per questo mio Natale boliviano.
Uscire da quel posto e guardarlo sparire piano piano in mezzo all'altipiano mi ha fatto stringere il cuore e mi ha fatto nuovamente pensare a quanta gente abbandonata e dimenticata esiste nel mondo.
Dopo Natale mi sono organizzata per andare a Tarija a trovare Padre Alessandro, che ha aperto una comunità per il recupero di alcolisti, dove mi sarei fermata per una decina di giorni. Il viaggio verso Sud è stato bellissimo, con dei paesaggi incantevoli: quasi un giorno di bus, passato rannicchiata molto scomodamente in prima fila (perché volevo godermi il panorama) con un tipo che per tutta la notte mi si è appoggiato pesantemente addosso russando… "Sono morbida e comoda!" ho pensato guardando la faccia rilassata e sorridente del mio vicino che dormiva beatamente. Il bus era completamente pieno e le cholite trasportavano sacchi enormi di coca da vendere al mercato Tarijeño: le esalazioni dai sacchi di coca, anche se chiusi nel bagagliaio, erano talmente forti che mi sembrava di masticare foglie a tutto spiano, per cui ho dormito veramente poco!!! Le ultime 5 ore di viaggio sono state terrificanti: una serie interminabile di curve paurose
su improbabili stradelle di un monte sabbioso, franoso, a strapiombo su precipizi vertiginosi… e io nella mia bella prima fila a guardare in faccia la sensazione di caduta, a cercare di gestire "dignitosamente" l'adrenalina e lo scatenamento ormonale dato dalla paura, e a pregare Dio che me la mandasse buona… E ad aumentare la mia tensione il tipo che mi stava di fianco che mi diceva che la settimana prima era caduto un collectivo proprio su quella strada, facendo una quarantina di morti… ma che era normale: "Sono cose che succedono!" AIUTOOOOOOOOOOOOOO!
Quando finalmente ho messo piede alla stazione dei bus di Tarija, credo di aver pianto di gioia: neanche il cammino per lo Yungas (che ho fatto tre volte avanti e indietro) mi aveva fatto tanta paura, nonostante sia notoriamente molto più pericoloso… mi sa che sto invecchiando e certe emozioni non le aguanto come un tempo!
La comunità di Padre Alessandro ospita circa 40 persone tra alcolisti e bambini e giovani con vari problema sociali: ci sono anche due o tre bambini abbandonati, che chiaramente mi hanno fatto immediatamente una tenerezza lacerante. Uno di questi, Edwin, è un ragazzino di 13 anni che, rifiutato e maltrattato dalla famiglia, ha vissuto molto sulla strada, un teppistello/delinquentello scafatissimo con la faccia furba e vivace che mi ricorda terribilmente Paco (ve lo ricordate?)… alla prima uscita in camionetta si mette in braccio a me, e mi "molesta", mi fa cento domande, mi tocca i capelli, gli orecchini, l'orologio, mi apre lo zaino, facendomi ridere di tenerezza. La sensazione di bisogno di attenzione e di affetto che mi trasmette mi sconvolge: penso che chi ne ha le possibilità dovrebbe quantomeno provare a pensare di adottare un bambino. Porto Edwin in una sala giochi (col consenso di Alessandro, che se la ride sotto i baffi) e lui vuole che io partecipi, guardando le sue prodezze nei giochi e si stima davanti agli altri bambini e ragazzi della sala perché io sono con lui: mi guarda soddisfatto e sorridente ad ogni YOU WIN che appare sullo schermo… che tenero.
Le giornate trascorrono serene alla comunità e io mi rendo disponibile ad aiutare Paolino, il cuoco ex alcolista, in cucina: e dove potevo andare a finire io? Chiaramente non ho perso tempo ad assaggiare continuamente tutto quello che potevo (e ad ingrassare come un maialino… non ce la posso proprio fare a trattenermi!) e con Paolino le mattinate, passate a tagliare cipolla, a pelare patate e a preparare il pranzo per i 40 ospiti della comunità, sono state divertenti e piene di insegnamenti culinari: ci siamo scambiati pareri e ricette transoceaniche a vicenda – una sorta di esperienza interculturale in cucina! Tutte le mattine ho partecipato alle riunioni della Alcolisti Anonimi, dove ognuno racconta la propria giornata e condivide le proprie emozioni, i propri dubbi, le proprie paure, le proprie piccole conquiste quotidiane. Il clima di questa comunità mi ha rapito, mi ha conquistata, e mi ha donato serenità e voglia di fare. Le storie di queste persone sono intrise di difficoltà, soprattutto di quel vuoto affettivo che le ha portate a cercare nell'alcol la sedazione del dolore. Spesso mi mettevo a leggere un libro sulla veranda che dava sul giardino e a turno i chicos, i niños, e gli hombres della comunità si sedevano vicino a me e mi raccontavano le loro storie, confidandomi le loro speranze i loro sogni, i loro timori, quasi come in un confessionale: il libro che mi sono portata a Tarija è rimasto inevitabilmente sempre alla stessa pagina, ma è il prezioso libro della loro vita, quello che queste persone mi hanno dato
l'opportunità di leggere… e un'altra volta mi rendo conto di quanto sono fortunata e di come la presenza dell'affetto di una famiglia sia importante nella vita di una persona, per affrontare le piccole o grandi difficoltà di tutti i giorni.
La notte di capodanno abbiamo organizzato una festa con giochi e musica a tutto spiano, con una gara di ballo alla quale un chico mi ha "obbligata" a partecipare insieme a lui: che ridere! Lascio alla vostra immaginazione le mie performances e la mia grazia elefantina… Comunque, alla fine io e il mio compagno siamo arrivati in onesta quarta posizione, dopodiché Mauricio, un altro chico che balla divinamente (veramente credo che dovrebbe fare qualche provino, perché ha la musica nel sangue ed è un piacere guardarlo mentre si muove "sentendo" la musica dentro, oltre al fatto che e‚ proprio bello ed ha un fisico sportivo veramente notevole!), mi trascina nel mezzo del salone e vuole che balli con lui! Morale della storia: balliamo 3 ore di
fila e la sua bravura riesce a nascondere le mie castronerie in fatto di balli latinoamericani. Bellísimo!!! Che bello ballare con qualcuno che sa ballare e che riesce a trasformare i tuoi passi incerti in armonici movimenti di coppia: mi sono quasi sentita brava! Si dice che quello che si fa la notte dell'ultimo dell'anno si farà tutto l'anno: chissà che quest'anno non ritrovi il gusto di andare a scatenarmi con la musica come ai "vecchi tempi"!… i vecchi tempi dello Slego, quando si ballava
sudatissimi, dall'inizio alla fine dell'ultimo pezzo.
I giorni passano e la mia partenza comincia ad avvicinarsi. Come saluto prima
della mia partenza mi offro di fare da mangiare per tutti: pasta al forno
per 45 persone e goulash con le patate (tentando di ricordare vagamente come
lo faceva la mia mamma Viktoria…). Non mi sono resa conto della difficoltà di fare da mangiare per tanta gente: non vi dico che sclero che avevo… i chicos che mi aiutavano mi hanno sopportata mentre scleravo perché la pasta secondo me era scotta (e mi incazzavo con me stessa, per non averla scolata 2 minuti prima…) e mi dicevano: "Ma no Barbara, va benissimo così!" "Vedrai che sarà buonissimo il tuo piatto!" mi sono
vergognata un po'. Poi invece la cottura nel forno con la simil-mozzarella e lo pseudo-parmigiano hanno rimediato alla scottura della pasta. 45 persone hanno osannato la mia pasta al forno, mangiandone doppia razione, come dei lupi: non so se perché gli e‚ piaciuta veramente o perché volevano farmi piacere… a me comunque è piaciuta! La sera prima della mia partenza, Mauricio viene in terrazza dove mi stavo fumando una sigaretta, guardando una luna grandissima e bellísima e mi dice con l´occhio triste: "Me da pena que te vayas, Barbara", cerco di sdrammatizzare, ma la
stessa cosa vale anche per me…
E il giorno della partenza arriva: qualche lacrima e la promessa, con tutti, di sentirci, scriverci, farci sapere a vicenda come stiamo.
Durante la mia permanenza a Tarija mi aveva contatta via mail un ragazzo italiano, Lorenzo, che aveva letto il mio libro e che per interesse professionale (è un avvocato) avrebbe voluto visitare il San Pedro. Siccome si trovava al confine tra Argentina e Bolivia, gli propongo di incontrarci ad Uyuni, e fare insieme il giro del Salar, prima di rientrare a La Paz.
Detto fatto! Prendo un bus per Potosí (ripercorrendo a ritroso la strada terrificante dell'andata… no comment!) e di lì un altro per Uyuni. Incontro Lorenzo, che, come promesso via mail, aveva già trovato un'escursione di tre giorni al Salar e preso una stanza d'albergo per noi due. Lorenzo è simpatico e spartano come me, per cui ci troviamo subito bene. Il mattino dopo si parte! Carovana di Jeep sgangheratissime cariche di viveri, acqua e cuoca, e compagni di viaggio acchiappati un po' qua e un po' là (argentini, spagnoli, uruguayani, mexicani…). Il viaggio ci porta attraverso il deserto di sale più grande al mondo. Un deserto in cui gli unici punti di
riferimento sono le montagne che si vedono in lontananza, un deserto che sembra di neve e ghiaccio, che abbaglia da quanto forte è il riverbero della luce del sole. L'autista ha 14 anni di esperienza, ma ci dice che a volte succede che qualcuno, anche se esperto, si perda, se le nuvole coprono le montagne, facendo sparire le "coordinate spaziali"…
Durante il viaggio Lorenzo si ammala e passa una notte con la febbre altissima, oltre ad altri disturbi gastro-intestinali… POVERETTO!
Fortunatamente il mio compare ha la pellaccia dura e in un paio di giorni si
rimette in sesto. Durante il viaggio abbiamo approfondito la conoscenza con
la banda di chicos argentini, la coppia di spagnoli e le due amiche uruguayana e mexicana. Gli argentini facevano un casino bestiale, ma hanno dato un tono di allegria a tutta la carovana… anche di notte! Al ritorno ad Uyuni eravamo diventati tutti amici e così, anche chi doveva prendere rotte differenti ha deciso di unirsi a me e Lorenzo e venire a La Paz.
Non mi soffermo a raccontare l'odissea del ritorno a La Paz, perché ci vorrebbe un diario solo per raccontare quello…

OH LINDA LA PAZ! Finalmente a casa!!! Arrivata a La Paz la mia "agenda degli impegni" è già satura: comincio con una riunione al San Pedro con i papà dei bambini, per avvisare dell'imminente inizio delle visite dentistiche per i loro bambini e della necessita‚ di firmare una loro autorizzazione che consenta a me e ad altri volontari di portare fuori dal carcere, al consultorio dentistico, i loro bambini. La burocrazia è qualcosa di micidiale: bisogna pensare a tutto, a qualsiasi cavillo che poi ci possa bloccare nello svolgimento delle attività. I papà dei bambini vengono numerosi alla riunione: mi fanno una tenerezza grande e sento molto chiaramente, percepisco fortemente la loro contentezza per essere stati presi in causa nell'organizzazione di un progetto che anche se di riflesso, li riguarda da vicino… mi chiedo se i servizi sociali del Penal de San Pedro si rendano conto che se si lavorasse con i padri, stimolando la loro responsabilità nell'educazione dei loro figli e nella tutela della loro salute fisica e psicologica, potrebbero avere dei risultati fenomenali anche per quanto riguarda la condotta dei detenuti stessi, oltre al fatto che il clima emotivo all'interno del carcere migliorerebbe notevolmente… questi papà hanno tanto bisogno (e secondo me il sacrosanto DIRITTO) di essere
presi in considerazione, di sentirsi "cagati" da qualcuno che pensa a loro non solo come detenuti, ma anche e soprattutto come padri. Mi vergogno un po', quando alla fine della riunione tutti i papà insieme mi fanno un applauso e mi gridano un grazie che viene dal cuore (non sento di meritarlo, ma lo accolgo con gioia e arrosisco evidentemente, farfugliando un timido: "Gracias hermanos. Yo no hizo nada!").



Mi sono riunita anche con le due dottoresse dentiste che svolgeranno le visite e le cure dentistiche ai bambini. Con una di queste mi sono vista la mattina sucessiva per andare a comprare tutto il materiale odontologico che servirà per la prima visita diagnostica ai bambini, ma in parte anche per le cure dentistiche vere e proprie.
Per la cronaca e per amore di trasparenza verso chi mi ha aiutato nella raccolta fondi: con circa 120 euro sono riuscita a comprate 20 set di specchietti, pinze e altri aggeggi (quelli con le punte curve che servono per verificare lo stato dei denti… non chiedetemi come si chiamano!), guanti usa e getta + mascherine chirurgiche, cotone, disinfettante in quantità, detersivo, detergente antibatterico per le mani, bicchieri riciclabili, varechina, vario materiale di cancelleria per l'annotazione delle varie schede diagnostiche e di verifica in corso di cura, un centinaio di fotocopie delle schede diagnostiche, duecento fotocopie della scheda di
autorizzazione dei papà, trasporti per le due dottoresse e l'infermiera che le aiuta.
Ho scritto la richiesta di permesso di ingresso al San Pedro per le tre operatrici, e l'ho consegnata nelle mani del Gobernador, assicurandomi col suo segretario che avrebbe lasciato celermente l'ordine di ingresso agli ufficiali in servizio alla porta di ingresso, per non avere problemi nei due giorni stabiliti per le visite dentistiche. Strano ma vero: è andato tutto benissimo! Le dottoresse e l'infermiera erano abbastanza scioccate per l'ambiente fisico e sociale nel quale si sono viste immergere, molto timorose: entrare al San Pedro per la prima volta non è così carino… mi sono state appiccicate per tutto il tragitto dal cacello di ingresso alla porta
del centro educativo, con i detenuti che mi urlavano "Barbarita, ci hai
portato delle nuove amiche? Ce le presenti?" "Caramba! Tre dottoresse!
Barbara, anche io voglio essere curato! Sono pieno di carie!" e ridevano
delle facce impaurite delle dottoresse, mentre io cercavo di tirare battute
ironiche a destra e a sinistra per distrarre la loro attenzione dalle tre nuove ospiti.



In due pomeriggi le dottoresse sono riuscite a visitare tutti i bambini dai 7 anni in su, come avevamo stabilito, e anche molti bambini tra i 5 e i 7 anni che presentano problemi odontologici gravi: ho scattato diverse foto e spero di riuscire a mandarvele al più presto! Vedremo nei prossimi giorni di stabilire un cronogramma delle cure dentistiche in accordo con gli orari scolastici dei bambini, le priorità e le urgenze.

L'altro giorno, ho preparato da mangiare per il gruppo dei detenuti che vado
a visitare di solito e i ragazzi del coro: risotto agli spinaci per 20 persone! La preparazione del risotto ha avuto dell'incredibile: provate ad immaginare una stanzetta senza una cucina, ma con un fornello rimediato con una resistenza incastrata a spirale in un pezzo di terracotta, appoggiato per terra, un pentolone enorme che scaldava il burro solo al centro, e gli spinaci che ci hanno messo un'ora solo ad ammorbidirsi… altra scenata di sclero della sottoscritta (sempre per il mio perfezionismo culinario… ma soprattutto perché ci tenevo che i ragazzi mangiassero qualcosa di buono che non avevano mai assaggiato, e il mio risotto agli spinaci – quando cucinato in condizioni "normali" – mi dicono tutti che è buonissimo!), sclero che Carlos, un peruviano che si è offerto di aiutarmi, ha amabilmente sedato,
rassicurandomi sul risultato: altro momento di vergogna, per me che di pazienza ne dovrei avere a quintali, e di fronte ad un detenuto chiuso in galera da piu‚ di 4 anni, mi sono sentita veramente un verme e una grañidísima cretina (gliel'ho detto, gli ho chiesto scusa per la mia sclero e l'ho ringraziato per l'insegnamento che mi ha dato).
Un giorno, mentre correvo da una parte all'altra della città come una loca,
per i documenti di ingresso delle dottoresse al San Pedro, ho incontrato per
strada un lustrabotas che tre anni fa veniva sempre al dormitorio. Veramente
mi ha vista lui, e mi ha chiamato… abbracci senza fine e una frase del chico che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi: "Barbara! Ero triste fino a due minuti fa. Adesso che ti ho visto mi sento felice, nella mia giornata è spuntato il sole! Abbracciami Barbara! Sono così contento di vederti!"
Io quasi piango di gioia, non so cosa dire, sono solo piena di gioia e mi sento
tanto piccola. Parliamo un po' e poi il chico mi fa sapere la zona dove adesso stanno dormendo per strada: "Vieni a trovarci una di queste notti, Barbara!". Ok! Alla grande! Stabiliamo per sabato sera.
Sabato notte con Lucio e Jenny, prepariamo una cinquantina di panini, compriamo banane e bottiglie di refrescos per i chicos e li andiamo a cercare sulla strada. Chiaramente, fantozzianamente, i chicos della banda che stavamo cercando ("Los Intocables") non sono dove il chico mi aveva indicato, così, camminiamo fino alla Plaza San Francisco e ne troviamo altri: si avventano sulle borse di panini e di platanos, e nel giro di 5 minuti sparisce tutto!!! Arriva Miguel, che conoscevo bene, mi guarda, con la faccia distrutta dall'alcol e dal vuelo (solvente per vernici). Penso che forse non mi riconoscerà, perché è troppo sconvolto. Gli sorrido senza
dire nulla, lui si ferma, mi guarda, inarca la la schiena all‚indietro, e poi si china in avanti gridando: "Barbara! Eres vos?! Eres vos?! Has vuelto!?
Has Vuelto?! Has vuelto?!" piange Miguel, mentre gli dico che sì, sono proprio io… lacrime come diamanti per me, mentre mi abbraccia e mi bacia, mentre mi chiede di continuare ad abbracciarlo, mentre mi dice che allora non è un sogno, e si mette a ricordare i tempi passati, di me e di Luca al dormitorio, dei suoi tentativi di uscire dalla strada. Chiacchieriamo a lungo, mentre chicos più piccoli tentano invano di mettermi in imbarazzo con frasi sconce o simulando di borseggiarmi. Miguel li sgrida: "Lasciateci in pace; lasciate stare la Barbara! È una amica!"
"Ci riprovero‚ a smettere" mi dice, ma i suoi 15 anni di strada pesano sul suo viso, sulle sue braccia piene di tagli, pesano sulla sua vita come macigni. Con le lacrime
agli occhi mi dice: "Tu sei come una mamma per me. Non ti dimentico" e dentro mi sento un vortice di emozioni forti e un nodo alla gola che mi accompagna fino a casa.

La notte passata in strada con i chicos mi lascia anche un altro ricordino: uno strano prurito… probabilmente pulci… ma forse qualcos‚altro… oggi pomeriggio mi sono decisa ad andare dal dermatologo, per svelare l'arcano.

Vi abbraccio tutti dal primo all'ultimo. Magari vi passo qualche pulce e me ne libero!
Hasta siempre: Barbaridad

PS: La mi forma fisica è pietosa. Con tutti sti pranzi e ste cene sto lievitando. Ma da lunedi‚ prossimo mi metto a dieta!!! Giuro!!!

4 commenti:

Alessandro Ramberti ha detto...

Sono davvero contento di pubblicare queste pagine in presa diretta di Barbara Magalotti che lavoro con i ragazzi di strada e nelle carceri della Bolivia dove è recentemente ritornata dopo subito aver pubblicato per la Erickson Di' a qualcuno che sono qui.

Alessandro Ramberti ha detto...

Subject: ...diagnosi dermatologica!
Date: Sat, 20 Jan 2007 00:12:51 +0000
da barbara magalotti

Sono appena uscita dall‚ambulatorio del dermatologo... nello studio ho incontrato un medico che l'altro giorno era venuto a casa di padre Filippo a chiedergli dei medicinali contro la lebbra. Non so se ho detto a tutti che Filippo, prima di venire a lavorare a La Paz come cappellano delle 4 carceri, ha vissuto per 14 anni sul Rio Mamore‚ nella zona amazzónica
boliviana, su un barcone di legno (stile "Hack e Jim" del Missisipi) con un gruppo di lebbrosi che ha aiutato a fondare una cooperativa agricola... adesso queste persone si autosostengono grazie alla produzione/vendita di miele e prodotti delle api, e hanno creato un mercato che funziona molto bene... È un'altra di quelle cose che mi fa ammirare quest'uomo, come una persona che ha vissuto la cristianità come modello d'azione, più che di parola...
Bene: il medico mi vede e mi stringe la mano (e non si decide a lasciarmela...) con un sorriso a trecento denti: "La señorita que trabaja
con el padre Filippo en el Penal de San Pedro! No me acuerdava una tal linda mujer!" (...ci credo! Quand'è venuto a casa di Filippo avevo il pigiama e le ciabatte ed ero appena tornata dal Salar di Uyuni distrutta e mi stavo bevendo un mate di coca col pane inzuppato dentro... una scena da dopoguerra italiano!!!) ... comunque mi viene troppo da ridere, perché anche oggi sono vestita come una stracciona... ho portato TUTTO in lavanderia, per
la questione delle pulci o presunte tali, per cui ho addosso una tuta e una felpa cenciosa che mi ero portata eventualmente per dormire... e poi sono
grassa come un maiale! Ma cosa ci avrà mai visto in me!? Gli rispondo ironica: "Linda?! Vieja mujer!" e lui che non mi lasciava ancora la mano (e
io che cercavo di tirarla via... dovevate vedere la scena!!! Da pisciarsi
addosso dalle rísate!!!) e lui che insisteva "Vieja? En su mejor madureza!"... insomma, per fortuna è arrivato il dermatólogo che mi letteralmente trascinato nel suo ambulatorio, sennò mi veniva anche una dermatite alla mano destra!!!
Dopo un'accurata visita, la diagnosi del dermatólogo è rassicurante (da un lato): intossicazione alimentare... Ma dico io: a tutti i stramaledetti gringos che mangiano qualcosa di andato a male gli viene la cagarella per
una settimana.... e a me NIENTE! Solo una fastidiosissima serie di brufoli pruriginosi che non mi fanno dormire e neanche il lontano dubbio di una bella cagarella liberatoria...
Ok... ok per modo di dire... Il dermatólogo mi ha ordinato una dieta disintossicante!!! Praticamente per due giorni potrò mangiare solo riso bollito e poco altro... poi per altri 6 giorni niente di molte cose, soprattutto di tutte quelle cose buone che mi piacciono (le famose
"schifezze": mais tostato, pizza, patatine, noccioline, ecc.- che chi mi conosce sa benissimo che mi fanno brillare gli occhi al solo
pensiero...) e ... niente vino... Insomma... avevo detto che cominciavo la dieta lunedi... ma il dottore è stato perentorio... DA SUBITO! Io comunque "subito" lo interpreto come "da
domani"... Mi sa che Filippo mi ha preparato qualcosa di buono per cena, stasera, e ha comprato un vino cileno da provare... come faccio a deluderlo???
Carissimi... vi saluto con l'acquolina in bocca!
Un abbraccio, senza paura di attaccarvi le pulci!
La vostra Barbaridad

PS: un'altra bella sorpresa. Il dermatólogo quando ha saputo che ero volontaria nel carcere San Pedro mi ha stretto la mano per salutarmi e mi
ha accompagnato alla porta con un "Ha sido un gusto conocerla! Encantado!" e ... non mi ha fatto pagare la visita!!!

Alessandro Ramberti ha detto...

Subject: idee per un progetto...
Date: Sat, 03 Feb 2007 20:14:09 +0000

Carissimi tutti… già che ci sono e che il tempo è veramente poco, vi
mando la lettera che ho scritto ad Andrea Canevaro e Afredo Camerini di
EducAid… così vi fate un'idea di quello che sto facendo oltre ad inseguire dottoresse, educatrici, ecc. ecc. e organizzare il servizio di cure dentali per i bambini del san pedro… sono molto stanca. Sì, lo devo ammettere. E durante la settimana scorsa ho avuto una delle mie crisi di pianto… da stress… chi mi conosce ha già capito… Ma tranquilli! Super Doña Ba
alias fantozzina in altura, si è già ripresa e rimboccata le maniche… ho anche quasi stipulato un contratto di collaborazione con la facoltà di odontoiatria dell'Università UMSA di la Paz, per far fare quasi gratis le
lastre ai dentini dei
bimbi… SIIIIIIIIII!!! mi sto
alitando sulle unghie…
Santa Cruz de la Sierra e il Centro educativo di Teresa Cremonesi sembrano un miraggio… aspetto che vengano i giornalisti ad intervistarmi per la "campaña de salud oral por los niños del San Pedro" e poi mi fiondo a
Sud… e probabilmente, prima di arrivare a Santa Cruz mi incontro con un tipo italiano (un altro!!!) a Cochabamba e di lì andremo insieme a Vallegrande e a La Higueira… i luoghi della triste morte del Che… un piccolo pellegrinaggio per un uomo grande, con un cuore immenso… eh! Ce ne
fossero di più di uomini così!!!
Ah! La mia forma fisica è veramente pietosa… per fortuna cammino su e
giù per i saliscendi di La Paz almeno due ore algiorno… sennò non oso immaginare come sarei… CHE PPPPPPALLE IL METABOLISMO LENTO DEI 40 ANNI!!!

Carissimi Alfredo ed Andrea! Finalmente miprendo qualche minuto per farvi avere mie notizie e soprattutto farvi arrivare qualche idea (che sicuramente necessita di sviluppi!) per un eventuale progetto in Bolivia…
L'altra settimana ho avuto il piacere di conoscere due persone che per motivi diversi sono molto attente e impegnate nell'ambito carcerario, soprattutto sono attive nella difesa dei diritti umani. Le due persone sono marito e moglie:
Gabriela Veizaga è avvocato, ha lavorato diversi anni per la Defensoria del pueblo a La Paz, ha una vasta esperienza in campo penitenziario ed in campo
progettuale (ha collaborato in diversi progetti di cooperazione) ed è ora la responsabile della commissione trasparenza, voluta dal governo di Evo Morales, per controllare l'efficenza e l'onestà dei vari ministeri.
Livardo Rendon, colombiano, è un ex detenuto (ha passato 12 anni tra il
carcere San Pedro e quello di Chanchocoro, per narcotraffico). Durante i 12 anni di detenzione, Livardo , anziché deprimersi e buttarsi nell'alcol e nella cocaina, ha cominciato a studiare e a leggere tantissimo… grazie
anche all'aiuto di quella che sarebbe diventata sua moglie, Gabriela! Ora Livardo è responsabile nazionale di una associazione che si occupa dei "diritti umani dei detenuti", scrive un giornale informativo sulla realtà carceraria e ha fatto parte della commissione deputata alla modifica legislativa per la parte relativa ai diritti dei detenuti.
Gabriela e Livardo vorrebbero lavorare ad un progetto che abbia come focus "il miglioramento della qualità di vita nelle carceri boliviane, ma anche straniere". Entrambi hanno infinite conoscenze istituzionali e una ottima
relazione con i referenti ministeriali dell'attuale governo.
In quasi tre ore di incontro, oltre a raccontarci le nostre storie (Livardo è un pozzo di conoscenza… è incredibile come abbia potuto cogliere i lati positivi della sua detenzione e sfruttare il tempo della sua permanenza in
carcere…) abbiamo annotato quelli che potrebbero essere dei punti in
comune (da sviluppare!) di un'idea di collaborazione per un progetto di cooperazione internazionale.
Ecco qua:
1) Focus principale LA PROBLEMATICA PENITENZIARIA IN GENERALE: migliorare la qualità di vita nelle carceri
2) Lavorare con i bambini del San Pedro e con i loro padri. Coinvolgimento dei papà nella cura, nell'educazione dei loro figli (corsi, incontri, incontri di autoaiuto, incontri con padri e figli insieme, ecc.). questo
migliorerebbe il clima emotivo all'interno del carcere: tra padri e figli e tra detenuto e detenuto. Ristrutturazione di un locale interno al San Pedro per i bambini, da adibire come Centro Educativo.
3) Sviluppare la creazione di contatti e scambi con l'estero. "INTERCAMBIO" di conoscenze, competenze,stili lavorativi, scambio di opinioni, tra professionisti dello stesso settore/lavoro e con professionalità differenti
(assistenti sociali, psicologi, pedagogisti, educatori, polizia
penitenziaria, ecc.) che lavorano in ambito penitenziario.
4) Sensibilizzazione/responsabilizzazione sociale, in particolare in Bolivia (dove c'è uno scarso interesse alla "verità", purtroppo a causa di
una forte corruzione soprattutto della polizia penitenziaria, e dunque una sorta di "mafia" latente che detta legge e alla quale i boliviani si sentono "sottomessi"). Portare fuori dalle mura carcerarie la conoscenza/coscienza della realtà carceraria. Stimolare la discussione: scuola
primaria/secondaria/università.
5) Reiserimento post-detentivo. Padri e bambini alla fine della detenzione: Quale fututo? Corsi professionali / progetti di microcredito / case di
accoglienza / appoggio educativo ai bambini.
6) I campesinos detenuti: una realtà a parte. Molti campesinos (quelli molto poveri), arrivati in città, una volta fatta l'esperienza del carcere, in cui hanno diritto ad un pasto giornaliero e ad assistenza medico/sociale
(seppur veramente ridicola!), spesso continuano a delinquere, e non pensano alle conseguenze per la loro vita futura.
7) Parlando dei bambini (che all'interno del San Pedro sono ora circa 200) abbiamo annotato queste conseguenze della loro vita all‚interno del carcere:
 Una progresiva "desensibilizzazione" agli eventi traumatici, con conseguenze patologiche sul piano psicologico (soprattutto nevrosi e
"acting-out" più o meno pericolosi: autolesionismo-tagli, tossicodipendenza, promisquità sessuale, tentati suicidi, ecc.) oltre che una distorta percezione del rischio.
 Stigmatizzazione da parte della popolazione esterna, con conseguente isolamento sociale
 Tendenza a delinquere per effetto dell'apprendimento/acquisizione di una cultura della devianza; senso di autostima basato sulla "forza", su quanto più si sfida il sistema legale e si infrangono le regole sociali.

Questi alcuni dei temi che abbiamo affrontato.

Intanto vi devo aggiornare sul famoso progetto che prevedeva la fuoriuscita dei bambini dal carcere e l'inserimento in un centro educativo (meglio dire
"istituto"). Innanzitutto i padri e le madri detenuti/e di diverse carceri paceñe si sono opposti con forza a tale progetto, a tal punto che il responsabile del Regimen Penitenciario ha dichiarato che: i figli dei padri e le madri detenuti/e che saranno d'accordo con questo progetto, saranno
inseriti nella comunità, gli altri rimarranno con i loro genitori… per
cui in sostanza si sono spesi 200mila dollari per niente… robe da matti!
Comunque… io son più contenta così!
Poi un'altra cosa bella! L'altro giorno il delegato dei genitori detenuti del San Pedro mi ha chiamato per parlare: per farla breve mi ha chiesto se li posso aiutare a richiedere al Regimen Penitenciario la ristrutturazione
di una parte del carcere (chiamato "Chanchocorito") come luogo di
accoglienza/centro educativo per i bambini del San Pedro (secondo me Ramiro Llanos, il responsabile del R.R. alla fine della mia permanenza in Bolivia mi odierà!!!): vorrebbero avere i loro figli vicini e mi hanno chiesto se
sarei in grado di raccogliere dei fondi per tale ristrutturazione (e se si chiedesse a qualche grossa agencia internazionale???) in realtà l'altra sera con Livardo e Gabriela si era parlato proprio di questo… Miguel possiede la pianta del San Pedro, per cui avevamo pensato di farla vedere ad
un architetto e sentire cosa ne pensa, oltre a fare una bozza di preventivo spese, per capire di quanti soldi si tratterebbe.
Il problema è che "Chanchocorito" e‚ una "zona franca da controlli", una zona "a pagamento": i detenuti pagano salato i poliziotti per stare lì (è un luogo tranquillo e protetto… c'è anche il braccio destro dell‚ex presidente "mafiosissimo dittatore" Mesa…), e la policía non accetterà
mai di prosciugare questa fonte di guadagno… Ma il fatto che i genitori mi abbiano cercata e che mi abbiano lanciato una
proposta alternativa all'istituzionalizzazione dei bambini, mi ha fatto molto piacere. Non potevo essere io a proporre loro questa cosa. Non sarebbe
stato giusto. Il fatto che mi abbiano interpellata mi ha fatto anche molto piacere per la fiducia che mi hanno dimostrato. È difficile da spiegare, ma sentire la fiducia di queste persone è una cosa che mi gratifica tantissimo… e mi da energia per fare e per pensare… come la Nutella!

Un abbraccio a tuttissimi!
Cariño de los Andes: Barbaridad

Alessandro Ramberti ha detto...

Subject: Ultime da La Paz
Date: Thu, 08 Feb 2007 19:58:41

Eccomi qui… ancora a La Paz! Lo so, lo so che alcuni di voi gia‚ pensavano che fossi arrivata a Santa Cruz… e invece… la forza della Bolivia è più forte di ogni previsione e di ogni pianificazione! Come sempre, la natura e i suoi tragici disastri sono l'immancabile condimento e le "variabili
intervenienti" che condizionano questo paese e le persone che vi abitano.
Ieri sera, arrivata al Terminal Bus di La Paz (col mio zainone super-carico per affrontare i due mesi di lavoro a Santa Cruz), ho tristemente scoperto
che non solo il mio bus non partiva, ma che lungo il cammino tra Cochabamba
e Santa Cruz ci sono stati violenti smottamenti e frane che hanno distrutto
interi tratti di strada e fatto crollare alcuni ponti: le pioggie torrenziali hanno anche causato inondazioni violente. I fiumi dell'oriente si sono ingrossati e hanno straripato, devastando interi villaggi, causando la morte di diverse persone: i bus partiti il giorno prima da La Paz sono rimasti impantanati e alcuni sono stati "presi", portati via dai fiumi… in questo
momento sto guardando al telegiornale le scene della furia dell'acqua che ha sradicato un lungo tratto di strada asfaltata: le pioggie quest'anno sono
di un'abbondanza mai vista… conseguenza del famoso effetto serra? Mah!
Andiamo avanti, seguimos adelante hermanos!
Se da un lato mi è dispiaciuto un po' rimandare ancora la partenza per Santa Cruz, dall'altro, devo dire di aver interiorizzato abbastanza bene il
concetto assolutamente e squisitamente "boliviano" dell'impossibilita‚ di fare programmi, del completo affidamento al destino, alla "suerte", per qualsiasi cosa si debba fare, e soprattutto la "attitud" di accettazione (con un "Pazienza!" detto fra i denti…) di tutto quello che ti succede e per evitare il quale non puoi assolutamente fare nulla… mi manca ancora l'ultimo passaggio: quello di ringraziare la Pacha Mama (la Madre Terra) anche per i disguidi che mi succedono: forse un giorno ci arriverò! … però‚ intanto, visto che ho del tempo a disposizione, prima del mio aereo per Santa Cruz, ho deciso di sfruttarlo per scrivervi degli ultimi tempi passati a
La Paz: se fossi partita in bus non l'avrei potuto fare. Dunque: GRACIAS A
LA PACHA MAMA!
Sì, avete capito bene, ho comprato il biglietto aereo con la T.A.M.
(Transporte Aereo Militar, la stessa compagnia che avevo preso quella volta
da Cobija a La Paz…No COMMENT!!!): vediamo un po' se va tutto liscio
almeno via aria, INSHALLA!
Durante quest‚ultimo periodo ho lavorato veramente duro; innanzitutto mi sono
preoccupata di organizzare il gruppo dei volontari/educatori che si occuperanno di accompagnare i bambini dal carcere all'ambulatorio delle dentiste. Ho incontrato diverse volte le due dentiste, con le quali sono andata anche a comprare tutto il materiale necessario per svolgere le cure ai bambini (QUANTA ROBA!!!) e con le quali mi sono messa d'accordo
sull'onorario per il loro lavoro. C'è stato un momento di attrito tra me e una delle due dentiste: due giorni prima dell'inizio dei trattamenti ai bambini, questa mi fa sapere (e neanche direttamente ma tramite la sua collega!) che non le sta bene la cifra che avevamo pattuito… e io avevo già
appeso in carcere il cronogramma con l'elenco dei bambini, le giornate di
cura, ecc. e avevo già fatto una riunione con i papa‚ dei bambini per
spiegare l'andamento del progetto, l'importanza della puntualita… mi è
venuta una sclero incredibile, che non vi sto a raccontare... corredata da
un pomeriggio di pianti sulla spalla del povero Miguel, che mi ha sopportata anche in questa occasione: GRANDE IL POTERE DELL‚AMICIZIA!!! Ma porca puttana! Ma dico io! Perché la gente non è chiara? Se questa benedetta dottoressa me lo diceva una settimana prima che non le stava bene quanto deciso, avremmo avuto tutto il tempo per discutere di questo
aspetto, e invece no! Ti fanno "Sì! Sì," i sorrisini davanti e poi… GRRRRRRRRR!!!!! Comunque, dopo essermi sfogata, mi sono rimboccata le maniche e "ho affrontato il mostro": ennesima riunione con le dottoresse 24 ore prima dell'inizio dei lavori e finalmente accordo generale e pieno su tutti gli aspetti del progetto, ALMENO SPERO!!!
Intanto, ho anche preso accordi con un gruppo di muratori per sistemare il
tetto del Centro Educativo dentro al carcere: anche lì una bella sclero!
Appuntamenti presi e mai rispettati, i lavori di ristrutturazione sono
partiti ieri, 7 febbraio 2007, quando io avevo fatto fare al Gobernador i
permessi di ingresso al carcere a partire dal 25 gennaio… GRRRRRRRRRRRR!!!!
ok "pazienza". "Oh Grande Spirito! Concedimi la serenità di accettare le
cose che non posso cambiare" … Insomma però: le inondazioni sono una cosa,
le cattive e pigre abitudini un'altra!! Perciò: " Oh Grande spirito!
CONCEDIMI IL CORAGGIO DI CAMBIARE LE COSE CHE POSSO CAMBIARE!!!" . Quando ho nasato che il capo-muratore aveva intenzione di trastullarsi e tirare per le
lunghe i lavori, ho alzato un po' la voce e gli ho detto che DOVEVA finire
il lavoro entro questo sabato, data in cui sarebbe scaduto il permesso di
ingresso al carcere: oggi ho chiamato in carcere e sembra che i muratori
stiano lavorando tutti di buona lena. Non è che voglio "sfruttare" i muratori, è che se non fai un po' la voce grossa qui non ti caga nessuno!
Tantomeno una donna e per di più gringa…
In questo periodo sono andata in carcere quasi tutti i giorni e il gruppo di
detenuti con i quali passo più tempo si è allargato, sempre più persone
mi si avvicinano, e questo mi fa tanto piacere: che belle le conversazioni
che facciamo! E che bello il clima di confidenza che si è creato!
Condividere pensieri, idee, storie di vita con queste persone è una preziosa opportunità di crescita, è un vero e proprio "dono" di questa vita per me, e l'altro giorno Gonzalo, uno dei più affezionati alla "Barbaridad" mi ha salutato dicendomi "Que bueno el tiempo que paso contigo,
Barbara" "Es de verdad un buen tiempo. Es importante por nosotros hablar, compartir nuestros pensamientos con alguien que no nos juzga, y que nos escucha sin prejuicio. Mas: con su cariño y el calor de su corazón". Quando sono uscita dal carcere avevo un turbinio di pensieri che si accavallavano dentro la testa, e nel cuore la sensazione di grande, forte
gratitudine, gratitudine ai detenuti, e alla loro fiducia, gratitudine ai miei amici, gratitudine ai miei familiari, gratitudine alla vita, che mi ha veramente dato tanto, come dice la canzone…
Un giorno a pranzo ho preparato il ragù per i chicos della sezione "San Martin":glielo avevo promesso, come regalo di saluto prima della mia partenza per Santa Cruz! Grazie agli insegnamenti di Carlos, finalmente ho imparato a non farmi prendere dalla sclero per ogni stupido problema di scomodità, ma ad "arrangiarmi" e adattare le mie doti cuciniere alla situazione disagiata (anche le vecchie come me, possono imparare ad essere un po' più pazienti!) ed il risultato è stato ottimo! I ragazzi dapprima erano muti, non si sentiva volare una mosca. Mangiavano come lupi! Poi non
finivano più di fare complimenti e anche Marco, un volontario trentino, ha
confermato che il mio ragù "tuonava"! E arriva anche il solito commento di
rito "la Barbara e‚ da sposare!" "Dobbiamo farla sposare con un boliviano,
così rimane qui!" Ma la cosa piu‚ bella è stata la discussione sul "Porqué la Barbarita no encuentra novio!" NOOOO!!!ANCORA????!!!
BASTAAAAAAAAA!!! Devo dire però, che la cosa mi ha intenerito, perché
tutti i ragazzi erano sinceramente "preoccupati" per me e ognuno diceva la
sua: c'era chi diceva che io non mi guardo intorno, chi diceva che sono io che rifiuto le proposte (ah! ah! ah!), chi ipotizzava una vecchia storia che mi avesse fatto soffrire troppo e la mia decisione di "chiudere" con gli uomini, chi sosteneva che sono sempre troppo occupata a pensare agli altri e a lavorare che è come se avessi il paraocchi e non mi accorgo di coloro che mi fanno avances; insomma, secondo loro non è possibile che la Barbarita sia sola! Mi hanno fatto una grande tenerezza… Alla fine Marcelo mi dice che appena esce di lì, mi porterà a bere qualcosa in un locale e mi farà
incontrare qualcuno: ma vi rendete conto??? Un ex detenuto che mi cerca
marito!!! Ha veramente del surreale…Lasciamo perdere che è meglio!
È da quando sono arrivata a La Paz che cerco disperatamente notizie di un
chico: chi di voi ha letto il mio libro, avrà in mente il capitolo di
"Esteban" ("Un chico di nome Esteban"):ecco, proprio lui stavo cercando da
due mesi, col pensiero fisso di trovarlo! L'altra sera ho conosciuto due volontari che lavorano in un centro per alcolisti, allora ho chiesto anche a loro se per caso avessero notizie di un certo "Sergio" (così si chiama Esteban nella realtà) e loro mi hanno detto che mi avrebbero fatto sapere…
Il giorno dopo mi squilla il cellulare: "Hola Barbara! Soy Sergio!"
Non vi posso descrivere quello che ho provato: un tuffo al cuore, un grido di gioia e una serie di salti in mezzo alla strada (MA CHISSENEFREGA!!!). Finiti i
miei giri burocratici, mi sono fiondata alla comunità dove alloggia Sergio.
lo vedo e il cuore mi batte forte: sorrido… "Sergio!" Si è girato e la sua faccia si è illuminata, una corsa e un abbraccio senza fine, ci guardavamo e ridevamo, piangevamo, ci scambiavamo due parole e poi di nuovo ad abbracciarci, poi Sergio mi dice "Un momentito! Horita vuelvo!" e corre via: mi metto a fare due chiacchiere con un altro chico e poi dopo due minuti
ecco tornare Sergio con una rosa rossa bellísima… "Esta es para ti!" Un po' tra l'imbarazzo e la commozione, non mi dice più niente e mi riabbraccia forte e mi dà un bacio, ma io so che è una rosa rossa per la sua "mamma Barbara" che dopo tanto tempo è tornata, una rosa forse rubata, forse no, per me, la rosa più bella che abbia mai ricevuto in tutta la mia vita! Non finivamo piu‚ di parlare, di ridere, di scambiarci emozioni, di raccontarci i quasi quattro anni trascorsi… che incontro bello ed intenso, gli occhi negli occhi per tutto il tempo, le mani nelle mani quando i racconti diventavano intensi o particolarmente tristi, o duri: Sergio sta bene ora. Ha riattraversato un brutto momento: cattive compagnie, di nuovo le vecchie compagnie della strada, della criminalità, delle droghe… adesso ha deciso per l'ennesima volta di ritentare il percorso di disintossicazione: da sei
mesi è‚ in questa comunita‚ lo trovo bene. È bello come sempre e adesso che è cresciuto è ancor più affascinate, è un uomo, più maturo anche se ancora tanto fragile. Col solito sguardo intelligente, furbo ma triste, profondo e, fortunatamente, ancora tanto curioso della vita: "Gracias Barbara… No me olvido de cuanto y cuantas veces me ayudaste. Tal vez si vos no estuviera a mi lado, yo podría ser muerto ahora… fuiste siempre a mi lado cuando yo estaba mal, fuiste muy importante en mi vida, te quiero mucho
Barbara!" Abbiamo pianto ancora insieme, come quella mattina di quasi quattro anni fa‚ al dormitorio, guardandoci negli occhi: questa volta in silenzio, ricordando…
Ci salutiamo e ci diamo appuntamento al mio rientro da Santa Cruz, a fine
marzo, per una cena tranquilla, insieme a Padre Filippo: sento che Sergio ha
bisogno di punti di riferimento certi, di persone brillanti, con le quali
scambiare opinioni, idee… forse Padre Filippo potrebbe essere una buona
"guida" per lui.
Nonostante la nostalgia per il San Pedro e per gli amici paceños, parto per
Santa Cruz con un sentimento di amore e tenerezza che mi fanno sentire in
pace col mondo, e questo grazie a Sergio!
Vi abbraccio forte forte, tutti tutti!
A presto! Oriente: ARRIVOOOOOOOO!
Un bacione grande dalla vostra Barbaridad