Andrea Tuccini, Le case chiuse, peQuod 2025, prefazione di Daniela Marcheschi, collana Portosepolto, volume a cura di Luca Pizzolitto
recensione di AR
Ho scelto come titolo di questa recensione un verso della poesia a p. 60 che si apre con questi: “Sembravano più grandi le case popolari / ai nostri occhi di formica”; e si chiude con in seguenti: “Cosa importa se arrivando / ci perdiamo, se a trovarci / sono state le partenze.”
A p. 66 la poesia Gennaio inizia così: “Le stelle hanno curve strette”. Da Piombino (p. 70) estraggo questo lacerto: “dove il mare, da ogni lato, / è fuori posto, / tra i condomini e le ciminiere”. Chiude la raccolta Esce il coro (p. 74), intensissima: “Se avessi avuto te, / … / non resterei in ascolto / sopra un tetto inchiodato dalla luna. / Ma da oggi darò un taglio / ai pensieri che ricamano pensieri, / come il ragno in attesa della mosca / dona un senso alla sua tela.”
Amo questo modo di poetare che aggancia stati d’animo, mancanze (“Chissà se ci riconosceremo / dopo ferie separate / sul Golgota dell’esitenza”, Cloe, p. 46), gioie, turbamenti, trasporti… a inquadrature del mondo spiazzanti, sghembe, perfettamente consonanti al sentire del poeta, ricche di metafore e immagini precise, direi scientifche o filosofiche, eppure ricche di vibrazioni che afferiscono all’impalbabilità dei sentimenti, alle inafferrabili ragioni del cuore che sono grovigli quantistici sfuggenti e capaci di riverberare a distanza, al mistero dell’oltrevita, al desiderio del cielo, e non manca una certa ironia: “non c’è niente a sostenere il falco: / vorrei essere la preda tra gli artigli / sicura nella sua ascension.” (Pizzorne, p. 42); “Grazie a Dio siamo mortali; / pensa / se quest’eco fosse infinita, / ci sarebbe da impazzire” (Isole Diomedee, p. 41); “hai la pazienza dell’eucarestia / e aspetti che tutto risorga” (Lamiere, p. 35).
Ancora qualche citazione sparsa: “Il silenzio / ha l’odore delle case in cui il tempo si rifugia / per figliare giorni / che non verranno celebrati sui calendari” (Le case chiuse, p. 34); “Gli occhi in un piatto d’argento, / di una santa sull’altare, / scavalcano prospettive di suffragio” (Terrestre, p. 52); “Trova qualcuno / che ti ami / come io desidero fuggire / da questa stanza / in cui l’aria non si muove / neppure a calci.” (Febbre, p. 51); “Anche le lumache / oggi fanno festa: / … / e come Lazzari sfrattati dal sepolcro / si ritrovano tra l’erba, / seguendo sentieri di bava.” (Lumache, p. 44); “Ma perché tanta paura, / se nel piccolo si nasconde tutto, / se dietro allo sbadiglio / una prova di resurrezione.” (Notte di Natale, p. 26).
Andrea Tuccini si (e ci) emoziona in “primavera, / con i papaveri che sbocciano / come petardi” (Gli scafi, p. 28) o davanti a un Panorama notturno (p. 31): “Riponi le tue reti che stanotte non si esce, / anche se in questo panorama / entrerebbe il mare, e gli alberi sono impazienti / di sparare le loro foglie in cielo.”
Tuccini ci ricorda che “il riposo dei campi / è come il nostro respiro. / È come se anch’io fluissi / dentro una ferita antica, / mai sanata, / con la voglia di esondare” (Trappole per volpi, p. 25) e ci dona parole di sapienza: “Fai del dolore una pelle di serpente / da non tenre / mentre vola via.“ (Al solstizio, p. 18).
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