domenica 6 ottobre 2024

«Sono la schiuma spumeggiante mentre evapora.»

Raed Anis Al-Jishi, Genesi della memoria. L’impatto della Primavera araba, Poesie, Edizioni il Cuscino di Stelle 2021, traduzione dal francese a cura di Claudia Piccinno, versione in francese a cura di Abdelmajid Youcef, Prefazione di Emanuele Aloisi

recensione di AR


Il verso messo a titolo di questa recensione chiude la poesia Rassegnazione davanti alla maestosità delle onde da cui cito anche i seguenti versi sparsi: «La schiuma mi unisce nella passione. / Quando siamo uno, divento il fiorire dello spazio. / (…) / Seduco la melodia della poesia sulle rive, / sputo il caffè nella pentola del desiderio. / (…) / Diffuso e vasto, non mi sono opposto / alla traversata del mio cuore / (…) / perché nella maestosità della poesia, / lo spargimento di sangue è castità, / la preghiera è sangue.» (pp. 65-66). Consideriamo anche questo passaggio tratto da Un’altra bambola (p. 61): «Un po’ di polvere si arrampicò sulle gambe della sedia / nel corpo dell’inverno intorno alla curva della strada. // Si evolve come un singhiozzo di fico che avalla la sua / nudità, abbraccia la vita della splendida luce lunare.»

Come si può vedere già da questi pochi esempi, lo stile di Raed è immaginifico. Pullula di metafore, di simboli. Il carnale rimanda allo spirituale e viceversa. Non è quindi facile “navigare” questo libro se non si hanno riferimenti culturali al modo arabo di fare poesia e alle kenningar di cui è costellata quella letteratura, specie in poesia e ancor di più nella poesia Sufi. Tuttavia alcune immagini sono talmente forti da attirare la nostra attenzione e abbastanza permeabili alla nostra interpretazione, specie se possiamo agganciarci a paralleli biblici o figure archetipiche presenti in ogni cultura. Del resto Raed si chiede e ci chiede: «Ma che cosa sarebbe la vita senza questo immaginario?» (p. 60).

Essendo il falco presente anche nella mia Simmetria imperfetta, sono stato subito preso dalla poesia Atto finale (pp. 54-56) che fa anche rifermento a un simbolo simbolo cristiano come la croce. Cito ancora sporadicamente: «Sul teatro del tempo, crocifisso sulla croce della mia lingua / scruto i rapaci che si tuffano nel mio canto, / (…) / Cosa potrebbe nascondermi il significato, quando le battute del suo ritmo / sono insiste nello spirito della rima? / (…) / Questo cuore, l’ho portato con la schiena curva unito / alla mia croce e ai miei canti. / (…) / Due rapaci volano su di me: la mia comprensione e la mia fede.»

In Unico nel suo cammino (pp. 48-50) troviamo una sorta di confessione in versi: «Non so nemmeno come librarmi lontano / dal rumore della lingua. / (…) / Tre chiavi / alloggiano nel mio cuore. / Tre chiavi che ho rubato dalle vecchio serrature dell’inferno. / La quarta l’ho dimenticata nel ventricolo sinistro. / nel vento / nessuna destinazione. / (…) / le braci del racconto incrostate di poesia, bei suoni da attraversare… / Non distrarmi mai dal percorso che ho scelto / anche se lo conosco solo parzialmente. / Non importa.»

In Maria del Nilo (pp. 45-47) abbiamo una sorta di inno mariano: «La tua nicchia è la casa dell’universo. / (…) / Se l’unica degna di questo. / Sei l’unica degna di portare un feto / che non proviene dai lombi di prostrati / maschi. / Era. È! Lui è. / È dove tutto il resto è niente.»

In Detriti al ritmo dell’anima (pp. 41-42, anche in questo caso la poesia si sviluppa per più di una pagina) leggiamo: «La mia poesia da cui nasce / l’emorragia dell’universo / mi ha scelto come suo prediletto; / si sviluppa per esplosione / nel succo della scala musicale.»

In Duello d’amore e morte (p. 40): «Posso amare / posso morire come lei vuole.»

Il segreto del testimone oculare (p. 39), che fa riferimento alla storia del profeta Giona, invidioso della conversione dei niniviti a cui era stato inviato, suo malgrado, appunto perché si ravvedessero, si apre con questo meraviglioso distico: «Nei tuoi occhi un piccolo grande segreto, / l’universo appassirebbe se essi svanissero.»

Da Nader del mio cuore (pp. 24-26) estraggo questi splendidi fotogrammi: «il tuo alfabeto era il silenzio / e il sorriso. // Nelle tue pupille / un mucchio di culture / avvolte nell’invocazione / come una rivelazione. / (…) / Quindi quando ci siamo incontrati / hai occupato tutto lo spazio / e hai lasciato il mio cuore vagare.»

L’intera raccolta è ricca di suggestioni stimolanti e misteriose. Non a caso si apre con questo esergo: Se la caduta fosse stata ascensione, / come avrei orientato il mio sguardo? 

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