Luca Ariano, in questo libro teso e compatto, non vuole limitarsi soltanto ad aprire la sua poesia alla “memoria dei senza nome”. Egli infatti si propone – nel nome di un inesausto slancio etico che ne contraddistingue da sempre anche la luminosa attività critica - di restituire al lettore una compiuta e credibile esperienza degli individui anonimi di oggi, nella certezza che è proprio la conquista dell’anonimato, vale a dire la trascrizione ritmata e fedele delle parole provocate dallo sguardo rasoterra dei personaggi-massa, a poter raccontare e trasmettere squarci lampeggianti, quando non vere e proprie epifanie, di verità. (dalla Prefazione di Alberto Bertoni)
Conosci bene
il cielo cinerino di
Lombardia
che annuncia nevicate;
gli ultimi fiocchi con
lui,
negli occhi mescolati
di sgomento e stupore
epoche mai vissute.
Non giocherai a palle di
neve
con quel bambino ma forse
con lei
mentre farete foto come
in montagna
prima che torni il
deserto cittadino.
Ti spaventa il vento
che porta fumi di rifiuti
bruciati,
piazze arse come
rivoluzioni
fuori limite massimo…
l’illusione di cambiare
il corso
della Storia: cosa
rimasto di monasteri?
Ruderi di eremi dove
nessuno
pregherà nei chiostri,
coltiverà orti
o bonificherà paludi.
Tu attendi sempre la
scusa
per scambiare baci in
borghetti
protetti dalla discesa
della sera.
***
Per mesi attendevi
dicembre,
una festa al ritorno:
il profumo di cucina per
casa
e la voglia di perderti
nelle nebbie.
Dove sono quelle foschie?
Rimarranno solo ceneri
e odori dispersi…
terre che nessuno
coltiverà,
acque che nessuno berrà.
Fabbriche consegnate alla
storia
da stampanti
tridimensionali.
Dove operai nelle piazze?
Forse guerre tra androidi
e nessuno scaverà
cercando resti
di accampamenti, truppe
di Annibale,
zanne e trofei di guerra.
Domani ti regalerà la sua
festa,
non avrai lettere da
leggere,
da scrivere per San
Giuseppe
ma frasi su messanger
prima che una timida
nebbia
ti riporti alla tua
stagione.
***
Vent'anni
fa un ritorno in treno
e
tuo padre nella vecchia stazione
ad
attenderti come di ritorno dalla guerra;
la
tua battaglia coi libri di carta
mentre
tutto mutava...
Per
voi Natale il 23 tra antichi arredi,
specchi,
utensili e carta da parati
come
foste in un altro secolo.
Brucia
la candela e forse già viveste
un'altra
epoca... altre vite,
ma
vi perdete in stradine
di
ultime compere forzate, regali da scartare
e
l'amore pomeridiano fino ad assopirsi
nel
calore di pelli ebbre,
di
infinite carezze come all'inizio di una festa.
Quale
treno prenderà?
L'opposta
tua direzione, tu una nuova tradizione
di
saluti in Via Martin Luther King
mentre
fuori un vento di lupo confonde la
stagione
ma
forse è solo tuo padre che bussa
prima
di sedersi alla vostra tavola.
La memoria dei senza nome è il terzo atto di una trilogia iniziata con Ero altrove (2015) e proseguita con Contratto a termine (2018). In che modo si è articolato il percorso? E questo ultimo atto è da ritenersi la conclusione definitiva del progetto? È da ritenersi come una sconfitta degli ideali precedenti o piuttosto come una nuova pagina da scrivere?
Ho
iniziato questo percorso nel 2005 subito dopo Bitume d'intorno che si é
protratto oltre un decennio. A dire il vero non è stato progettato, né pensato,
né costruito, ovvero è nato quasi per caso, con il desiderio di narrare in
versi le vite di alcune persone (poi divenuti personaggi tra realtà e finzione)
intrecciandole alle vicende della mia epoca, della mia generazione, ma anche
agli eventi storici del passato; infatti secondo me non si può parlare e
scrivere del presente senza conoscere la Storia perché spesso alcuni
avvenimenti sono legati, hanno concause e sèguiti. Il progetto ad oggi è
definitivo, non tanto perché avverta una sconfitta o non abbia più nulla da
dire dei personaggi, ma come tutte le storie devono avere un inizio e una fine.
Anche i grandi romanzi ed epopee hanno avuto una conclusione, penso all'Ulisse
di Joyce o alla Recherche di Proust, così come i romanzi in versi La
camera da letto di Bertolucci o La ragazza Carla di Pagliarani.
Sentivo l'esigenza di esprimere quello che volevo dire, sempre in versi, in
altre forme, con altre voci ed in maniera un po' diversa, slegata dai miei
personaggi. Un decennio di scrittura/vita/storia/poetica non è poco. (dall'Intervista di Luigi Cannillo)
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